sabato 24 dicembre 2016

           nessuno  tocchi  Caino           
    no  alla  pena  di  morte        


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : PENA DI MORTE: LE NAZIONI UNITE CONFERMANO LA RICHIESTA DI UNA MORATORIA UNIVERSALE DELLE ESECUZIONI CAPITALI 2.  NEWS FLASH: NAZIONI UNITE: ASSEMBLEA GENERALE DENUNCIA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN IRAN 3.  NEWS FLASH: USA: NEL 2016 CONDANNE A MORTE ED ESECUZIONI ANCORA DIMINUITE 4.  NEWS FLASH: ILLINOIS (USA): INDENNIZZO PER INGIUSTA DETENZIONE NEL BRACCIO DELLA MORTE 5.  NEWS FLASH: EMIRATI ARABI UNITI: CONDANNATO A MORTE LIBERATO DOPO 14 ANNI DI CARCERE 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


PENA DI MORTE: LE NAZIONI UNITE CONFERMANO LA RICHIESTA DI UNA MORATORIA UNIVERSALE DELLE ESECUZIONI CAPITALI
19 dicembre 2016: l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha confermato la richiesta di porre fine alla pena di morte con il voto di una nuova Risoluzione che invita gli Stati a stabilire una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell’abolizione della pratica. Questo è il sesto testo pro-moratoria a essere adottato dal 2007.

La nuova Risoluzione è stata adottata con 117 voti a favore (come nel 2014), 40 no (due in più rispetto ai 38 del 2014), mentre gli astenuti sono stati 31 (3 in meno rispetto al 2014) e 5 assenti al momento del voto (uno in più rispetto al 2014).
Nonostante il testo contenga un emendamento, votato in terza commissione a novembre su proposta di Singapore, che fa riferimento alle prerogative degli Stati di decidere quale tipo di pena comminare di fronte ai reati più gravi, sono decisamente più rilevanti i passi positivi registrati nel rafforzamento del testo.
Quanto ai nuovi voti a favore, provenienti per la maggior parte dal Continente africano e da Paesi che prima si astenevano, si segnalano quelli di Guinea, Malawi, Namibia, Swaziland, così come quello delle Isole Solomone e dello Sri Lanka. E’ passato ad un voto a favore anche Nauru, che nel 2014 era assente.
Lo Zimbabwe è passato da un voto contrario all’astensione.
Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino ha dichiarato: “Voglio ricordare che i voti a favore per la prima volta dello Swaziland e del Malawi sono stati il frutto di una missione di Nessuno tocchi Caino, grazie al sostegno del Ministero degli Esteri italiano, volta proprio ad ottenere un voto favorevole all'Assemblea Generale, mentre nel 2014 lo Zimbabwe era stato un paese target di una nostra missione.”
Hanno rafforzato invece il fronte dei no il Burundi ed il Sud Sudan prima a favore e le Maldive precedentemente astenute. Sono passati da un voto a favore all’astensione le Filippine, le Seychelles, la Guinea Equatoriale ed il Niger mentre il Lesotho assente nel 2014, si è astenuto quest’anno. Tra gli assenti si segnalano la Repubblica Democratica del Congo ed il Senegal, astenuti nel 2014 ed il Rwanda, precedentemente a favore.
La Risoluzione di quest’anno è stata rafforzata nella parte in cui chiede agli Stati di “rendere disponibili le informazioni rilevanti circa l’uso della pena di morte” (tra l’altro, disaggregando per sesso, età e razza i dati sulla pratica della pena di morte oltre a fornire anche il numero di detenuti nel braccio della morte e le informazioni sulle esecuzioni fissate).
L’Assemblea Generale per la prima volta ha riconosciuto il ruolo che svolgono gli organismi nazionali sui diritti umani a sostegno di dibattiti locali, nazionali e regionali sulla pena di morte, così come per la prima volta ha evidenziato la necessità che chi rischia la pena di morte sia trattato con umanità e rispetto della sua dignità secondo quanto sancisce il diritto internazionale in materia di diritti umani.
“La conferma dei voti a favore di una moratoria universale delle esecuzioni capitali è importantissima in un momento in cui, di fronte all’emergenza terrorismo, si rischia di abdicare ai principi dello Stato di Diritto invece di rafforzarli.
Il voto dell’Assemblea Generale ci indica che occorre continuare a lavorare per innalzare la soglia di tutela della dignità umana nel rispetto dei trattati internazionali – ha dichiarato Sergio d’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino.
D’Elia ha concluso affermando che: “Il nuovo voto al Palazzo di Vetro, il sesto in nove anni dell’Assemblea Generale ONU, dimostra che la via del dialogo, liberale e antiproibizionista della moratoria – e non dell’abolizione tout court della pena di morte – che sin dal 1993 Nessuno Tocchi Caino e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito hanno scelto di percorrere e proporre in tutte le sedi internazionali, ha dimostrato di essere la via maestra per superare ostacoli apparente insuperabili e aprire porte altrimenti inaccessibili”.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

