giovedì 9 aprile 2015



GIOVANNI BOCCACCIO
decamerone



Calandrino, Bruno e Buffalmacco 
giù per lo Mugnone vanno cercando 
di trovar l’elitropia, e Calandrino 
se la crede aver trovata; 
tornasi a casa carico di pietre; 
la moglie il proverbia, ed egli turbato 
la batte, e a’ suoi compagni racconta 
ciò che essi sanno meglio di lui. 


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Elissa
Calandrino, Bruno, Buffalmacco, Maso del Saggio, Tessa
Firenze
L'arte della parolaIl gusto della beffa

Presentazione di Calandrino

Elissa non sa se la sua novella sarà divertente come quella precedente, ma la racconterà comunque confidando nel fatto che essa narra un fatto vero e piacevole. A Firenze vive un pittore chiamato Calandrino, uomo di estrema semplicità che è molto amico di altri due pittori di nome Bruno e Buffalmacco, dediti alle burle e assai più astuti del loro compagno che diventa spesso bersaglio dei loro scherzi. In città vive anche un giovane chiamato Maso del Saggio, piacevole e non meno astuto degli altri due, il quale sa dell'ingenuità di Calandrino e decide di prendersi gioco di lui. Un giorno lo vede nella chiesa di S. Giovanni, intento a osservare i dipinti e gli intagli del tabernacolo, e pensa che sia l'occasione propizia: si mette d'accordo con un altro uomo e insieme a lui inizia a parlare delle virtù di diverse pietre, avvicinandosi a Calandrino e facendo in modo che senta i loro discorsi. Il pittore è incuriosito e si avvicina ai due, chiedendo poi a Maso dove si trovino queste pietre dai poteri straordinari.

Discorso di Maso del Saggio

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Firenze, Porta di S. Frediano
Maso risponde a Calandrino che per la maggior parte si trovano in Berlinzone, nella terra dei Baschi, in un posto chiamato Bengodi dove si legano le vigne con le salsicce e si può acquistare un'oca per un denaro avendo in aggiunta un papero: qui si trova una montagna di formaggio sopra la quale gli abitanti gettano di continuo gnocchi e ravioli cotti in brodo di cappone, e vicino scorre un fiume di vernaccia senza una sola goccia d'acqua. Calandrino, affascinato, chiede cosa ne facciano dei capponi in quel paese meraviglioso e l'altro risponde che i Baschi se li mangiano tutti; alla domanda se Maso vi sia mai stato, l'uomo risponde di sì, una volta come mille. Calandrino chiede ancora se il paese di Bengodi sia lontano, al che Maso spiega che dista un numero imprecisato di miglia, inducendo l'altro a credere che sia più lontano dell'Abruzzo. 
Calandrino crede a tutte le fandonie di Maso e dichiara che vorrebbe visitare quel paese, che però è troppo lontano per lui: chiede tuttavia se intorno a Firenze vi sia qualcuna di quelle pietre dalle virtù eccezionali e Maso spiega che a Settignano e a Montisci ci sono delle pietre da cui si ricavano le macine, che servono a produrre la farina (esse sono preziosissime nel paese di Bengodi, dove invece abbondano gli smeraldi). Esiste poi una pietra chiamata «elitropia», dotata di staordinari poteri in quanto, se uno se la mette sul capo, non può essere visto dove non è: Calandrino chiede dove sia questa pietra e Maso spiega che ce ne sono molte presso il torrente Mugnone, aggiungendo che le dimensioni possono variare ma sono tutte di colore nero. Soddisfatto di quanto ha sentito, Calandrino si congeda da Maso e decide di andare in cerca dell'elitropia.

