sabato 10 dicembre 2016

             nessuno  tocchi  Caino               
   no  alla  pena di  morte                 






1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ALABAMA (USA): RONALD BERT SMITH GIUSTIZIATO 2.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: 15 CONDANNATI A MORTE PER SPIONAGGIO PRO-IRAN 3.  NEWS FLASH: NIGERIA: GOVERNATORE DI ENUGU LIBERA DUE PRIGIONIERI E COMMUTA CINQUE CONDANNE CAPITALI 4.  NEWS FLASH: INDIA: NIPOTE DEL MAHATMA GANDHI INVOCA ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE 5.  NEWS FLASH: BANGLADESH: CORTE SUPREMA CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE PER ATTACCO CONTRO DIPLOMATICO BRITANNICO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : MODENA: NTC PRESENTA IL DOCUFILM ‘SPES CONTRA SPEM’


ALABAMA (USA): RONALD BERT SMITH GIUSTIZIATO
8 dicembre 2016: Ronald Bert Smith, 45 anni, bianco, è stato giustiziato.

L’esecuzione è durata molto più del previsto, 34 minuti, e secondo i giornalisti presenti, che in passato avevano presenziato a diverse altre esecuzioni, ha presentato alcuni aspetti “mai visti prima”.
Smith è stato dichiarato morto da un medico dopo 34 minuti dall’immissione in vena della prima dose di sedativo.
Per 13 minuti Smith ha avuto conati e colpi di tosse. Un capitano degli agenti penitenziari gli ha somministrato due volte quello che nel protocollo di esecuzione viene definito “verifica dello stato di coscienza” e che consiste nel chiamare il nome del detenuto, toccargli le sopracciglia e pizzicare sotto il braccio sinistro. Dopo il primo test Smith ha continuato a muoversi e tossire, dopo il secondo Smith sembra aver mosso il braccio e la mano destra.
In alcuni momenti dell’esecuzione, sempre secondo i giornalisti presenti, gli occhi di Smith sono sembrati leggermente aperti. Paradossalmente Smith negli ultimi mesi aveva fatto tutta una serie di ricorsi proprio contro il metodo di esecuzione, che secondo lui e i suoi avvocati non dava garanzie di un livello di sedazione sufficiente.
L’esecuzione è avvenuta con alcune ore di ritardo rispetto all’orario previsto per attendere l’esito dell’ultimo ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che però ha votato 4-4. La Corte meno di un mese fa, il 4 novembre, aveva invece concesso un rinvio dopo un ricorso simile, quello di Thomas Arthur. Anche in quel caso il voto fu 4-4, ma il presidente della Corte esercitò il suo diritto di far valere doppio il suo voto, cosa che non ha fatto nel caso di Smith.
Smith contestava anche il fatto che nel 1995 la giuria popolare aveva votato 7-5 a favore di una condanna all’ergastolo senza condizionale, voto ribaltato il 6 ottobre 1995 dal giudice che decise invece per una condanna morte.
Recentemente (gennaio 2016) la Corte Suprema degli Stati Uniti, con la sentenza Hurst v. Florida, ha dichiarato incostituzionale la legge della Florida che dava al giudice il potere di disattendere il voto della giuria popolare. L’Alabama non ritiene che l’incostituzionalità della legge della Florida possa essere applicata automaticamente anche alla propria, ed ha respinto i ricorsi di Smith in questo senso. Anche in questo secondo tipo di ricorso la Corte Suprema degli Stati Uniti è entrata in stallo votando 4-4, con il Presidente che però non ha esercitato il suo diritto di far valere doppio il proprio voto.
Smith era accusato, ed aveva confessato, di aver ucciso l’8 novembre 1994, il commesso di un negozio, Casey Wilson, durante un tentativo di rapina.
Smith diventa il 2° giustiziato di quest’anno in Alabama, il 58° da quando l’Alabama ha ripreso le esecuzioni nel 1983, il 20° dell’anno negli Usa, e il n° 1442 da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni nel 1977. Quella di Smith è l’ultima esecuzione del 2016 negli Usa. L’anno scorso le esecuzioni furono 28.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ARABIA SAUDITA: 15 CONDANNATI A MORTE PER SPIONAGGIO PRO-IRAN
6 dicembre 2016: un tribunale nella capitale saudita Riad ha condannato a morte 15 imputati riconosciuti colpevoli di spionaggio pro-Iran.
La cellula di spionaggio sarebbe legata ai servizi segreti iraniani e composta da 30 cittadini sauditi, un iraniano e un afghano.
Due membri sono stati assolti, mentre i restanti sono stati condannati a pene detentive comprese tra sei mesi e 25 anni, ha riportato il sito di notizie saudita Sabq.
Il pubblico ministero aveva chiesto la pena di morte per 25 imputati e lunghe pene detentive per i restanti sette.
Nel mese di giugno l'Arabia Saudita aveva reso noto di aver arrestato 32 spie legate all’Iran, mettendole sotto processo.
Le accuse da parte del pubblico ministero includevano la formazione di una cellula di spionaggio in contatto con elementi dell’intelligence iraniana per fornire informazioni segrete e sensibili relative alle forze militari, mettendo in pericolo la sicurezza nazionale, l'unità territoriale e l'integrità dell’Arabia Saudita e le sue forze armate.
I sospetti sono stati anche accusati di aver incontrato il leader supremo iraniano Ali Khamenei, coordinandosi con agenti di intelligence iraniana.
Altre imputazioni includevano tentativi di compiere atti di sabotaggio contro gli interessi economici e le installazioni vitali in Arabia Saudita, per minare la pace sociale e l'ordine pubblico, diffondere il caos, incitare il conflitto settario, e compiere atti ostili contro il Regno.
Gli imputati sono stati accusati anche di alto tradimento del loro Paese e del Re, e di aver tentato di reclutare personale interno alle agenzie statali per compiere atti di spionaggio per il servizio di intelligence iraniana.
Secondo l'accusa, la maggior parte dei sospetti hanno viaggiato in Iran e in Libano dove sono stati addestrati nelle tecniche di spionaggio, compreso l’uso di messaggi in codice.
Alcuni dei sospetti avrebbero violato computer per ottenere informazioni sensibili relative alla sicurezza interna ed esterna e all'economia nazionale dell'Arabia Saudita.
Altre accuse riguardavano il sostegno a rivolte e manifestazioni a Qatif, nella parte orientale dell'Arabia Saudita, possesso di armi, falsificazione di documenti e ricezione di tangenti.


