LA STORIA DELLA
SETTIMANA : IRAN: NESSUNO TOCCHI CAINO, IMPICCAGIONE DEL MANIFESTANTE MOSTAFA
SALEHI È UNA VERGOGNA PER IL MONDO COSIDDETTO DEMOCRATICO 2. NEWS FLASH: IRAN: DETENUTO POLITICO MOSTAFA
SALEHI IMPICCATO NELLA PRIGIONE DI ISFAHAN 3.
NEWS FLASH: USA: CORTE D’APPELLO ANNULLA CONDANNA A MORTE FEDERALE DI
DZHOKHAR TSARNAEV 4. NEWS FLASH: CINA:
QUARTO CANADESE CONDANNATO A MORTE PER DROGA 5.
NEWS FLASH: FILIPPINE: POSSIBILI SANZIONI INTERNAZIONALI IN CASO DI
REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE 6. I
SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
IRAN: NESSUNO TOCCHI CAINO, IMPICCAGIONE DEL MANIFESTANTE
MOSTAFA SALEHI È UNA VERGOGNA PER IL MONDO COSIDDETTO DEMOCRATICO Nessuno
tocchi Caino considera di estrema gravità l’esecuzione per impiccagione di
Mostafa Salehi, uno dei detenuti per le manifestazioni anti regime avvenute tra
dicembre 2017 e gennaio 2018, avvenuta ieri nel carcere di Dastgerd a Isfahan.
L’associazione chiede alle Nazioni Unite di condannare
l’accaduto e di condurre una visita nelle carceri iraniane. Salehi, 30 anni,
era stato arrestato nel Kahrizsang, a Isfahan, e condannato a morte per aver
guidato le rivolte del Kahrizsang a Najafabad.
“La sua impiccagione ieri è un atto di intimidazione nei
confronti di chiunque voglia manifestare il proprio dissenso nei confronti del
regime. Un regime sempre più aggressivo verso l’esterno e verso l’interno che
proprio per questo necessita di un contenimento che può venire dalle Nazioni
Unite attraverso una indagine di ciò che avviene nei penitenziari iraniani. La
Comunità internazionale non può rimanere indifferente di fronte a fatti come
l’esecuzione di Salehi, così come deve far emergere la verità sul massacro di
30.000 oppositori politici compiuto nel 1988. Quella della soppressione fisica
dei dissidenti è una storia che si ripete, che dura da tempo e che deve farci vergognare,
noi Paesi cosiddetti democratici e accondiscendenti nei confronti del regime
dei Mullah, per non averla ancora voluta affrontare.”
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
IRAN: DETENUTO POLITICO MOSTAFA SALEHI IMPICCATO NELLA
PRIGIONE DI ISFAHAN Il detenuto politico Mostafa Salehi è stato impiccato
all’alba del 5 agosto 2020 nella prigione di Isfahan. Salehi era uno dei
manifestanti arrestati durante le proteste del 2017-18 nella città di
Kahrizsang, nella provincia di Isfahan. La notizia è stata data da Mizan e
ISNA, due agenzie di stampa governative.
Era stato accusato di aver ucciso un membro delle Guardie
Rivoluzionarie, Sajad Shahsanayi, usando un fucile da caccia.
"Mostafa (o Mustafa) Salehi è stato giustiziato
questa mattina su richiesta della famiglia della vittima", hanno scritto
le agenzie.
Salehi aveva sempre negato le accuse. Un suo parente ha
raccontato che l’uomo, un operaio edile di 30 anni, “era stato processato un
anno dopo l’arresto, ed era stato assolto. Dopo forti pressioni
dell'intelligence dell'IRGC, il caso è stato riaperto e Salehi è stato
condannato a morte".
“Era innocente, era stato costretto a confessare davanti
alla telecamera, ma in tribunale si era dichiarato innocente, contro di lui non
c’erano prove, solo le pressioni dell’Intelligence", ha aggiunto la fonte.
I disordini della fine del 2017 e dell'inizio del 2018 sono iniziati come
manifestazioni contro le difficoltà economiche che si sono diffuse in tutto il
Paese, innescando disordini repressi dalle forze dell’ordine arrestando
migliaia di persone, e uccidendone 21.