Calandrino parla a Bruno e a Buffalmacco

Calandrino vuole mettere i suoi amici Bruno e Buffalmacco al corrente dei suoi progetti, quindi li cerca lungamente in quanto ansioso di mettersi in cerca dell'elitropia: li trova infine nel monastero femminile di Porta Faenza, dove i due lavorano, e svela loro il segreto che ha appreso da Maso del Saggio. Propone agli amici di recarsi subito al Mugnone a cercare la pietra, prima che la trovino altri, perché essa permetterà loro di diventare ricchi: basterà mettere la pietra in borsa, diventare invisibili, andare alle tavole dei cambiavalute che sono sempre piene di monete d'argento e fiorini d'oro e prenderne quante vorranno senza essere visti. Bruno e Buffalmacco iniziano a ridere tra sé per l'ingenuità dell'amico, ma fingono meraviglia e si dicono d'accordo, anche se Buffalmacco vuol sapere il nome di questa pietra meravigliosa. Calandrino lo ha già scordato, ma rammenta che è di colore nero ed esorta gli amici ad andare subito a cercarla, senza perdere altro tempo. Tuttavia Bruno osserva che non è il momento adatto per andare al Mugnone, perché il sole è ancora alto e potrebbe far sembrare tutte le pietre bianche, senza contare che lì ci saranno dei lavoratori che potrebbero capire le loro intenzioni; molto meglio andare domenica mattina, quando si potranno distinguere le pietre bianche dalle nere e non ci sarà nessuno intorno. Calandrino è d'accordo e i tre si danno appuntamento alla domenica successiva, mentre il primo raccomanda agli altri due di non dire nulla a nessuno poiché questo segreto gli è stato rivelato in confidenza; aggiunge altri dettagli appresi da Maso sul paese di Bengodi, quindi se ne va e gli amici progettano la beffa ai suoi danni.

Calandrino in cerca dell'elitropia

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Calandrino al Mugnone
Giunta finalmente domenica, Calandrino si alza all'alba e si unisce ai due compagni, coi quali esce dalla Porta di San Gallo e raggiunge il Mugnone, dove i tre iniziano a cercare la pietra. Calandrino raccoglie tutte le pietre nere che trova e le mette in seno, così che in breve lo riempie tutto: gli altri due fingono di prenderne anche loro, mentre l'amico continua la raccolta e, per portare via ancora più pietre, le infila nel lembo della veste che assicura alla correggia e in seguito fa lo stesso col mantello. Quando Bruno e Buffalmacco vedono che Calandrino è carico di pietre e che si avvicina l'ora di pranzo, come d'accordo fingono di non vedere più il compagno e di cercarlo ovunque, anche se è lì vicino a loro. I due affermano che Calandrino li ha beffati, conducendoli a cercare una pietra che non esiste, mentre lui ora dev'essere tornato a casa sua e li ha lasciati lì come due sciocchi: l'amico, sentendoli parlare così, crede di aver trovato l'elitropia e di essere davvero diventato invisibile, perciò pensa di tornare in città senza dire nulla agli amici e si allontana quatto quatto. Bruno e Buffalmacco naturalmente lo vedono e il primo, fingendosi adirato per lo scherzo subìto, dice che se vedesse Calandrino lo prenderebbe a sassate, e intanto tira un ciottolo che colpisce l'altro in un calcagno: Calandrino trattiene un urlo di dolore per non svelare la sua presenza e si allontana, mentre Buffalmacco raccoglie un'altra pietra e imita Bruno, colpendo nuovamente Calandrino.
La cosa si ripete fino a quando i tre giungono alla Porta di San Gallo, dove i gabellieri, d'accordo con i due compagni di Calandrino, lo lasciano passare fingendo di non vederlo e ridendo tra sé. L'uomo prosegue fino a casa sua, che si trova vicino all'Angolo della Macina, e non incontra quasi nessuno visto che è ora di pranzo, mentre i pochi che incrocia non gli dicono nulla e ciò alimenta la sua convinzione di non essere visibile.

