no alla pena di morte............................
NEBRASKA (USA): ABOLITA LA PENA DI MORTE
27 maggio 2015: Votando 30-19 il parlamento del Nebraska
ha superato il veto governatoriale, ed ha definitivamente abolito la pena di
morte.
I voti favorevoli sono stati 2 in meno rispetto
all’ultima votazione in aula del 20 maggio.
Ieri il governatore Pete Ricketts, repubblicano, al suo
primo anno di mandato, aveva posto il veto, e aveva rivolto un forte appello ai
Senatori perché sostenessero il suo veto, argomentando che lo stato ha solo 10
persone nel braccio della morte, e questo dimostrerebbe che se ne fa un uso
“prudente e giudizioso”. Secondo il governatore, l’abolizione priverebbe i
rappresentanti della pubblica accusa di un forte strumento di pressione per
indurre i criminali a confessare e collaborare.
I senatori Jerry Johnson e John Murante hanno cambiato
voto, ma i 30 voti ottenuti dalla legge LB 268 raggiungono comunque il limite
minimo necessario a far entrare una legge in vigore anche quando il governatore
si rifiuta di ratificarla.
Il senatore Murante, che si definisce cattolico
praticante, ha detto: “Personalmente sono dibattuto sulla pena di morte, ma una
verità è innegabile: prendere una vita umana, in certe circostanze, è
giustificabile”. Ha aggiunto che nonostante le pressioni da parte
dell’arcivescovo George Lucas e da altri religiosi, la stragrande maggioranza
degli elettori del suo distretto sono favorevoli alla pena di morte”.
Il senatore Ernie Chambers, primo firmatario della legge,
ha preso la parola oggi in aula. Ha aperto il suo intervento chiedendo ai
senatori di confermare la loro posizione. "Non sacrificate ciò che siete,
e quello per il quale vi siete battuti, in risposta a pressioni politiche
temporanee, quel tipo di pressioni che un domani voi stessi potreste considerare
inconsistenti”.
Dopo il voto, in aula è scoppiato un forte applauso. Il
senatore Chambers ha ringraziato i colleghi. L’ultima esecuzione in Nebraska
risale al 1997. Ci sono 10 persone nel braccio della morte, un 11° detenuto è
morto pochi giorni fa di morte naturale. La legge non è retroattiva, e quindi
l’abolizione non si applica automaticamente ai casi già giudicati. In questi
casi, a meno che un governatore non emetta un provvedimento di clemenza
generalizzato, di solito gli avvocati dei condannati a morte attendono che
qualcuno venga processato per un reato comparabile a quello dei loro assistiti.
Dopo che questo reato “comparabile” porta ad una condanna che non è la pena di
morte, gli avvocati fanno ricorso sostenendo che non è giusto che due reati
simili vengano puniti in maniera difforme, ed ottengono, nel tempo, le
commutazioni per i loro assistiti.
(Fonti: KETV news, 27/05/2015)
Per saperne di piu' :
INDIANA (USA): PAULA COOPER MORTA, FORSE SUICIDA
26 maggio 2015: Paula Cooper, che nel 1986 divenne la più
giovane detenuta dei bracci della morte statunitensi, è stata trovata morta.
Per la polizia si tratta di suicidio.
La Cooper aveva 45 anni. Era stata scarcerata il 17
giugno 2013 dopo 28 anni di detenzione. Cooper, una ragazza di colore che
all'epoca aveva 15 anni, nel 1985 venne accusata di aver ucciso assieme a 3
coetanee, un’insegnante di catechismo che le aveva accolte nella sua
abitazione. Nel 1986 venne condannata a morte, e divenne la più giovane
detenuta nei bracci della morte degli Stati Uniti. Per molti, Cooper era un
mostro per il quale non aveva senso parlare di riabilitazione. Ma altri la
videro come una vittima di un'infanzia piena di abusi, e di un sistema
giudiziario fortemente contaminato dal razzismo. Una sfida legale mossa allo
stesso concetto di “pena di morte per i minori”, una campagna di solidarietà
internazionale alla quale partecipò il Partito Radicale italiano con una
massiccia raccolta di firme organizzata da Paolo Pietrosanti e Ivan Novelli,
firme poi consegnate nel 1988 da Maurizio Barbera, all'epoca direttore del
carcere romano di Rebibbia Femminile, al Segre
tario delle Nazioni Unite a New York.
