sabato 13 agosto 2016

         nessuno  tocchi   Caino                        
     no  alla pena di morte      





1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : DAL 1 AL 3 SETTEMBRE IL 40° CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE NEL LUOGO SIMBOLO DELLE LOTTE PANNELLIANE: REBIBBIA 2.  NEWS FLASH: IRAN: NESSUNO TOCCHI CAINO, ITALIA NON ESTRADI IL BLOGGER KHOSRAVI 3.  NEWS FLASH: ONU: LE MALDIVE NON RIPRENDANO LE ESECUZIONI 4.  NEWS FLASH: VIETNAM: NOVE CONDANNATI A MORTE E DUE ALL’ERGASTOLO PER TRAFFICO DI EROINA 5.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: MINORENNE SCIITA CONDANNATO A MORTE 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


DAL 1 AL 3 SETTEMBRE IL 40° CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE NEL LUOGO SIMBOLO DELLE LOTTE PANNELLIANE: REBIBBIA Dopo oltre cinque anni è stato convocato finalmente il 40° Congresso straordinario del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito.

A Roma dalle ore 14 di giovedì 1 a sabato 3 settembre presso il penitenziario di Rebibbia (qui le info per partecipare). Lo ha deciso un terzo degli iscritti da almeno sei mesi al Partito come previsto dallo Statuto di uno dei più vecchi partiti della Repubblica e divenuto transnazionale grazie ad una geniale intuizione e scelta del leader storico Marco Pannella.
È anche per omaggiare il fondatore e leader dell'odierno Partito Radicale, oltre che di Nessuno tocchi Caino, che l'evento si terrà presso il carcere di Rebibbia. Un luogo simbolo delle lotte pannelliane per la giustizia, l'amnistia, lo stato di diritto e il diritto umano alla conoscenza.
Ma la scelta del luogo appare anche una scelta di obiettivi politici per l'immediato futuro: proseguire le battaglie di Marco Pannella. Seguire il sentiero tracciato dal leader radicale e tradurre in azione transnazionale la visione del diritto alla conoscenza come diritto umano da conquistare per tutti e ovunque.
Una sfida da mozzare il fiato che, però, non consentirà ai congressisti, proprio perché transnazionali, di tralasciare questioni "vecchie" ma sempre attuali che si ripresentano sotto nuove vesti. Fondamentalismi, guerre, proibizionismi, degenerazione delle cosiddette “democrazie” in “democrazie reali”, perdurante illusione della sovranità assoluta nazionale, cancellazione sistematica di diritti umani storicamente acquisiti.
Davanti all'apparente e reale regressione del diritto e dei diritti acquisiti, minacciati da una nuova guerra globale perpetrata contro la libertà del singolo e di interi popoli gli strumenti a disposizione da rilanciare sono sempre gli stessi. Nonviolenza, affermazione universale dei diritti umani, federalismo europeo e mondiale, lotta ai proibizionismi, alla pena di morte, tutela dei popoli oppressi.
Tutti questi obiettivi, e tanti altri, possono essere conquistati grazie all'affermazione del diritto universale alla conoscenza quale diritto umano "naturale". Senza l'affermazione del diritto umano alla conoscenza tutte queste lotte rischiano di fallire.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IRAN: NESSUNO TOCCHI CAINO, ITALIA NON ESTRADI IL BLOGGER KHOSRAVI
10 agosto 2016: l’Associazione radicale Nessuno tocchi Caino chiede alle autorità italiane di non concedere l’estradizione nella Repubblica Islamica dell’Iran del blogger Mehdi Khosravi, noto anche come Yashar Parsa, nato in Iran, ma residente nel Regno Unito in qualità di rifugiato politico, arrestato il 7 agosto scorso a Dorio, provincia di Lecco, mentre era in vacanza in Italia.
La Repubblica Islamica sta insistendo in queste ore con le autorità italiane per ottenere la sua estradizione che se concessa – secondo Nessuno tocchi Caino – metterebbe a repentaglio la vita dell’attivista iraniano per la democrazia e la tutela dei diritti umani.
Sulla testa di Khosravi, che è stato negli ultimi tre anni anche Amministratore esecutivo del “Consiglio nazionale iraniano per le libere elezioni”, pendeva un mandato di cattura internazionale emesso dalla Repubblica islamica dopo la sua fuga a seguito delle manifestazioni del Movimento Verde, nato dopo la rielezione del Presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2009.
Nessuno tocchi Caino fa proprio l’appello lanciato da Reza Ciro Pahlavi, figlio dello Scià costretto all’esilio dopo l’avvento del regime khomeinista, attraverso una lettera indirizzata al Capo del Governo Matteo Renzi in cui si chiede di non cedere alle pressioni iraniane.
“L’Italia, che è conosciuta nel mondo per il suo impegno a favore dell’abolizione della pena di morte, non può collaborare alla sua pratica in un regime come quello iraniano che nell’ultima settimana ha giustiziato decine di oppositori politici”, ha dichiarato Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino. “Il Signor Khosravi rischia la vita se viene estradato in Iran e l’Italia ha l’obbligo, dettato dalla propria Costituzione oltre che da Convenzioni e Protocolli internazionali, di non cooperare per via giudiziaria o politica in casi come questo.”