Ritorno a casa di Calandrino

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Calandrino e Tessa
Entrato in casa, Calandrino trova la moglie Tessa (donna bella e di gran valore) che lo attende in cima alle scale: questa lo rimprovera aspramente in quanto è tornato tardi e l'ora di pranzo è passata da un pezzo, e Calandrino capisce che ovviamente la moglie lo ha visto. L'uomo crede che l'incantesimo della pietra si sia spezzato a causa della donna, quindi sale di corsa le scale, getta le pietre a terra e inizia a colpire Tessa con calci e pugni, mentre a nulla valgono le preghiere e le implorazioni di lei. Bruno e Buffalmacco, intanto, sono giunti con passo lento a casa sua, sentono che sta picchiando la moglie e lo chiamano: Calandrino si affaccia dalla finestra e dice loro di salire, cosa che i due fanno trovando le molte pietre a terra e Tessa accovacciata in un angolo, tutta pesta e sanguinolenta. I due si fingono sorpresi e ironizzano sul fatto che Calandrino sembri voler costruire un muro con tutte quelle pietre, quindi chiedono cosa sia successo: l'uomo, stanco e ansimante, non riesce subito a rispondere, mentre i due lo accusano di averli condotti a cercar l'elitropia e poi di averli lasciati al Mugnone come due idioti.
Ritrovato il fiato, Calandrino spiega di aver trovato la pietra e di essere diventato invisibile, spiegando poi di essere tornato a casa e mostrando i segni delle sassate tirategli dai due: arrivato a casa la moglie ha tolto la virtù portentosa alla pietra, perché le donne hanno la capacità malefica di annullare gli incantesimi, per cui è grande il suo desiderio di picchiarla ancora e perfino di ucciderla. L'uomo sembra voler ricominciare la battitura, ma i due amici (che durante il suo racconto hanno simulato grande stupore) lo trattengono e gli spiegano che la colpa è sua, non della moglie, poiché sapeva che le donne fanno perdere le virtù delle pietre e nonostante questo si è mostrato a lei; in realtà è giusto che sia andata così, o perché la fortuna non doveva essere sua o in quanto ha ingannato i suoi compagni non rivelandogli di aver trovato l'elitropia. Dopo che Calandrino si è riappacificato con la moglie, i due se ne vanno lasciando lui triste e la casa piena di pietre.

Temi principali e collegamenti

  • Calandrino è un personaggio reale, pittore pre-giottesco il cui vero nome era Giovannozzo di Perino e il cui soprannome deriva dalla sua professione (il «calandrino» era una squadra di legno usata da pittori e scalpellini). Anche Bruno e Buffalmacco erano pittori vissuti a Firenze: il primo si chiamava Bruno di Giovanni d'Olivieri, l'altro Bonamico di Cristofano, autore degli affreschi della chiesa di Badia a Firenze
  • Il protagonista è presentato come un uomo semplice, talmente ingenuo da credere a tutto ciò che gli viene raccontato, ma anche come un disonesto che vuole usare il potere dell'elitropia per arricchirsi rubando il denaro ai cambiavalute: anche quando crede di aver trovato la pietra non ne fa parola agli amici per non dividere con loro la sua scoperta, quindi la beffa che subisce è la giusta punizione per la sua slealtà (»» Il gusto della beffa). Qui l'autore celebra l'ingegno e l'astuzia che prevalgono su chi è sciocco e sprovveduto, specie in quanto Calandrino fa di tutto per essere oggetto di un inganno (il paradosso è che i suoi due amici fingono che sia stato lui a imbrogliarli, e alla fine lo rimproverano per questo).
  • Il discorso a Calandrino di Maso del Saggio (anche lui personaggio reale, che svolgeva a Firenze la professione di sensale) è in realtà molto simile a quello con cui frate Cipolla (VI, 10) riesce ad abbindolare i Certaldesi: è pieno di nomi fantasiosi e dal significato ambiguo, specie quando descrive il favoloso paese di Bengodi e dice di esservi stato una volta come mille, spiegando che le miglia di distanza da Firenze sono millanta, che tutta notte canta (millanta è un numerale inesistente, che allude a una quantità del tutto imprecisata). Anche nel descrivere le proprietà delle pietre Maso si prende gioco di Calandrino: le macine di Settignano e Montisci producono sì la farina, ma in quanto diventano le mole dei mulini, mentre dell'elitropia dice soltanto che chi se la mette in testa non può essere visto dove non è, cosa del tutto ovvia (frate Cipolla usava un gioco verbale simile riguardo ai carboni di S. Lorenzo:  »» L'arte della parola).
  • Il finale della novella mostra il lato violento del protagonista, che picchia furioso la moglie e forse la ucciderebbe se non fosse fermato dai due amici: emerge in parte un aspetto misogino dell'autore, che risalterà assai più nelle opere successive alDecameron (specialmente il Corbaccio) mentre anche nelle novelle la donna è spesso mostrata come sottomessa all'uomo, ad es. in quella di Griselda (»» La figura femminile).
  • I tre pittori sono protagonisti anche della novella del porco (VIII, 6), di quella di Calandrino gravido (IX, 3) e di quella diCalandrino innamorato (IX, 5), in cui l'uomo è bersaglio di altre beffe; Bruno e Buffalmacco invece beffano Maestro Simonenella novella omonima (VIII, 9).

