no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : ALABAMA (USA): RONALD BERT SMITH GIUSTIZIATO 2. NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: 15 CONDANNATI A
MORTE PER SPIONAGGIO PRO-IRAN 3. NEWS
FLASH: NIGERIA: GOVERNATORE DI ENUGU LIBERA DUE PRIGIONIERI E COMMUTA CINQUE
CONDANNE CAPITALI 4. NEWS FLASH: INDIA:
NIPOTE DEL MAHATMA GANDHI INVOCA ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE 5. NEWS FLASH: BANGLADESH: CORTE SUPREMA
CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE PER ATTACCO CONTRO DIPLOMATICO BRITANNICO 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : MODENA: NTC
PRESENTA IL DOCUFILM ‘SPES CONTRA SPEM’
ALABAMA (USA): RONALD BERT SMITH GIUSTIZIATO
8 dicembre 2016: Ronald Bert Smith, 45 anni, bianco, è
stato giustiziato.
L’esecuzione è durata molto più del previsto, 34 minuti,
e secondo i giornalisti presenti, che in passato avevano presenziato a diverse
altre esecuzioni, ha presentato alcuni aspetti “mai visti prima”.
Smith è stato dichiarato morto da un medico dopo 34
minuti dall’immissione in vena della prima dose di sedativo.
Per 13 minuti Smith ha avuto conati e colpi di tosse. Un
capitano degli agenti penitenziari gli ha somministrato due volte quello che
nel protocollo di esecuzione viene definito “verifica dello stato di coscienza”
e che consiste nel chiamare il nome del detenuto, toccargli le sopracciglia e
pizzicare sotto il braccio sinistro. Dopo il primo test Smith ha continuato a
muoversi e tossire, dopo il secondo Smith sembra aver mosso il braccio e la
mano destra.
In alcuni momenti dell’esecuzione, sempre secondo i
giornalisti presenti, gli occhi di Smith sono sembrati leggermente aperti.
Paradossalmente Smith negli ultimi mesi aveva fatto tutta una serie di ricorsi
proprio contro il metodo di esecuzione, che secondo lui e i suoi avvocati non
dava garanzie di un livello di sedazione sufficiente.
L’esecuzione è avvenuta con alcune ore di ritardo
rispetto all’orario previsto per attendere l’esito dell’ultimo ricorso alla
Corte Suprema degli Stati Uniti, che però ha votato 4-4. La Corte meno di un
mese fa, il 4 novembre, aveva invece concesso un rinvio dopo un ricorso simile,
quello di Thomas Arthur. Anche in quel caso il voto fu 4-4, ma il presidente
della Corte esercitò il suo diritto di far valere doppio il suo voto, cosa che
non ha fatto nel caso di Smith.
Smith contestava anche il fatto che nel 1995 la giuria
popolare aveva votato 7-5 a favore di una condanna all’ergastolo senza
condizionale, voto ribaltato il 6 ottobre 1995 dal giudice che decise invece
per una condanna morte.
Recentemente (gennaio 2016) la Corte Suprema degli Stati
Uniti, con la sentenza Hurst v. Florida, ha dichiarato incostituzionale la
legge della Florida che dava al giudice il potere di disattendere il voto della
giuria popolare. L’Alabama non ritiene che l’incostituzionalità della legge
della Florida possa essere applicata automaticamente anche alla propria, ed ha
respinto i ricorsi di Smith in questo senso. Anche in questo secondo tipo di
ricorso la Corte Suprema degli Stati Uniti è entrata in stallo votando 4-4, con
il Presidente che però non ha esercitato il suo diritto di far valere doppio il
proprio voto.
Smith era accusato, ed aveva confessato, di aver ucciso
l’8 novembre 1994, il commesso di un negozio, Casey Wilson, durante un
tentativo di rapina.
Smith diventa il 2° giustiziato di quest’anno in Alabama,
il 58° da quando l’Alabama ha ripreso le esecuzioni nel 1983, il 20° dell’anno
negli Usa, e il n° 1442 da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni nel 1977.