ONU: LE MALDIVE NON RIPRENDANO LE ESECUZIONI
9 agosto 2016: l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Zeid Ra’ad al-Hussein, ha chiesto alle Maldive di attenersi alla propria sessantennale moratoria sull’applicazione della pena di morte, esprimendo timori per tre uomini a "rischio imminente" di esecuzione nel Paese.
Zeid Ra'ad al-Hussein, ha detto in una dichiarazione rilasciata a Ginevra che le Maldive rappresentano da tempo un’"importante leadership" negli sforzi per porre fine all'uso della pena di morte ed è "profondamente deplorevole che una serie di misure siano state adottate per riprendere le esecuzioni nel Paese."
Nel mese di giugno, la Corte Suprema delle Maldive ha confermato la condanna a morte di un 22enne riconosciuto colpevole dell’uccisione di un deputato nel 2012. Poco prima della sentenza della Corte, il governo aveva modificato le norme per consentire l'esecuzione per iniezione letale o impiccagione, lasciando intendere una fine imminente per la moratoria informale delle esecuzioni.


VIETNAM: NOVE CONDANNATI A MORTE E DUE ALL’ERGASTOLO PER TRAFFICO DI EROINA
9 agosto 2016: il tribunale di Lang Son ha condannato a morte nove uomini e altri due all’ergastolo per il traffico di complessivi 280 kg di eroina dalla provincia settentrionale vietnamita in Cina, nel 2013 e 2014.
I fratelli Chu Dinh Tuyen, 39 anni, e Chu Van Vien, 33, capi della banda, sono tra i condannati a morte insieme ai loro sette complici, di età compresa tra 31 e 38 anni.
Nong Thi Chang, 25, e Chu Duc Figlio, 38, sono i due imputati condannati all’ergastolo.
Agenti del Ministero della Pubblica Sicurezza nel 2014 catturarono due membri della gang, Le Xuan Viet e Nguyen Van Tam, con 15 kg di eroina, nella provincia di Hoa Binh.
Successive indagini portarono all'arresto degli altri. La banda avrebbe confessato di aver trafficato un totale di 280 kg di eroina dalla provincia nord-occidentale in Cina in 22 occasioni, guadagnando più di 10 miliardi di dollari vietnamiti (456.000 dollari USA).
Un totale di 19 persone sono state coinvolte, compresi altri quattro vietnamiti ancora a piede libero, un cinese non identificato che è stato arrestato in Cina e un vietnamita deceduto.
Il Vietnam ha una delle leggi sulla droga più severe del mondo. La produzione o la vendita di 100 g di eroina o di 300 g di altre sostanze stupefacenti illegali è punibile con la morte.
Anche gli imputati riconosciuti colpevoli di possesso o traffico di più di 600 g di eroina o più di 2,5 kg di metanfetamine possono essere condannati a morte.