Testo

Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone vanno cercando di trovar l’elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia, ed egli turbato la batte, e a’ suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui. 

Finita la novella di Panfilo, della quale le donne avevano tanto riso che ancor ridono, la reina ad Elissa commise che seguitasse, la quale ancora ridendo incominciò:
Io non so, piacevoli donne, se egli mi si verrà fatto di farvi con una mia novelletta, non men vera che piacevole, tanto ridere quanto ha fatto Panfilo con la sua, ma io me ne ‘ngegnerò. 
Nella nostra città, la qual sempre di varie maniere e di nuove genti è stata abondevole, fu, ancora non è gran tempo, un dipintore chiamato Calandrino, uom semplice e di nuovi costumi, il quale il più del tempo con due altri dipintori usava, chiamati l’un Bruno e l’altro Buffalmacco, uomini sollazzevoli molto, ma per altro avveduti e sagaci, li quali con Calandrino usavan per ciò che de’ modi suoi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano. Era similmente allora in Firenze un giovane di maravigliosa piacevolezza, in ciascuna cosa che far voleva astuto e avvenevole, chiamato Maso del Saggio; il quale, udendo alcune cose della simplicità di Calandrino, propose di voler prender diletto de’ fatti suoi col fargli alcuna beffa, o fargli credere alcuna nuova cosa. E per avventura trovandolo un dì nella chiesa di San Giovanni, e vedendolo stare attento a riguardar le dipinture e gl’intagli del tabernacolo il quale è sopra l’altare della detta chiesa, non molto tempo davanti postovi, pensò essergli dato luogo e tempo alla sua intenzione; e informato un suo compagno di ciò che fare intendeva, insieme s’accostarono là dove Calandrino solo si sedeva, e faccendo vista di non vederlo, insieme cominciarono a ragionare delle virtù di diverse pietre, delle quali Maso così efficacemente parlava come se stato fosse un solenne e gran lapidario [1]. 
A’ quali ragionamenti Calandrino posto orecchie, e dopo alquanto levatosi in piè, sentendo che non era credenza [2], si congiunse con loro; il che forte piacque a Maso; il quale, seguendo le sue parole, fu da Calandrin domandato dove queste pietre così virtuose si trovassero. Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone [3], terra de’ Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce, e avevasi un’oca a denaio e un papero giunta, ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni [4] e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciol d’acqua. 
- Oh, - disse Calandrino - cotesto è buon paese; ma dimmi, che si fa de’ capponi che cuocon coloro? 
Rispose Maso: - Mangiansegli i Baschi tutti. 
Disse allora Calandrino: - Fostivi tu mai? 
A cui Maso rispose: - Di’ tu se io vi fu’ mai? Sì vi sono stato così una volta come mille. 
Disse allora Calandrino: - E quante miglia ci ha? 
Maso rispose: - Haccene più di millanta [5], che tutta notte canta. 
Disse Calandrino: - Dunque dee egli essere più là che Abruzzi. 
- Sì bene, - rispose Maso - si è cavelle [6]. 
Calandrino semplice, veggendo Maso dir queste parole con un viso fermo e senza ridere, quella fede vi dava che dar si può a qualunque verità più manifesta, e così l’aveva per vere, e disse: - Troppo ci è di lungi a’ fatti miei, ma se più presso ci fosse, ben ti dico che io vi verrei una volta con essoteco, pur per veder fare il tomo a quei maccheroni, e tormene una satolla [7]. Ma dimmi, che lieto sie tu, in queste contrade non se ne truova niuna di queste pietre così virtuose? 