NIGERIA: GOVERNATORE DI ENUGU LIBERA DUE PRIGIONIERI E COMMUTA CINQUE CONDANNE CAPITALI
2 dicembre 2016: il Governatore Ifeanyi Ugwuanyi dello stato nigeriano di Enugu ha concesso la grazia incondizionata a due detenuti della prigione di Enugu.
Il Governatore ha inoltre commutato le condanne a morte di altri cinque detenuti in ergastolo.
E’ la prima volta che un governatore di Enugu esercita questi poteri costituzionali da quando, nel 1999, la Nigeria è tornata alla democrazia.
Parlando presso il quartier generale delle prigioni della Nigeria, il governatore Ugwuanyi ha assicurato che le prerogative saranno esercitate regolarmente.
Il Procuratore generale dello Stato e Commissario per la Giustizia, Mileto Eze, ha detto che il governatore Ugwuanyi ha realizzato in un anno ciò che i suoi predecessori non hanno mai fatto.
"Il Governatore di Enugu ha esercitato il proprio dovere costituzionale concedendo l'amnistia ad alcuni detenuti delle carceri di Enugu.
"Come avete sentito dal Controllore Generale delle prigioni di Enugu, dal 1999 questo potere non è stato esercitato ad Enugu, ma grazie alla natura del governatore che abbiamo, ha deciso di applicare questo potere.
"A due persone è stata concessa la grazia incondizionata, inoltre cinque persone hanno avuto le loro condanne a morte commutate in ergastolo", ha dichiarato.
Alla domanda se il potere d'ora in poi sarà esercitato regolarmente, Eze, che è anche il presidente del Consiglio Consultivo per la Prerogativa della Grazia dello Stato di Enugu, ha osservato che, "si tratta di un potere discrezionale del Governatore.
"Se anche lo si consigliasse ogni giorno, ha la facoltà di decidere se esercitarlo o no, ma vi posso assicurare che con il tipo di carattere che ha, sarà fatto di tanto in tanto."
In precedenza, il Controllore delle prigioni di Enugu, Ifeanyi Isaia Amalili, che ha ricevuto una lettera del Governatore dal Procuratore Generale, ha descritto la circostanza come storica.
Sottolineando che Ugwuanyi ha fatto una cosa nobile, ha aggiunto che "questo rappresenta un grande sollievo per i detenuti.
"Estendiamo la nostra gratitudine al Governatore perché dal 1999 è la prima volta che assistiamo a tutto questo. Governatori di altri Stati sono venuti qui per liberare alcuni detenuti, ma Enugu non lo aveva mai fatto. Si tratta di una tappa importante.
"Mi appello affinché questo sforzo sia più regolare. Credo che il viaggio sia iniziato, entro gennaio del prossimo anno, prego che altri ottengano questo beneficio".
Nel frattempo, Amalili ha riferito che le Prigioni di Enugu hanno una capacità di 648 detenuti mentre attualmente ospitano 1939 detenuti, con un sovraffollamento di più del 300%.