NAZIONI UNITE: ASSEMBLEA GENERALE DENUNCIA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN IRAN
19 dicembre 2016: la comunità internazionale ha denunciato con fermezza una lunga serie di violazioni dei diritti umani in Iran.
Con 85 voti favorevoli, 35 contrari e 63 astensioni, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che esprime «profonda preoccupazione» per l’alto numero di esecuzioni senza garanzie giuridiche, per l’uso continuo di torture, detenzioni arbitrarie diffuse, forti limitazioni alla libertà di riunione, di espressione e di credo religioso e per la continua discriminazione contro le donne e le minoranze etniche e religiose, tra cui i baha’i, in Iran.
«Il voto di oggi evidenzia chiaramente che il mondo rimane profondamente preoccupato per il modo in cui l’Iran tratta i propri cittadini e pone alcuni interrogativi sulla reale volontà dell'Iran di adempiere ai propri obblighi come membro della comunità internazionale», ha detto Bani Dugal, il principale rappresentante della Baha'i International Community presso le Nazioni Unite.
«Purtroppo, l'elenco delle violazioni dei diritti umani in atto in Iran è lungo», ha continuato la signora Dugal. «Nonostante le smentite dei funzionari iraniani, è difficile vedere qualche segno di progresso. Questo è particolarmente vero per i baha’i iraniani, i quali devono affrontare, tra le altre forme di oppressione, la politica di “apartheid economico” adottata dal loro governo, che cerca continuamente di escluderli dal mondo del lavoro, dall’istruzione e di privarli della libertà di praticare la loro religione secondo i dettami della loro coscienza.
«All'inizio di novembre, ad esempio, 124 negozi e imprese baha’i sono stati chiusi dal governo dopo che i proprietari avevano sospeso le attività per due giorni per osservare un’importante festività baha’i.
«Inoltre, si continua a impedire ai baha’i di frequentare liberamente l'Università e li si sottopone a ogni sorta di altre restrizioni. Essi continuano a subire anche arresti arbitrari, detenzioni e reclusioni per aver svolto legittime attività religiose», ha detto la signora Dugal.
La signora ha notato che circa 86 baha’i sono attualmente in prigione e che, dal 2005, oltre 900 baha’i sono stati arrestati e sono stati documentati almeno 1100 episodi di esclusione economica.
«Sotto l'amministrazione del presidente Hassan Rouhani la situazione non è migliorata», ha aggiunto. Dall’agosto 2013 quando egli ha assunto l'incarico, sono state arrestati almeno 185 baha’i e ci sono stati almeno 540 episodi di discriminazione economica.
Tra le altre cose, la risoluzione di oggi chiede all'Iran di eliminare «tutte le forme di discriminazione, comprese le restrizioni economiche» contro le minoranze religiose in Iran. Inoltre, chiede il rilascio di «tutti i praticanti religiosi, compresi i sette dirigenti baha’i, imprigionati per la loro appartenenza o per aver svolto attività per conto di un gruppo religioso di minoranza riconosciuta o non riconosciuta».
La risoluzione è stata presentata dal Canada e co-sponsorizzata da 41 altre nazioni. È la 29a risoluzione di questo tipo che dal 1985 esprime preoccupazione dell'Assemblea generale per le violazioni dei diritti umani in Iran.