A cui Maso rispose: - Sì, due maniere di pietre ci si truovano di grandissima virtù: l’una sono i macigni da Settignano e da Montsici [8], per virtù de’ quali, quando son macine fatti, se ne fa la farina; e per ciò si dice egli in que’ paesi di là, che da Dio vengono le grazie e da Montisci le macine; ma ecci [9] di questi macigni sì gran quantità, che appo noi è poco prezzata, come appo loro gli smeraldi, de’ quali v’ha maggior montagne che monte Morello che rilucon di mezza notte vatti con Dio. E sappi che chi facesse le macine belle e fatte legare in anella, prima che elle si forassero, e portassele al soldano, n’avrebbe ciò che volesse. L’altra si è una pietra, la quale noi altri lapidari appelliamo elitropia, pietra di troppo gran virtù, per ciò che qualunque persona la porta sopra di sè, mentre la tiene, non è da alcuna altra persona veduto dove non è. 
Allora Calandrin disse: - Gran virtù son queste; ma questa seconda dove si truova? 
A cui Maso rispose, che nel Mugnone [10] se ne solevan trovare. 
Disse Calandrino: - Di che grossezza è questa pietra? O che colore è il suo? 
Rispose Maso: - Ella è di varie grossezze, ché alcuna n’è più e alcuna meno, ma tutte son di colore quasi come nero. 
Calandrino, avendo tutte queste cose seco notate, fatto sembiante d’avere altro a fare, si partì da Maso, e seco propose di voler cercare di questa pietra; ma diliberò di non volerlo fare senza saputa di Bruno e di Buffalmacco, li quali spezialissimamente amava. Diessi adunque a cercar di costoro, acciò che senza indugio e prima che alcuno altro n’andassero a cercare, e tutto il rimanente di quella mattina consumò in cercargli. 
Ultimamente, essendo già l’ora della nona passata, ricordandosi egli che essi lavoravano nel monistero delle donne di Faenza, quantunque il caldo fosse grandissimo, lasciata ogni altra sua faccenda, quasi correndo n’andò a costoro, e chiamatigli, così disse loro: - Compagni, quando voi vogliate credermi, noi possiamo divenire i più ricchi uomini di Firenze, per ciò che io ho inteso da uomo degno di fede che in Mugnone si truova una pietra, la qual chi la porta sopra non è veduto da niun’altra persona; per che a me parrebbe che noi senza alcuno indugio, prima che altra persona v’andasse, v’andassimo a cercare. Noi la troveremo per certo, per ciò che io la conosco; e trovata che noi l’avremo, che avrem noi a fare altro se non mettercela nella scarsella e andare alle tavole de’ cambiatori, le quali sapete che stanno sempre cariche di grossi [11] e di fiorini, e torcene quanti noi ne vorremo? Niuno ci vedrà; e così potremo arricchire subitamente, senza avere tutto dì a schiccherare le mura a modo che fa la lumaca. 
Bruno e Buffalmacco, udendo costui, fra sé medesimi cominciarono a ridere, e guatando l’un verso l’altro fecer sembianti di maravigliarsi forte, e lodarono il consiglio di Calandrino; ma domandò Buffalmacco, come questa pietra avesse nome. A Calandrino, che era di grossa pasta, era già il nome uscito di mente, per che egli rispose: 
- Che abbiam noi a far del nome, poi che noi sappiam la virtù? A me parrebbe che noi andassimo a cercare senza star più. 