INDIA: NIPOTE DEL MAHATMA GANDHI INVOCA ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE 1° dicembre 2016: il nipote del Mahatma Gandhi, Gopalkrishna Gandhi, ha detto che la pena di morte deve essere rimossa dalle leggi del Paese.
“Il mondo si sta muovendo verso l’abolizione della pena di morte ... ma i Paesi mantenitori sono quelli più grandi come popolazione. Così, la maggior parte del mondo è ancora sotto la pena di morte”, ha detto l’ex Governatore del Bengala in un’intervista alla IANS in vista dell’uscita ufficiale del suo libro, “Abolishing the Death Penalty: Why India Should Say No to Capital Punishment” (Aleph).
“È curioso che i Paesi che hanno mantenuto la pena di morte siano quelli che hanno una certa mentalità punitiva come Stati Uniti, Cina, Arabia Saudita, Iran, Corea del Nord e Pakistan. Quindi siamo in compagnia di Cina, Arabia Saudita, Iran, Corea del Nord e Pakistan. Cosa ci costringe a farlo? Perché la stiamo mantenendo?”
“Alcuni sostengono che la ragione è il terrorismo. La pena di morte non scoraggia l’omicidio. Ha terrorizzato il terrorismo? Non possiamo dirlo, perché il terrorismo continua. La cosa bizzarra del terrorismo è che i terroristi sono già pronti a morire nello stesso atto di terrorismo. Sono in un fitoor (mania), nel quale il maut (la morte) è considerato uno shahadat (un martirio). La pena di morte può dissuaderli?” si chiede Gandhi, che è stato Ministro del Presidente K.R. Narayanan e Ambasciatore in Sudafrica e Sri Lanka.
Il libro di Gandhi pone domande fondamentali sulla pena ultimativa massima inflitta a coloro che sono accusati di gravi crimini.
“Pongo l’attenzione non solo sulla pena di morte, ma sulla mentalità punitiva in generale, incluso il sistema di indagine penale in cui la violenza è un fatto noto. Molti di quelli sotto processo possono essere innocenti o meno, ma la maggior parte di loro è soggetta alla violenza. Quindi il mio libro è sulla propensione indiana a punire.”
“L’evoluzione umana va verso l’abolizione della pena di morte, ma gli Stati che hanno rinunciato alla pena di morte sono anche quelli che hanno in qualche modo riformato i loro sistemi di indagine penale. In India ci sono state molte riforme – le nostre carceri oggi non sono quelle di 50 anni fa, non certo quelle che erano nel medioevo, quando in carcere eri destinato a essere picchiato a sangue se non alla morte – non siamo in epoca medievale, viviamo in un mondo moderno e civilizzato”, ha aggiunto.
“Le nostre carceri sono ora chiamate case di correzione e ci sono stati un sacco di miglioramenti nel nostro sistema di indagine penale. Ma stiamo ancora mantenendo la pena di morte perché lo Stato non vuole perdere il suo potere sulla vita. Lo Stato ritiene di essere una sorta di semidio, che non è.”
“Anche se la società è a favore di una punizione severa e sta chiudendo gli occhi di fronte alla tortura, vuol dire che lo Stato dovrebbe farlo? Oppure, dovrebbe essere, lo Stato, un passo avanti rispetto alla società? Lo Stato deve riflettere solo ciò che la società vuole o dovrebbe guidarla? Io credo che lo stato dovrebbe essere una guida. La nostra costituzione non è uno specchio, è un punto di riferimento che ispira tutti i tipi di sviluppo, soprattutto lo sviluppo morale”, ha affermato Gopalkrishna Gandhi.
“Oggi la maggioranza degli indiani, a mio parere, non è contro la pena di morte. Ciò non significa che siamo una società assetata di sangue, no, non lo siamo. Noi siamo una società che ama molto la pace.
“Non c’è stato molto dibattito sulla pena di morte a livello pubblico, che è il motivo per cui credo che la gente debba discutere e decidere sulla questione. Non accadrà molto velocemente, ma ci stiamo muovendo verso l’abolizione,” spera Gandhi. 