Quella di Smith è l’ultima esecuzione del 2016 negli Usa. L’anno scorso le
esecuzioni furono 28.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
ARABIA SAUDITA: 15 CONDANNATI A MORTE PER SPIONAGGIO
PRO-IRAN
6 dicembre 2016: un tribunale nella capitale saudita Riad
ha condannato a morte 15 imputati riconosciuti colpevoli di spionaggio
pro-Iran.
La cellula di spionaggio sarebbe legata ai servizi
segreti iraniani e composta da 30 cittadini sauditi, un iraniano e un afghano.
Due membri sono stati assolti, mentre i restanti sono
stati condannati a pene detentive comprese tra sei mesi e 25 anni, ha riportato
il sito di notizie saudita Sabq.
Il pubblico ministero aveva chiesto la pena di morte per
25 imputati e lunghe pene detentive per i restanti sette.
Nel mese di giugno l'Arabia Saudita aveva reso noto di
aver arrestato 32 spie legate all’Iran, mettendole sotto processo.
Le accuse da parte del pubblico ministero includevano la
formazione di una cellula di spionaggio in contatto con elementi
dell’intelligence iraniana per fornire informazioni segrete e sensibili
relative alle forze militari, mettendo in pericolo la sicurezza nazionale,
l'unità territoriale e l'integrità dell’Arabia Saudita e le sue forze armate.
I sospetti sono stati anche accusati di aver incontrato
il leader supremo iraniano Ali Khamenei, coordinandosi con agenti di
intelligence iraniana.
Altre imputazioni includevano tentativi di compiere atti
di sabotaggio contro gli interessi economici e le installazioni vitali in
Arabia Saudita, per minare la pace sociale e l'ordine pubblico, diffondere il
caos, incitare il conflitto settario, e compiere atti ostili contro il Regno.
Gli imputati sono stati accusati anche di alto tradimento
del loro Paese e del Re, e di aver tentato di reclutare personale interno alle
agenzie statali per compiere atti di spionaggio per il servizio di intelligence
iraniana.
Secondo l'accusa, la maggior parte dei sospetti hanno
viaggiato in Iran e in Libano dove sono stati addestrati nelle tecniche di
spionaggio, compreso l’uso di messaggi in codice.
Alcuni dei sospetti avrebbero violato computer per
ottenere informazioni sensibili relative alla sicurezza interna ed esterna e
all'economia nazionale dell'Arabia Saudita.
Altre accuse riguardavano il sostegno a rivolte e
manifestazioni a Qatif, nella parte orientale dell'Arabia Saudita, possesso di
armi, falsificazione di documenti e ricezione di tangenti.
NIGERIA: GOVERNATORE DI ENUGU LIBERA DUE PRIGIONIERI E
COMMUTA CINQUE CONDANNE CAPITALI
2 dicembre 2016: il Governatore Ifeanyi Ugwuanyi dello
stato nigeriano di Enugu ha concesso la grazia incondizionata a due detenuti
della prigione di Enugu.
Il Governatore ha inoltre commutato le condanne a morte
di altri cinque detenuti in ergastolo.
E’ la prima volta che un governatore di Enugu esercita
questi poteri costituzionali da quando, nel 1999, la Nigeria è tornata alla
democrazia.
Parlando presso il quartier generale delle prigioni della
Nigeria, il governatore Ugwuanyi ha assicurato che le prerogative saranno
esercitate regolarmente.
Il Procuratore generale dello Stato e Commissario per la
Giustizia, Mileto Eze, ha detto che il governatore Ugwuanyi ha realizzato in un
anno ciò che i suoi predecessori non hanno mai fatto.
"Il Governatore di Enugu ha esercitato il proprio
dovere costituzionale concedendo l'amnistia ad alcuni detenuti delle carceri di
Enugu.
"Come avete sentito dal Controllore Generale delle
prigioni di Enugu, dal 1999 questo potere non è stato esercitato ad Enugu, ma
grazie alla natura del governatore che abbiamo, ha deciso di applicare questo
potere.