- Or ben, - disse Bruno - come è ella fatta? 
Calandrin disse: - Egli ne son d’ogni fatta, ma tutte son quasi nere; per che a me pare che noi abbiamo a ricogliere tutte quelle che noi vederem nere, tanto che noi ci abbattiamo ad essa; e per ciò non perdiamo tempo, andiamo. 
A cui Brun disse: - Or t’aspetta; - e volto a Buffalmacco disse: - A me pare che Calandrino dica bene; ma non mi pare che questa sia ora da ciò, per ciò che il sole è alto e dà per lo Mugnone entro e ha tutte le pietre rasciutte, per che tali paion testé bianche delle pietre che vi sono, che la mattina, anzi che il sole l’abbia rasciutte, paion nere; e oltre a ciò molta gente per diverse cagioni è oggi, che è dì di lavorare, per lo Mugnone, li quali vedendoci si potrebbono indovinare quello che noi andassimo faccendo, e forse farlo essi altressì, e potrebbe venire alle mani a loro, e noi avremmo perduto il trotto per l’ambiadura [12]. A me pare, se pare a voi, che questa sia opera da dover fare da mattina, che si conoscon meglio le nere dalle bianche, e in dì di festa, che non vi sarà persona che ci vegga. 
Buffalmacco lodò il consiglio di Bruno, e Calandrino vi s’accordò, e ordinarono che la domenica mattina vegnente tutti e tre fossero insieme a cercar di questa pietra; ma sopra ogn’altra cosa gli pregò Calandrino che essi non dovesser questa cosa con persona del mondo ragionare, per ciò che a lui era stata posta in credenza [13]. E ragionato questo, disse loro ciò che udito avea della contrada di Bengodi, con saramenti [14] affermando che così era. Partito Calandrino da loro, essi quello che intorno a questo avessero a fare ordinarono fra sé medesimi. 
Calandrino con disidero aspettò la domenica mattina; la qual venuta, in sul far del dì si levò, e chiamati i compagni, per la porta a San Gallo usciti e nel Mugnon discesi, cominciarono ad andare in giù, della pietra cercando. Calandrino andava, come più volenteroso, avanti, e prestamente or qua e or là saltando, dovunque alcuna pietra nera vedeva, si gittava, e quella ricogliendo si metteva in seno. I compagni andavano appresso, e quando una e quando un’altra ne ricoglievano; ma Calandrino non fu guari di via andato [15], che egli il seno se n’ebbe pieno; per che, alzandosi i gheroni della gonnella, che all’analda non era [16], e faccendo di quegli ampio grembo, bene avendogli alla correggia attaccati d'ogni parte, non dopo molto gli empié, e similmente, dopo alquanto spazio, fatto del mantello grembo, quello di pietre empié. 
Per che, veggendo Buffalmacco e Bruno che Calandrino era carico e l’ora del mangiare s’avvicinava, secondo l’ordine da sé posto, disse Bruno a Buffalmacco: - Calandrino dove è? 
Buffalmacco, che ivi presso sel vedeva, volgendosi intorno e or qua e or là riguardando, rispose: - Io non so, ma egli era pur poco fa qui dinanzi da noi. 
Disse Bruno: - Ben che fa poco! [17] a me par egli esser certo che egli è ora a casa a desinare, e noi ha lasciati nel farnetico [18] d’andar cercando le pietre nere giù per lo Mugnone. 
- Deh come egli ha ben fatto, - disse allora Buffalmacco - d’averci beffati e lasciati qui, poscia che noi fummo sì sciocchi che noi gli credemmo. Sappi! chi sarebbe stato sì stolto che avesse creduto che in Mugnone si dovesse trovare una così virtuosa pietra, altri che noi? 
