no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO PER LA SCARCERAZIONE DI NARGES
MOHAMMADI 2. NEWS FLASH: IRAN:
PRIGIONIERO IMPICCATO IN PUBBLICO IN UNO STADIO 3. NEWS FLASH: GIAPPONE: AVVOCATI PER LA PRIMA
VOLTA FAVOREVOLI AD ABOLIZIONE 4. NEWS
FLASH: INDIA: LA CORTE SUPREMA SI ALLONTANA DALLA PENA DI MORTE 5. NEWS FLASH: DELAWARE (USA): JERMAINE WRIGHT
SCARCERATO DEFINITIVAMENTE 6. I
SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : CARCERE DI OPERA: INCONTRO AL TERMINE DELLA
PRIMA VISIONE DEL DOCUFILM DI AMBROGIO CRESPI "SPES CONTRA SPEM - LIBERI
DENTRO"
APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO PER LA SCARCERAZIONE DI
NARGES MOHAMMADI Al Presidente della Repubblica iraniana Hassan Rouhani
Nessuno tocchi Caino si rivolge a Lei, Presidente Hassan
Rouhani, per chiederLe l’immediata liberazione dell’avvocato e difensore dei
diritti umani Narges Mohammadi, così come di tutte le persone detenute in Iran
per il loro impegno nella difesa ed esercizio dei diritti umani come
universalmente riconosciuti.
Nessuno tocchi Caino è l’associazione che ha promosso
insieme al Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, sempre
in dialogo con il Governo italiano, la campagna che ha portato l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite a proclamare una moratoria universale delle
esecuzioni capitali.
Siamo sconvolti dal fatto che una grande attivista dei
diritti umani impegnata nella lotta contro la pena di morte come Narges
Mohammadi sia stata condannata a scontare 10 anni di carcere per questo suo
impegno umano e civile. Sappiamo che era già stata detenuta per la sua attività
giuridica e per il suo attivismo a difesa dei diritti umani, e ci risulta che
sia stata condannata con l'accusa di pianificare crimini contro la sicurezza
dell’Iran, fare propaganda contro il governo e aver promosso un gruppo politico
illegale, che sarebbe l’associazione contro la pena di morte “Step by step
against the death penalty”.
Sappiamo che la Signora Narges Mohammadi, già
collaboratrice della Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, ha vinto il Premio
Alexander Langer 2009 per il suo impegno a tutela dei i diritti umani, in
particolare rivolto all’abolizione della pena di morte nei confronti dei
minorenni iraniani. Quest'anno, la città di Parigi le ha conferito
un’onorificenza per il suo attivismo pacifico.
Nel Suo Paese, in Iran, Nages Mohammadi, a seguito di un
precedente arresto del 2010 è stata sottoposta ad isolamento durante il quale
ha sviluppato una malattia che le provoca temporanei momenti di perdita di
controllo sulla muscolatura. La Mohammadi che era già stata condannata a sei
anni di carcere nel 2011, ha visto estendere la pena di altri 4 anni con
l’ultima sentenza del 19 maggio 2016. Era stata rilasciata su cauzione (200.000
dollari) nel 2013 per motivi di salute ma dopo l’incontro a Teheran, nel marzo
2014, con l’allora responsabile della politica estera europea Catherine Ashton
per discutere le questioni dei diritti umani in Iran, ha subito una crescente
pressione fino al nuovo arresto nel maggio 2015.
Sappiamo che nello scorso mese di giugno ha condotto un
lungo e duro sciopero della fame perché le fosse concesso il diritto di parlare
telefonicamente con i suoi due figli gemelli di nove anni che vivono a Parigi e
che aveva sentito l’ultima volta in una telefonata concessale nel maggio 2015.
Mohammadi è detenuta nel carcere di Evin dove, come
documentato in un recente rapporto di “International Campaign for Human Rights
in Iran” alle prigioniere politiche sono regolarmente negate cure mediche e
ricoveri ospedalieri, fortemente limitati i diritti di visita, con la mancanza
di regolari contatti telefonici con le famiglie e la nutrizione è scarsa ed
inadeguata.
La Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite chiede a stragrande maggioranza e da tempo, a tutti gli Stati che ancora
praticano la pena di morte, di stabilire una moratoria delle esecuzioni nella
prospettiva della sua abolizione, nella convinzione che contribuisca al
rispetto della dignità umana e al rafforzamento e al progressivo sviluppo dei
diritti umani.
Consideriamo inaccettabile che in Iran, già primatista
mondiale per numero di esecuzioni rispetto alla popolazione, si arrivi
addirittura a perseguitare in forme così violente chi si impegna per la difesa
dei condannati a morte. Riteniamo che quando si decide di avviare un dialogo
politico con un Paese come il nostro, l’Italia, fosse anche di tipo
prevalentemente economico e commerciale, la dimensione dei diritti umani non
possa e non debba mancare e per questo chiediamo a Lei, Presidente Rouhani, per
la responsabilità ed il potere che ricopre, di compiere ogni sforzo per la
liberazione di Nages Mohammadi e per garantire che in Iran non siano calpesti i
diritti umani e civili come riconosciuti nel diritto internazionale.
Per saperne di piu' :
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
IRAN: PRIGIONIERO IMPICCATO IN PUBBLICO IN UNO STADIO
22 settembre 2016: un prigioniero è stato impiccato in
pubblico nello stadio della città di Neyriz, nella provincia iraniana di Fars,
dopo essere stato riconosciuto colpevole di omicidio e stupro.
Secondo l’agenzia di stampa statale Mehr, che ha citato
l’ufficio stampa della magistratura di Fars, il prigioniero, identificato come
"Saeed T.", è stato impiccato la mattina in pubblico in uno stadio di
Neyriz.
Le foto relative a questa impiccagione pubblica
dimostrano che almeno un bambino era presente per assistere all'esecuzione.
Non è la prima volta che le autorità iraniane utilizzano
uno stadio sportivo per effettuare esecuzioni. Nel 2013, dopo aver appreso di
un'esecuzione pubblica effettuata in uno stadio nel nord-est dell'Iran, la FIFA
aveva avvertito i funzionari iraniani affinché non ripetessero l’atto.
"Chiediamo alla comunità internazionale e alle
organizzazioni sportive internazionali, tra cui la FIFA, di condannare
quest'ultimo atto barbarico. La Repubblica Islamica dell'Iran ed i territori
controllati dall’ISIS sono gli unici luoghi in cui siamo a conoscenza di impianti
sportivi utilizzati per le esecuzioni pubbliche," ha dichiarato Mahmood
Amiry-Moghaddam, portavoce di Iran Human Rights.
"Secondo la legge iraniana, tutte le punizioni
pubbliche devono essere approvate dai rappresentanti locali del governo,
attualmente guidato da Hassan Rouhani. Il Presidente Rouhani deve essere
ritenuto responsabile per le esecuzioni pubbliche nel Paese, che hanno lo scopo
di terrorizzare la società iraniana", ha aggiunto Amiry- Moghaddam.
Fonti ufficiali iraniane hanno reso noto che il
prigioniero era stato condannato a morte dalla Sezione 1 del tribunale penale
di Fars. Nel dettaglio, era stato condannato all’esecuzione pubblica per
stupro, condannato a morte per l’omicidio, condannato a 15 anni di carcere per
sequestro di persona, condannato a 10 anni di carcere e 74 frustate per rapina.
GIAPPONE: AVVOCATI PER LA PRIMA VOLTA FAVOREVOLI AD
ABOLIZIONE
21 settembre 2016: la Federazione giapponese delle
associazioni degli avvocati (JFBA) il mese prossimo proporrà per la prima volta
ai suoi membri di impegnarsi per l'abolizione della pena capitale, in modo che
anche i peggiori criminali possano essere riabilitati.
La proposta giunge nel momento in cui più di due terzi
delle nazioni hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica.
Essa riflette anche le preoccupazioni relative ad errori
giudiziari, dal momento che in Giappone quattro condannati a morte sono stati
esonerati negli anni 80 grazie alla ripetizione di processi e un altro detenuto
del braccio della morte è stato liberato nel 2014 dopo aver trascorso 48 anni
dietro le sbarre, dopo che un tribunale ha riaperto il suo caso. La decisione è
stata impugnata dalla procura.