La signora Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio
Nazionale della Resistenza Iraniana (NCRI), ha condannato fermamente
l'impiccagione di Salehi e ha dichiarato: Riluttante, costretto ad astenersi
dal giustiziare altri otto manifestanti detenuti, a seguito delle milioni di
adesioni alla campagna social per fermare le mesecuzioni, il fascismo religioso
al potere ha praticato questa esecuzione per rappresaglia e per terrorizzare la
gente e contrastare l’accendersi di qualsiasi rivolta.
La signora Rajavi ha esortato le Nazioni Unite e i suoi
Stati membri, nonché le organizzazioni e le istituzioni internazionali a
condannare immediatamente questa esecuzione criminale. Ha sottolineato che più
di ogni altra volta, è indispensabile inviare una missione internazionale di
accertamento dei fatti, per visitare le carceri iraniane e incontrare i
prigionieri.
USA: CORTE D’APPELLO ANNULLA CONDANNA A MORTE FEDERALE DI
DZHOKHAR TSARNAEV La Corte d’Appello del 1° Circuito il 31 luglio 2020 ha
annullato la condanna a morte federale di Dzhokhar Tsarnaev.
Tsarnaev, oggi 27 anni, bianco, originario della Cecenia,
era stato condannato a morte 6 volte il 24 giugno 2015 con l’accusa, da lui
ammessa, di aver partecipato alla strage alla Maratona di Boston del 15 aprile
2013 che causò tre morti e 260 feriti.
“Mente” dell’attentato era stato il fratello maggiore di
Dzhokhar, Tamerlan Tsarnaev, 26 anni, ucciso in un conflitto a fuoco con la
polizia quattro giorni dopo l’attentato, il 19 aprile 2013.
La difesa di Tsarnaev sei mesi fa aveva sostenuto davanti
alla Corte d’Appello federale che il clamore mediatico sul caso aveva
compromesso l’imparzialità della giuria popolare. Oggi la Corte d’Appello,
composta da tre giudici, ha dato ragione alla difesa, ed ha annullato la
condanna a morte, disponendo che venga ripetuta quella parte del processo in
cui, una volta stabilita la colpevolezza, si deve decidere l’entità della pena.
Uno dei tre giudici, Ojetta Rogeriee Thompson, nel
motivare la sentenza ha scritto che il giudice del processo "non è
riuscito" a condurre la procedura di selezione della giuria e a vagliare i
giurati per possibili parzialità a seguito della pubblicità preliminare al
processo. Gli avvocati di Tsarnaev avevano sostenuto che l'intensa copertura
mediatica ha reso impossibile per lui un processo equo a Boston. Hanno anche
citato post sui social media di due giurati che avevano espresso forti opinioni
sul caso prima che il processo fosse avviato nel 2015.
Gli avvocati di Tsarnaev hanno affermato che uno dei
giurati, che sarebbe poi diventato il portavoce della giuria, aveva pubblicato
dozzine di tweet subito dopo l'attentato, definendo Tsarnaev un "pezzo di
immondizia".
Tsarnaev è detenuto in una prigione federale di massima
sicurezza in Colorado, denominata ADX Florence.
CINA: QUARTO CANADESE CONDANNATO A MORTE PER DROGA La
Cina ha condannato a morte un quarto cittadino canadese per accuse di droga in
meno di due anni, a seguito della crisi tra i due Paesi per l'arresto in Canada
di una dirigente del gigante tecnologico cinese Huawei.
Ye Jianhui è stato condannato a morte il 7 agosto 2020
dal Tribunale Intermedio Municipale di Foshan, nella provincia meridionale del
Guangdong. Ye è stato giudicato colpevole di produzione e trasporto di droghe
illegali, ha detto il Tribunale in una breve dichiarazione.
Anche un altro imputato nel caso è stato condannato a
morte, mentre altri quattro sono stati condannati a pene comprese tra sette
anni e l'ergastolo.
Le condanne a morte in Cina vengono automaticamente sottoposte
alla più alta corte del Paese per la revisione.