Calandrino, queste parole udendo, imaginò che quella pietra alle mani gli fosse venuta e che per la virtù d’essa coloro, ancor che lor fosse presente, nol vedessero. Lieto adunque oltre modo di tal ventura, senza dir loro alcuna cosa, pensò di tornarsi a casa; e volti i passi indietro, se ne cominciò a venire. 
Vedendo ciò, Buffalmacco disse a Bruno: - Noi che faremo? Ché non ce ne andiam noi? 
A cui Bruno rispose: - Andianne; ma io giuro a Dio che mai Calandrino non me ne farà più niuna; e se io gli fossi presso, come stato sono tutta mattina, io gli darei tale di questo ciotto nelle calcagna, che egli si ricorderebbe forse un mese di questa beffa - ; e il dir le parole e l’aprirsi e ‘l dar del ciotto nel calcagna a Calandrino fu tutto uno. Calandrino, sentendo il duolo, levò alto il piè e cominciò a soffiare, ma pur si tacque e andò oltre. 
Buffalmacco, recatosi in mano uno de’ciottoli che raccolti avea, disse a Bruno: - Deh! vedi bel codolo [19], così giugnesse egli testé nelle reni a Calandrino! - e lasciato andare, gli diè con esso nelle reni una gran percossa. E in brieve in cotal guisa or con una parola, e or con una altra su per lo Mugnone infino alla porta a San Gallo il vennero lapidando. Quindi, in terra gittate le pietre che ricolte aveano, alquanto con le guardie de’ gabellieri si ristettero; le quali, prima da loro informate, faccendo vista di non vedere, lasciarono andar Calandrino con le maggior risa del mondo. 
Il quale senza arrestarsi se ne venne a casa sua, la quale era vicina al Canto alla Macina; e in tanto fu la fortuna piacevole alla beffa, che, mentre Calandrino per lo fiume ne venne e poi per la città, niuna persona gli fece motto, come che pochi ne scontrasse, per ciò che quasi a desinare era ciascuno. 
Entrossene adunque Calandrino così carico in casa sua. Era per avventura la moglie di lui, la quale ebbe nome monna Tessa [20], bella e valente donna, in capo della scala; e alquanto turbata della sua lunga dimora, veggendol venire, cominciò proverbiando a dire: - Mai, frate, il diavol ti ci reca! ogni gente ha già desinato quando tu torni a desinare. 
Il che udendo Calandrino, e veggendo che veduto era, pieno di cruccio e di dolore cominciò a gridare: - Ohimè, malvagia femina, o eri tu costì? Tu m’hai diserto [21]; ma in fé di Dio io te ne pagherò -; e salito in una sua saletta e quivi scaricate le molte pietre che recate avea, niquitoso [22] corse verso la moglie, e presala per le treccie la si gittò a’ piedi, e quivi, quanto egli poté menar le braccia e’ piedi, tanto le diè per tutta la persona pugna e calci, senza lasciarle in capo capello o osso addosso che macero non fosse, niuna cosa valendole il chieder mercé con le mani in croce. 
Buffalmacco e Bruno, poi che co’ guardiani della porta ebbero alquanto riso, con lento passo cominciarono alquanto lontani a seguitar Calandrino, e giunti a piè dell’uscio di lui, sentirono la fiera battitura la quale alla moglie dava, e faccendo vista di giugnere pure allora, il chiamarono. Calandrino tutto sudato, rosso e affannato si fece alla finestra, e pregogli che suso a lui dovessero andare. Essi, mostrandosi alquanto turbati, andaron suso e videro la sala piena di pietre, e nell’un de’ canti la donna scapigliata, stracciata, tutta livida e rotta nel viso dolorosamente piagnere, e d’altra parte Calandrino scinto e ansando a guisa d’uom lasso sedersi. 