Anche il Parlamento Europeo con una risoluzione con Emma
Bonino prima firmataria partecipò alla campagna, e Papa Giovanni Paolo II si
unì alla mobilitazione internazionale. All'epoca la Corte Suprema degli Stati
Uniti stava affrontando il tema della costituzionalità delle condanne a morte
di minori. Nel 1988 la Corte dichiarò incostituzionale giustiziare chi al
momento del reato aveva meno di 16 anni. L’anno successivo l’Indiana adeguò le
sue leggi, portando da 10 a 16 l’età minima per poter ricevere una condanna
capitale, e la Corte Suprema dell’Indiana commutò la condanna a morte della
Cooper a una condanna a 60 anni. Solo nel 2002 l’Indiana alzò a 18 anni l’età
minima per una condanna a morte, e solo il 1° marzo 2005 la Corte Suprema degli
Stati Uniti, con un solo voto di scarto, dichiarò incostituzionale la pena di
morte per i minori di 18 anni.
Durante il processo, così la pubblica accusa ricostruì il
fatto: “Era il 14 maggio 1985 quando 4 ragazze suonarono alla porta di Ruth
Pelke, 78 anni, bianca, dicendosi interessate ad approfondire alcune letture
della Bibbia”. Entrate, una delle ragazze colpì la Pelke alla testa con un
vaso, facendola cadere a terra. "Paula Cooper, come poi ammise al
processo, le andò sopra, continuando a chiederle “Dove sono i soldi, cagna?”.
Quando l’anziana donna rispose di non avere denaro in casa, la Cooper ha
cominciato a torturarla, facendole dei profondi tagli sul petto. La Pelke è
morta mentre recitava le ultime preghiere al Signore”.
Cooper e le altre 3 ragazze - Denise Thomas, 14 anni,
Karen Corder, 16 anni, e April Beverly, 15 anni - sono fuggite con circa 10
dollari di bottino, e l’automobile della Pelke. Il giorno dopo sono state
arrestate “dopo che in giro si erano vantate dell’uccisione”, ricordò la
pubblica accusa. La Beverly testimoniò contro le altre, ed ottenne una condanna
a 25 anni per la sola rapina. E 'stata rilasciata nel 1999. Ora vive in
Colorado. Raggiunta telefonicamente, non ha voluto commentare la notizia del
rilascio della Cooper. La Thomas venne condannata per omicidio a 35 anni. È
stata rilasciata nel 2003. Anche la Corder venne condannata per omicidio, a 60
anni, ed è stata rilasciata nel 2008. La stampa non è riuscita a localizzarle.
Al processo la Cooper si dichiarò colpevole di omicidio.
Il suo difensore dell’epoca, Kevin Relphorde, ha ricordato che la dichiarazione
di colpevolezza, e l’aver espresso rimorso, potessero bastare ad evitare la
condanna a morte. Ma evidentemente non c’era molto spazio di manovra. Il giorno
della sentenza il giudice James Kimbrough fece un lungo discorso sul perché lui
era contrario alla pena di morte. Ma poi lasciò cadere la bomba: condanna a
morte per Cooper. Ricorda Crawford: “A questo punto l’attenzione sul caso
cambiò di segno. Non si parlò più di quanto orrendo fosse il crimine, ma del
fatto che una ragazza di soli 16 anni era stata condannata a morte, del fatto
che era solo la 4° donna in Indiana a finire nel braccio della morte, e del
fatto che comunque l’Indiana non ha mai giustiziato una donna. È un caso che ti
rimane in mente quando nel tuo ufficio arriva un emissario del Papa, quando del
caso si occupa Amnesty International, e quando dall'Europa arrivano molti
se gnali di attenzione, soprattutto
dall'Italia. Lettere e petizioni sono arrivate in gran numero sulla mia
scrivania da procuratore, e in seguito alla Corte Suprema di Stato. Un
documento della Indiana Historical Society registra che la Corte Suprema di
stato aveva ricevuto oltre 2 milioni di firme, altri appelli arrivarono al
governatore Robert Orr, compreso uno, nel settembre 1987, del Papa, e un
ulteriore appello arrivò alle Nazioni Unite, con un milione di firme a supporto.
Bill Pelke, un nipote della vittima, che aveva perdonato
Paula e nel corso degli anni è diventato un militante della lotta contro la
pena di morte, al momento della scarcerazione si disse preoccupato: "La
mia preoccupazione principale è vedere che si possa sistemare in qualche modo,
e che trovi un lavoro”. Per il resto non aveva commentare il rilascio di Paula
perché, aveva aggiunto: “La copertura mediatica potrebbe complicare
ulteriormente il già difficile compito di ricostruirsi una vita”.
La sorella della Cooper, Rhonda Labroi, aveva detto
“Spero che la gente guardi oltre il fermo immagine dell’epoca, in cui mia
sorella è effigiata come una killer adolescente”. "È una persona molto
diversa. È molto più istruita, più vecchia e più saggia ora. Penso che le cose
saranno diverse." Cooper, ha aggiunto, "ha pagato il suo prezzo.
Esistono le seconde possibilità. Sembra che Dio le abbia voluto dare un'altra
possibilità. Penso che se la gente sarà d’accordo nel concederle una seconda
possibilità,
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