BANGLADESH: CORTE SUPREMA CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE PER ATTACCO CONTRO DIPLOMATICO BRITANNICO
7 dicembre 2016: la più alta corte del Bangladesh ha confermato le condanne a morte di un noto militante islamista e di due suoi seguaci per un attacco nel 2004 contro l’ambasciatore britannico, che causò la morte di tre persone.
La Corte Suprema ha respinto i ricorsi di Mufti Abdul Hannan, capo della Harkatul Jihad Al Islami (HuJI) e di due membri del gruppo militante fuorilegge.
I ricorsi sono stati "respinti", si è limitato a dire il giudice presidente S.K. Sinha.
I tre potrebbero ora essere impiccati entro pochi mesi, a meno che cerchino una revisione del verdetto della Corte. Ma le probabilità di rovesciare una condanna a morte in una revisione del caso è estremamente rara nella storia giudiziaria del Bangladesh.
"Pensiamo che cercheremo una revisione del verdetto. Ma dipende dalla decisione dei tre", ha detto alla AFP l'avvocato difensore d'ufficio, Mohammad Ali.
Il trio era stato originariamente condannato nel 2008 per omicidio e complotto in relazione all’attacco con granate nel maggio 2004 contro l’alto commissario britannico Anwar Choudhury, che restò solo leggermente ferito.
L'attacco avvenne poche settimane l’insediamento del diplomatico di origine del Bangladesh, mentre era in visita ad uno storico santuario sufista nella città nord-orientale di Sylhet.
L'esplosione causò la morte di tre fedeli e decine feriti.
Hannan è inoltre sotto processo per l'attacco con granate dell’agosto 2004 contro un raduno politico a Dhaka di Sheikh Hasina, attuale primo ministro. Più di 20 persone furono uccise e Hasina restò ferito.

Hannan è stato ancora condannato a morte per un attentato esplosivo al festival bengalese per il nuovo anno nel 2001, che causò 10 morti e decine di feriti.

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