ARABIA SAUDITA: MINORENNE SCIITA CONDANNATO A MORTE
27 luglio 2016: il Tribunale Penale Speciale in Arabia Saudita ha emesso il suo verdetto iniziale, condannando a morte il minorenne sciita Abdulkareem Al Hawaj.
La condanna a morte di Al Hawaj è in aggiunta a quelle emesse contro altri detenuti che sono in pericolo di esecuzione, stabilite al termine di processi che non sono in accordo con i principi internazionali di equità. Al Hawaj si aggiunge alla lista di altri nove minori sciiti che sono stati condannati a morte in Arabia Saudita e che sono in attesa di esecuzione.
Al Hawaj, che è nato il 19 novembre 1995, è stato arrestato il 16 gennaio 2014 da uomini in abiti civili, ritenuti legati alla Direzione Generale di Investigazione.
Gli uomini hanno fermato Abdulkareem mentre era sulla via del ritorno dal lavoro, ad un Check Point su Al Hadaleh Street ad Al Awamia, Qatif.
Gli hanno puntato le armi in faccia e lo hanno arrestato, senza presentare alcun mandato d'arresto, e lo hanno portato, insieme alla sua auto, in un luogo segreto.
Questi uomini non hanno informato la sua famiglia circa l’ubicazione del ragazzo, tuttavia alcuni giorni dopo la scomparsa, la famiglia è venuta a sapere della sua ubicazione tramite fonti non ufficiali, che hanno informato i familiari sull’arresto operato dalle autorità.
Abdulkareem è stato arrestato per cinque mesi, periodo in cui è stato messo in isolamento, senza il permesso di comunicare con il mondo esterno o con altre persone, compresi i membri della famiglia.
E' stato sottoposto a tortura durante l’indagine, al fine di costringerlo a confessare false accuse contro di lui. Durante le torture è stato picchiato con bastoni e fili elettrici e preso a calci. Le sue mani sono state incatenate in alto per più di 12 ore e gli è stato impedito di usare il bagno in questo lasso di tempo.
Oltre alla tortura fisica, è stato anche insultato, minacciato dell’uccisione dei suoi genitori e dell’asportazione delle unghie.
Ad Abdulkareem è stato proibito il contatto con qualsiasi avvocato durante il periodo dell'inchiesta, tuttavia dopo due anni, all'inizio della sessione del tribunale, la sua famiglia ha potuto incaricare un avvocato.
I familiari e l’avvocato sono stati sottoposti a maltrattamenti durante le visite e il tribunale non ha risposto alle legittime richieste dell’avvocato.
Abdulkareem è stato accusato di reati non-violenti quando era minorenne, e le confessioni gli sono state estorte tramite tortura. Nonostante questo, il tribunale lo ha condannato a morte.
Le accuse contro Al Hawaj non sono considerate come 'i più gravi dei crimini' e molte delle imputazioni nei suoi confronti riguardano la libertà di opinione e di espressione.
Le accuse sono:
coinvolgimento in una sparatoria contro poliziotti in cui è stato ferito, coinvolgimento in alcune marce e manifestazioni, aver dato fuoco a pneumatici, preparazione di alcuni cartelli con slogan contro il Regno, lancio di bombe molotov, partecipazione a social media, uso di 'WhatsApp' & 'Zilo' per individuare i posti di blocco, simpatia per l’Opposizione in Bahrain.
L’Organizzazione Saudita Europea per i diritti umani (ESOHR) ha confermato che il caso di Abdulkareem Al Hawaj comprende molteplici violazioni che hanno avuto inizio al momento dell'arresto fino alla sentenza del Tribunale. Queste violazioni sono in contrasto sia con le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Arabia Saudita sia con le sue norme interne.
L’imputato è arrivato in tribunale a più di due anni dall’arresto, in violazione della legge saudita sul terrorismo, che hanno usato per giudicare Abdulkareem. Tuttavia, questa legge permette alle autorità di estendere il periodo di detenzione a tempo indeterminato, se il caso lo richiede (il che non è conforme alle norme internazionali).
Abdulkareem è stato torturato, in violazione delle leggi interne saudite e della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura, di cui l'Arabia Saudita è Stato parte dal 1997.
La condanna capitale di Abdulkareem Al Hawaj contravviene alla Convenzione sui Diritti del Fanciullo, di cui l'Arabia Saudita è Stato parte. Le accuse di Al Hawaj sono relative a quando aveva 16 anni.
La condanna a morte è anche in violazione della Carta Araba dei Diritti Umani, di cui l'Arabia Saudita è membro, in quanto le accuse contro Al Hawaj non costituiscono 'i più gravi tra i crimini'.
L’ESOHR invita le autorità saudite a rilasciare Abdulkareem senza condizioni e chiede che la pena di morte sia annullata. Chiede anche un nuovo processo che dovrebbe essere equo e imparziale, in conformità alle norme internazionali.

L’Arabia Saudita ha giustiziato più di 110 persone dall'inizio del 2016. 

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