Dove come alquanto ebbero riguardato, dissero: - Che è questo, Calandrino? Vuoi tu murare, che noi veggiamo qui tante pietre? - E oltre a questo soggiunsero: - E monna Tessa che ha? E’ par che tu l’abbi battuta; che novelle son queste? 
Calandrino, faticato dal peso delle pietre e dalla rabbia con la quale la donna aveva battuta, e dal dolore della ventura la quale perduta gli pareva avere, non poteva raccogliere lo spirito a formare intera la parola alla risposta. Per che soprastando, Buffalmacco ricominciò: - Calandrino, se tu aveva altra ira, tu non ci dovevi perciò straziare come fatto hai; ché, poi sodotti ci avesti [23] a cercar teco della pietra preziosa, senza dirci a Dio né a diavolo, a guisa di due becconi nel Mugnon ci lasciasti, e venistitene, il che noi abbiamo forte per male; ma per certo questa fia la sezzaia [24] che tu ci farai mai.
A queste parole Calandrino sforzandosi rispose: - Compagni, non vi turbate, l’opera sta altramenti che voi non pensate. Io, sventurato! avea quella pietra trovata; e volete udire se io dico il vero? Quando voi primieramente di me domandaste l’un l’altro, io v’era presso a men di diece braccia; e veggendo che voi ve ne venavate e non mi vedavate, v’entrai innanzi, e continuamente poco innanzi a voi me ne son venuto. 
E, cominciandosi dall’un de’ capi, infino la fine raccontò loro ciò che essi fatto e detto aveano, e mostrò loro il dosso e le calcagna come i ciotti conci gliel’avessero, e poi seguitò: - E dicovi che, entrando alla porta con tutte queste pietre in seno che voi vedete qui, niuna cosa mi fu detta, ché sapete quanto esser sogliano spiacevoli e noiosi que’ guardiani a volere ogni cosa vedere; e oltre a questo ho trovati per la via più miei compari e amici, li quali sempre mi soglion far motto e invitarmi a bere, né alcun fu che parola mi dicesse né mezza, sì come quegli che non mi vedeano. Alla fine, giunto qui a casa, questo diavolo di questa femina maladetta mi si parò dinanzi ed ebbemi veduto, per ciò che, come voi sapete, le femine fanno perder la virtù ad ogni cosa: di che io, che mi poteva dire il più avventurato uom di Firenze, sono rimaso il più sventurato; e per questo l’ho tanto battuta quant’io ho potuto menar le mani, e non so a quello che io mi tengo che io non le sego le veni; che maladetta sia l’ora che io prima la vidi e quand’ella mi venne in questa casa! 
E raccesosi nell’ira, si voleva levare per tornare a batterla da capo. 
Buffalmacco e Bruno, queste cose udendo, facevan vista di maravigliarsi forte e spesso affermavano quello che Calandrino diceva, e avevano sì gran voglia di ridere che quasi scoppiavano; ma, vedendolo furioso levare per battere un’altra volta la moglie, levatiglisi allo ‘ncontro il ritennero, dicendo di queste cose niuna colpa aver la donna, ma egli che sapeva che le femine facevano perdere la virtù alle cose e non le aveva detto che ella si guardasse d’apparirgli innanzi quel giorno: il quale avvedimento Iddio gli aveva tolto o per ciò che la ventura non doveva esser sua, o perch’egli aveva in animo d’ingannare i suoi compagni, a’ quali, come s’avvedeva d’averla trovata, il doveva palesare. 
E dopo molte parole, non senza gran fatica, la dolente donna riconciliata con essolui, e lasciandol malinconoso colla casa piena di pietre, si partirono.


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