L’esito del processo non è
scontato, nonostante la sentenza del 24 settembre 2019 della Corte Costituzionale
abbia depenalizzato il suicidio medicalmente assistito in Italia.
Davide Trentini infatti, a differenza di Dj Fabo, non era collegato
a trattamenti di sostegno vitale.
La storica sentenza della
Corte ha
infatti limitato i casi in cui l’aiuto al suicidio non costituisce
più reato all’ipotesi in cui si sia in presenza di
“una persona
tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una
patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche
che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere
decisioni libere e consapevoli”.
Se tre di queste condizioni
ricorrono nel caso di Davide Trentini (patologia irreversibile,
fonte di sofferenze intollerabili e capacità di intendere e
volere), quella che manca è la quarta condizione prevista: Davide soffriva, ma
non era dipendente da macchinari. Trentini era
affetto da una sclerosi
multipla che trasformava progressivamente la sua
vita in un calvario. In Italia avrebbe avuto diritto al suicidio
medicalmente assistito, ma solo attendendo l’evolversi della sua malattia
fino al punto di vedersi costretto ad essere intubato. Solo a quel
punto, con un nonsense giuridico e politico, i medici lo avrebbero
potuto aiutare a liberarsi delle sue sofferenze.
Fu così che Davide decise di
metter fine a quelle sofferenze optando per il
trasferimento in Svizzera. Contattò l’Associazione
Luca Coscioni e con l’aiuto
di Mina Welby partì per attraversare il confine,
grazie anche all’aiuto
economico fornito da Marco Cappato.
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