"Se una persona innocente o un colpevole che non
merita di essere condannato a morte viene giustiziato si tratta di una
violazione irrevocabile dei diritti umani", ha dichiarato Yuji Ogawara, un
avvocato con base a Tokyo che è il segretario generale del panel della JFBA
sulla pena di morte.
La proposta sarà presentata alla riunione annuale della
Federazione sui diritti umani il 7 ottobre, nella città centrale giapponese di
Fukui, per l'adozione formale come dichiarazione della JFBA.
La federazione punta all'abolizione della pena di morte
entro il 2020, quando il Congresso Onu sulla prevenzione del crimine e la
giustizia penale si svolgerà in Giappone.
Nella sua dichiarazione del 2011, la federazione ha
esortato il governo ad avviare immediatamente il dibattito pubblico sulla pena
di morte, senza tuttavia chiedere chiaramente la sua abolizione.
Da allora, la federazione ha svolto più discussioni
approfondite sulla questione attraverso l'organizzazione di convegni, lo
scambio di opinioni con i legislatori, funzionari del ministero della
giustizia, giornalisti e diplomatici così come con religiosi.
Ha inoltre inviato delegazioni all'estero per
approfondire i sistemi penali di paesi come Gran Bretagna, Corea del Sud,
Spagna e Stati Uniti.
"Ci sono ancora degli avvocati che sostengono la
pena di morte, ma penso che abbiamo maturato un ambiente che ci permette di
perseguire la sua abolizione", ha detto Ogawara, che è stato coinvolto
nella stesura della proposta.
In alternativa alla pena di morte, la federazione propone
che l’ergastolo senza condizionale venga considerato come opzione.
Ma anche in caso di ergastolo senza condizionale, ci
dovrebbe essere la possibilità di rivedere in seguito la sentenza, poiché
sarebbe disumano escludere che questi detenuti possano essere rilasciati dopo
la riabilitazione, ha detto.
Chi commette crimini, in molti casi è una persona
socialmente svantaggiata che potrebbe essere riabilitata con approcci adeguati,
ha aggiunto Ogawara. "Il sistema penale dovrebbe contribuire a promuovere
il reinserimento sociale dei criminali, piuttosto che soddisfare il desiderio
di vendetta."
E' anche importante migliorare le misure di assistenza
alle vittime di crimini e alle loro famiglie in lutto, ha detto la JFBA nella
proposta, sottolineando la necessità di fornire loro sostegno costante “come
responsabilità primaria della società nel suo complesso."
INDIA: LA CORTE SUPREMA SI ALLONTANA DALLA PENA DI MORTE
19 settembre 2016: la Corte Suprema indiana si è
allontanata dalla pena di morte dopo aver commutato la condanna a morte di un
giovane responsabile dello stupro e omicidio di una bambina di sette anni con
la Categoria Speciale di Punizione.
La Corte nella sua innovazione giudiziaria ha comminato
al detenuto 25 anni di carcere ritenendoli una appropriata punizione intermedia
tra la pena di morte e l'ergastolo.
La Categoria Speciale di Punizione è l'innovazione
giudiziaria che divergerà dalla pena capitale. Sarà limitata a "pochissimi
casi". In questo caso la pena capitale sarà trasformata in carcere a vita
senza il beneficio di rilascio per periodi prolungati che vanno da 25 a 30
anni, se non di più.
E' stata formalizzata da una Sezione Costituzionale della
Corte Suprema nel caso dei killer di Rajiv Gandhi nel dicembre 2015. Aiuta a
“disfarsi della pena di morte "e risponde alle reali preoccupazioni della
società che sia fatta giustizia.
La Categoria Speciale di Punizione per la prima volta è
stata menzionata nel 2008 nella sentenza della Corte Suprema nel caso Swami
Shraddananda contro lo Stato del Karnataka. Più tardi, nel 2016, la Corte si è
attribuita l'autorità di modificare le leggi sulla condanna e sviluppare una
categoria speciale di sentenza nel giudizio relativo al caso Unione dell’India
contro Sriharan alias Murugan.
L'innovazione giudiziaria della categoria speciale di
punizione colma il divario tra la condanna a morte (pena di morte) da una parte
e soli 14 anni di effettivo ergastolo dall'altra. Essa può essere considerata
come sforzo della Corte Suprema affinché nessuna parte (condannato o società)
sia perdente. Così, si può dire che con l'innovazione giudiziaria della
categoria speciale, la Corte Suprema potrebbe aver trovato un'alternativa alla
pena capitale.