Il Tribunale non ha fornito dettagli sulle accuse contro
Ye e gli altri. Tuttavia, il sito web del giornale Yangcheng Evening News, con
sede nella vicina metropoli di Guangzhou, ha reso noto che Ye e il co-imputato
Lu Hanchang avevano cospirato con altri per produrre e trasportare droghe tra
maggio 2015 e gennaio 2016.
La polizia avrebbe sequestrato circa 218 kg di cristalli
bianchi infusi con il MDMA (Ecstasy) in una stanza usata dai due, trovando altri
9,84 g di sostanza in sacchetti, all’interno di residenze usate da Lu e gli
altri, ha detto il giornale.
I rapporti tra Canada e Cina si sono deteriorati a
seguito dell'arresto da parte del Canada alla fine del 2018 di Meng Wanzhou,
dirigente dell'azienda e figlia del fondatore di Huawei, all'aeroporto di
Vancouver su richiesta degli Stati Uniti, che vogliono la sua estradizione
poiché accusata di frode nei rapporti della società con l'Iran.
Il suo arresto ha fatto infuriare Pechino, che parla di
mossa politica volta a frenare l'ascesa della Cina come potenza tecnologica
globale.
La condanna di Ye è arrivata il giorno dopo che il
connazionale canadese Xu Weihong è stato condannato a morte dal Tribunale
Intermedio Municipale di Guangzhou, sempre nella provincia di Guandong. Il
canadese Robert Schellenberg è stato condannato a morte per traffico di droga
in un nuovo improvviso processo, poco dopo l'arresto di Meng, infine un
cittadino canadese identificato come Fan Wei è stato condannato a morte nell'aprile
2019 per il ruolo svolto in un caso di traffico internazionale di droga.
FILIPPINE: POSSIBILI SANZIONI INTERNAZIONALI IN CASO DI
REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE Una rappresentante della Commissione per i
Diritti Umani (CHR) filippina ha avvertito il governo di Manila di possibili
sanzioni da parte della comunità internazionale in caso di ripristino della
pena capitale nel Paese.
Reintrodurre la pena di morte costituirebbe una
violazione del diritto internazionale poiché le Filippine sono firmatarie di un
trattato internazionale che prevede l'abolizione della pena capitale, ha detto
la commissaria del CHR Karen Gomez-Dumpit nel corso della trasmissione
"The Chiefs" su One News/TV 5, il 29 luglio 2020.
Dumpit ha dichiarato che non vi è alcuna possibilità di
escludere condizioni del Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale
sui Diritti Civili e Politici, ratificato dalle Filippine nel 2007.
Il Trattato riconosce che l'abolizione della pena di morte
contribuisce al rafforzamento della dignità umana e al progressivo sviluppo dei
diritti umani. I suoi firmatari assumono l’impegno che nessuna persona venga
giustiziata sotto la sua giurisdizione.
"Ovviamente possiamo sempre contestarlo, ma dovremmo
prepararci alle conseguenze perché sarebbe in gioco la credibilità di uno stato
che stipula accordi", ha affermato Dumpit.
"Tutto dipende dagli impegni. Si tratta di essere
credibili come Stato parte in grado di rispettare e non sottrarsi a tali
impegni", ha aggiunto.
Dumpit ha avvertito che le Filippine potrebbero subire
conseguenze, come la rimozione dall'elenco dei Paesi che beneficiano di tariffe
più basse nell'Unione Europea.
Anche restringendo il campo di applicazione della pena di
morte a determinati reati di droga si violerebbe il diritto internazionale e il
diritto umano fondamentale alla vita, ha aggiunto.
Ha sostenuto che il ripristino della pena di morte non
sarebbe un deterrente per la criminalità, ricordando che gli studi dimostrano
l'inefficacia della pena capitale nel contenere i crimini.
“La severità della punizione non sarà mai un deterrente.
In realtà ci vuole un rigoroso lavoro di polizia, di intelligence e una
corretta applicazione delle leggi ", ha detto Dumpit.
"È una falsa promessa affermare che la pena di morte
sarebbe un deterrente per la criminalità, specialmente per i crimini più
atroci. Questa è semplicemente una falsa promessa", ha aggiunto.