"A due persone è stata concessa la grazia
incondizionata, inoltre cinque persone hanno avuto le loro condanne a morte
commutate in ergastolo", ha dichiarato.
Alla domanda se il potere d'ora in poi sarà esercitato
regolarmente, Eze, che è anche il presidente del Consiglio Consultivo per la
Prerogativa della Grazia dello Stato di Enugu, ha osservato che, "si
tratta di un potere discrezionale del Governatore.
"Se anche lo si consigliasse ogni giorno, ha la
facoltà di decidere se esercitarlo o no, ma vi posso assicurare che con il tipo
di carattere che ha, sarà fatto di tanto in tanto."
In precedenza, il Controllore delle prigioni di Enugu,
Ifeanyi Isaia Amalili, che ha ricevuto una lettera del Governatore dal
Procuratore Generale, ha descritto la circostanza come storica.
Sottolineando che Ugwuanyi ha fatto una cosa nobile, ha aggiunto
che "questo rappresenta un grande sollievo per i detenuti.
"Estendiamo la nostra gratitudine al Governatore
perché dal 1999 è la prima volta che assistiamo a tutto questo. Governatori di
altri Stati sono venuti qui per liberare alcuni detenuti, ma Enugu non lo aveva
mai fatto. Si tratta di una tappa importante.
"Mi appello affinché questo sforzo sia più regolare.
Credo che il viaggio sia iniziato, entro gennaio del prossimo anno, prego che
altri ottengano questo beneficio".
Nel frattempo, Amalili ha riferito che le Prigioni di
Enugu hanno una capacità di 648 detenuti mentre attualmente ospitano 1939
detenuti, con un sovraffollamento di più del 300%.
INDIA: NIPOTE DEL MAHATMA GANDHI INVOCA ABOLIZIONE DELLA
PENA DI MORTE 1° dicembre 2016: il nipote del Mahatma Gandhi, Gopalkrishna
Gandhi, ha detto che la pena di morte deve essere rimossa dalle leggi del
Paese.
“Il mondo si sta muovendo verso l’abolizione della pena
di morte ... ma i Paesi mantenitori sono quelli più grandi come popolazione.
Così, la maggior parte del mondo è ancora sotto la pena di morte”, ha detto
l’ex Governatore del Bengala in un’intervista alla IANS in vista dell’uscita
ufficiale del suo libro, “Abolishing the Death Penalty: Why India Should Say No
to Capital Punishment” (Aleph).
“È curioso che i Paesi che hanno mantenuto la pena di
morte siano quelli che hanno una certa mentalità punitiva come Stati Uniti,
Cina, Arabia Saudita, Iran, Corea del Nord e Pakistan. Quindi siamo in
compagnia di Cina, Arabia Saudita, Iran, Corea del Nord e Pakistan. Cosa ci
costringe a farlo? Perché la stiamo mantenendo?”
“Alcuni sostengono che la ragione è il terrorismo. La
pena di morte non scoraggia l’omicidio. Ha terrorizzato il terrorismo? Non possiamo
dirlo, perché il terrorismo continua. La cosa bizzarra del terrorismo è che i
terroristi sono già pronti a morire nello stesso atto di terrorismo. Sono in un
fitoor (mania), nel quale il maut (la morte) è considerato uno shahadat (un
martirio). La pena di morte può dissuaderli?” si chiede Gandhi, che è stato
Ministro del Presidente K.R. Narayanan e Ambasciatore in Sudafrica e Sri Lanka.
Il libro di Gandhi pone domande fondamentali sulla pena
ultimativa massima inflitta a coloro che sono accusati di gravi crimini.
“Pongo l’attenzione non solo sulla pena di morte, ma
sulla mentalità punitiva in generale, incluso il sistema di indagine penale in
cui la violenza è un fatto noto. Molti di quelli sotto processo possono essere
innocenti o meno, ma la maggior parte di loro è soggetta alla violenza. Quindi
il mio libro è sulla propensione indiana a punire.”