DELAWARE (USA): JERMAINE WRIGHT SCARCERATO
DEFINITIVAMENTE
12 settembre 2016: Jermaine Wright è stato di nuovo
scarcerato, questa volta definitivamente. Wright, 43 anni, nero, era stato condannato
a morte nel 1992 con l’accusa di aver ucciso, durante una rapina ad un negozio
di liquori il 14 gennaio 1991, il commesso Phillip Seifert, 66 anni.
Il verdetto di colpevolezza era stato annullato il 3
gennaio 2012 dal giudice John A. Parkins che aveva definito “molto deboli se
non inesistenti” le prove contro Wright.
Nessuna prova fisica, l’arma del delitto non è stata
ritrovata, nessuna impronta digitale o di scarpa, nessuna immagine di
videocamere di sorveglianza, e testimoni che non lo hanno riconosciuto nel
corso di confronti.
A parte una confessione videoregistrata, che però il
giudice Parkins ha ridimensionato, definendola “chiaramente rilasciata in
condizioni anormali da una persona sotto l’effetto dell’eroina”, contro Wright
c’era solo la testimonianza di un detenuto che asseriva di averlo sentito
confessare il crimine, ma anche questa testimonianza in seguito è stata
ritrattata.
Il giudice Parkins aveva poi rilevato che alcuni
importanti elementi che avrebbero potuto essere molto favorevoli per la difesa
erano stati tenuti nascosti dalla pubblica accusa, ad esempio il fatto che in
zona fossero state effettuate altre rapine con modalità quasi identiche.
Contro quella sentenza aveva fatto ricorso la pubblica
accusa. Il 24 maggio 2013 la Corte Suprema di stato aveva annullato 4-1
l’annullamento stabilendo che il giudice Perkins non avrebbe dovuto occuparsi
del tema della confessione contestata, perché era già stata affrontata
compiutamente nei ricorsi presentati dall’imputato in precedenza, e che la
circostanza di altre rapine effettuate nella zona non sembrava, da sola,
sufficiente a superare l’importanza della confessione videoregistrata.
Il 19 maggio 2014 la stessa Corte Suprema di stato aveva
esaminato ulteriori elementi presentati dalla difesa, ed aveva stabilito che
“l’effetto cumulativo dei nuovi elementi forniti dalla difesa era sufficiente
ad annullare il verdetto di colpevolezza e richiedere un nuovo processo”.
Nel nuovo processo il giudice Perkins aveva accolto la
richiesta della difesa di escludere la confessione dalle prove a disposizione
della pubblica accusa.
La pubblica accusa il 2 febbraio 2015 aveva preso atto
dell’ordine scritto del giudice Perkins, ed aveva ritirato tutte le accuse.
Wright era stato scarcerato il 2 febbraio 2015.
Contro quella decisione la pubblica accusa aveva fatto
ricorso alla Corte Suprema di Stato chiedendo di poter celebrare il processo
davanti ad un altro giudice, e di poter utilizzare nel nuovo processo la
vecchia confessione.
Il 12 gennaio 2015 la Corte Suprema aveva accolto il
ricorso dell’accusa, e il 15 gennaio 2016 Wright si era costituito.
Oggi Wright ha accettato un accordo con la pubblica
accusa, un accordo che viene chiamato “no contest”, in cui l’imputato accetta
l’imputazione (in questo caso omicidio di 2° grado) ma al tempo stesso non si
dichiara colpevole. In cambio di questo accordo Wright è stato condannato a
“non più di 20 anni”, e il giudice Eric Davis ne ha disposto l’immediata
scarcerazione in considerazione dei 24 anni già scontati. Il difensore di
Wright, Herbert Mondros, ha voluto ricordare che Wright si è sempre dichiarato
innocente da quando è stato arrestato all’età di 18 anni, e l’accordo di oggi
conferma la sua impostazione.
Il rappresentante della pubblica accusa, Steve Wood, ha
commentato che quando passa troppo tempo è difficile rifare un processo, i
ricordi delle persone cambiano, qualche prova viene smarrita, e considerato lo
stato delle prove, e il tempo passato, la soluzione odierna è appropriata.
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