USA: NEL 2016 CONDANNE A MORTE ED ESECUZIONI ANCORA DIMINUITE
21 dicembre 2016: il Death Penalty Information Center ha pubblicato il suo tradizionale “Rapporto di fine anno”, evidenziando che sia le condanne a morte (30) che le esecuzioni (20) hanno raggiunto i limiti più bassi da molto tempo.
Le condanne a morte non sono mai state così poche da quando, nel 1972, con la famosa sentenza Furman v. Georgia, la Corte Suprema aveva dichiarato incostituzionali tutte le leggi capitali in vigore negli Usa.
Le condanne a morte sono state emesse in 13 dei 31 stati che hanno la pena capitale in vigore. 30 condanne a morte sono una diminuzione del 39% rispetto alle 40 emesse nel 2015, un numero che già allora era il numero più basso da 40 anni.
(Nel rapporto di fine anno del 2015 erano state indicate 49 condanne a morte, cifra evidentemente ricalcolata ora in 40. La discrepanza tra le due cifre probabilmente deriva dal fatto che vengono prese in considerazione le “nuove” condanne, ed escluse dal conto quelle che derivano da ripetizioni di processi, ossia quelle condanne emesse, poi annullate, e poi di nuovo emesse).
Le esecuzioni non sono mai state così poche dal 1991. È ulteriormente accentuata la tendenza degli ultimi anni per cui sia le condanne a morte che le esecuzioni sono concentrate in poche zone degli Stati Uniti. L’80% delle esecuzioni sono avvenute solo in due stati: Georgia e Texas, e oltre metà delle condanne a morte sono state emesse in 3 stati: California, Ohio, e Texas.
Il 60% delle persone giustiziate nel 2016 presentavano significativi sintomi di malattia mentale, disabilità mentale o basse capacità intellettive. Come sempre, il maggior numero di condanne a morte è stato emesso in California (8), che però è anche lo stato più popoloso degli Usa.
Tre stati hanno emesso ognuno 4 condanne (Alabama, Ohio, Texas). La Florida ha emesso 2 condanne, e Arizona, Arkansas, Kansas, North Carolina, Nevada, Oklahoma, Oregon e Pennsylvania ne hanno emessa 1.
Divisi per razze, i nuovi condannati a morte sono 17 neri, 6 bianchi, 3 asiatici e 3 ispanici.
La 30a condanna alla data di oggi non è stata ancora formalizzata, ma è previsto che lo sia entro la fine dell’anno in California.
Le elezioni di novembre hanno segnalato una profonda divisione nel paese. In tre stati gli elettori hanno votato per mantenere in vigore la pena di morte, mentre in cinque delle contee con la più alta percentuale di condanne a morte gli elettori hanno sostituito procuratori molto favorevoli alla pena di morte con candidati “riformisti” che in campagna elettorale hanno promesso riforme ed un uso più moderato della pena di morte.
In Arizona, Delaware, Florida, e Oklahoma la pena di morte è in stallo a seguito di sentenze. Robert Dunham, direttore del Death Penalty Information Center ha così riassunto la situazione: “L’America è in una fase di cambiamento profondo sulla pena di morte. Alcune singole situazioni migliorano, altre compiono dei passi indietro, ma la tendenza di lungo termine e complessiva rimane chiara: la gente è sempre più a disagio con la pena di morte. I motivi sono vari: i rischi di condannare degli innocenti, gli alti costi, la discriminazione razziale, i metodi di esecuzione, il fatto che si possa ottenere lo stesso livello di sicurezza per la società ricorrendo all’ergastolo senza condizionale”.
Il Rapporto contiene anche una sezione sulle esecuzioni che quest’anno sono state effettuate su persone con chiari sintomi di grave malattia mentale, disabilità intellettuale, o gravi traumi.


ILLINOIS (USA): INDENNIZZO PER INGIUSTA DETENZIONE NEL BRACCIO DELLA MORTE
15 dicembre 2016: il giudice federale Matthew Kennelly ha riconosciuto a Nathson Fields 22 milioni di dollari di indennizzo per l’ingiusta detenzione nel braccio della morte.
Fields, 62 anni, nero, prosciolto formalmente l’8 aprile 2009, era stato condannato a morte nel 1986 con l’accusa di aver ucciso, nel 1984, in un contesto di scontri tra gang, Talman Hickman e Jerome "Fuddy" Smith.
Oggi il giudice Kennelly ha indicato la città di Chicago come responsabile di gravi violazioni da parte della polizia. Nel 2011 alcune centinaia di fascicoli di polizia furono ritrovati “nascosti” in un sotterraneo. In uno di questi fascicoli erano indicate piste alternative a quella di Fields.
Il giudice ha anche multato di 40.000 dollari l'allora sergente David O'Callaghan e l’allora tenente Joseph Murphy.


EMIRATI ARABI UNITI: CONDANNATO A MORTE LIBERATO DOPO 14 ANNI DI CARCERE
19 dicembre 2016: dopo aver trascorso in prigione 14 anni in attesa dell’esecuzione, un cittadino degli Emirati è stato di recente liberato, avendo una Corte commutato la sua condanna a morte per omicidio in cinque anni di carcere. La Corte di Cassazione di RAK ha ridotto la pena dopo aver considerato che l’imputato era minorenne quando commise il crimine. L’uomo è stato rilasciato dopo aver quindi trascorso in carcere nove anni in più rispetto alla nuova condanna.
Secondo i documenti del tribunale, il caso risale al settembre 2002, quando l'imputato, identificato come A.A., avrebbe accoltellato a morte uno dei suoi compagni durante una rissa.
L'assassino fu arrestato dalla polizia di RAK e la procura lo accusò di omicidio premeditato. Dopo l'interrogatorio fu deferito al tribunale penale di RAK.
Il tribunale, nel dicembre 2002, non credette alla tesi della legittima difesa e condannò l’imputato a morte.
L'omicida ha impugnato la sentenza davanti alla Corte d’appello di RAK, sostenendo che la vittima fosse un suo amico e negando la premeditazione.
L'avvocato della difesa ha basato l’arringa sul fatto che il suo cliente fosse minorenne quando ha commesso il reato e che non si trattasse di un omicidio premeditato, ma solo di una lite conclusasi in un omicidio non intenzionale.
Tuttavia la corte respinse l’appello confermando la condanna a morte, ordinando però la sospensione della pena fino a quando gli eredi della vittima non fossero maggiorenni per decidere di perdonare l'imputato o per richiederne la morte.
Quattordici anni dopo, avendo i figli dell’ucciso raggiunto l'età adeguata, l'imputato si è rivolto alla Corte di Cassazione, che ha rinviato la causa alla Corte d’Appello per un riesame.

La Corte d'Appello ha accettato questa volta la richiesta dell’avvocato e ha commutato la condanna a morte in pena detentiva di cinque anni.

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