“L’evoluzione umana va verso l’abolizione della pena di
morte, ma gli Stati che hanno rinunciato alla pena di morte sono anche quelli
che hanno in qualche modo riformato i loro sistemi di indagine penale. In India
ci sono state molte riforme – le nostre carceri oggi non sono quelle di 50 anni
fa, non certo quelle che erano nel medioevo, quando in carcere eri destinato a
essere picchiato a sangue se non alla morte – non siamo in epoca medievale,
viviamo in un mondo moderno e civilizzato”, ha aggiunto.
“Le nostre carceri sono ora chiamate case di correzione e
ci sono stati un sacco di miglioramenti nel nostro sistema di indagine penale.
Ma stiamo ancora mantenendo la pena di morte perché lo Stato non vuole perdere
il suo potere sulla vita. Lo Stato ritiene di essere una sorta di semidio, che
non è.”
“Anche se la società è a favore di una punizione severa e
sta chiudendo gli occhi di fronte alla tortura, vuol dire che lo Stato dovrebbe
farlo? Oppure, dovrebbe essere, lo Stato, un passo avanti rispetto alla
società? Lo Stato deve riflettere solo ciò che la società vuole o dovrebbe
guidarla? Io credo che lo stato dovrebbe essere una guida. La nostra
costituzione non è uno specchio, è un punto di riferimento che ispira tutti i
tipi di sviluppo, soprattutto lo sviluppo morale”, ha affermato Gopalkrishna
Gandhi.
“Oggi la maggioranza degli indiani, a mio parere, non è
contro la pena di morte. Ciò non significa che siamo una società assetata di
sangue, no, non lo siamo. Noi siamo una società che ama molto la pace.
“Non c’è stato molto dibattito sulla pena di morte a
livello pubblico, che è il motivo per cui credo che la gente debba discutere e
decidere sulla questione. Non accadrà molto velocemente, ma ci stiamo muovendo
verso l’abolizione,” spera Gandhi.
BANGLADESH: CORTE SUPREMA CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE
PER ATTACCO CONTRO DIPLOMATICO BRITANNICO
7 dicembre 2016: la più alta corte del Bangladesh ha
confermato le condanne a morte di un noto militante islamista e di due suoi
seguaci per un attacco nel 2004 contro l’ambasciatore britannico, che causò la
morte di tre persone.
La Corte Suprema ha respinto i ricorsi di Mufti Abdul
Hannan, capo della Harkatul Jihad Al Islami (HuJI) e di due membri del gruppo
militante fuorilegge.
I ricorsi sono stati "respinti", si è limitato
a dire il giudice presidente S.K. Sinha.
I tre potrebbero ora essere impiccati entro pochi mesi, a
meno che cerchino una revisione del verdetto della Corte. Ma le probabilità di
rovesciare una condanna a morte in una revisione del caso è estremamente rara
nella storia giudiziaria del Bangladesh.
"Pensiamo che cercheremo una revisione del verdetto.
Ma dipende dalla decisione dei tre", ha detto alla AFP l'avvocato
difensore d'ufficio, Mohammad Ali.
Il trio era stato originariamente condannato nel 2008 per
omicidio e complotto in relazione all’attacco con granate nel maggio 2004
contro l’alto commissario britannico Anwar Choudhury, che restò solo
leggermente ferito.
L'attacco avvenne poche settimane l’insediamento del
diplomatico di origine del Bangladesh, mentre era in visita ad uno storico
santuario sufista nella città nord-orientale di Sylhet.
L'esplosione causò la morte di tre fedeli e decine
feriti.
Hannan è inoltre sotto processo per l'attacco con granate
dell’agosto 2004 contro un raduno politico a Dhaka di Sheikh Hasina, attuale
primo ministro. Più di 20 persone furono uccise e Hasina restò ferito.
Hannan è stato ancora condannato a morte per un attentato
esplosivo al festival bengalese per il nuovo anno nel 2001, che causò 10 morti
e decine di feriti.
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