RESOCONTO DELLA
DECIMA RIUNIONE
SUL TESTAMENTO BIOLOGICO DELLA COMMISSIONE
AFFARI SOCIALI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
di Matteo Mainardi
Quinta giornata di audizioni degli esperti in
Commissione Affari Sociali. Il tema è ancora quello delle DAT
ossia delle Direttive Anticipate di Trattamento. Nella seduta
dell'11 aprile, dopo la Federazione degli ordini dei medici, è
stata audita l'Associazione Luca Coscioni insieme
all'associazione "A buon diritto" e "Liberi di
decidere".
Riportiamo a seguire la sintesi degli interventi
della Federazione degli ordini dei medici e dei due
esperti nominati dall'Associazione Luca Coscioni, fermo
restando che, grazie a Radio Radicale, è possibile
riascoltare tutti gli interventi integrali cliccando qui.
Maurizio Scassola, vicepresidente
nazionale Ordine dei Medici: "I medici vengono
coinvolti in questo tema non solo come professionisti, ma come
persone. Ci si muove nel solco tra due autonomie non in
contrasto: quella della persona e quella del medico.
L’autonomia del medico non è quella di una casta, non vuol dire
“faccio quello che mi pare”, è bensì un’assunzione costante di
responsabilità della decisione presa. Se non sono d’accordo con
ciò che mi si chiede, io medico devo delegare qualcun altro che
possa rispettare i desideri del paziente. Me ne tiro dunque
fuori trovando qualcun altro che continui ciò su cui non sono
d’accordo. Il nostro codice di deontologia è un
riferimento giuridico per il medico, non è uno strumento
meramente disciplinare. Il cosiddetto testamento biologico è
già presente in tantissimi Comuni. Una legge sul tema può
essere un’opportunità di omogeneizzazione. Riteniamo utile il
valore giuridico delle DAT successivamente a un’informazione
medica.
Le DAT devono configurarsi come scelte libere da
poter revocare o cambiare. Non devono poter contenere richieste
eutanasiche. Le DAT vanno contestualizzate sotto il profilo
professionale per verificare la sussistenza o meno delle
valutazioni tecniche che le hanno supportate. Riteniamo
doveroso arrivare a un diritto mite come auspicato dalla
relatrice. Non possiamo ingessare il rapporto medico-persona.
La relazione di cura va fondata sull’alleanza terapeutica nel
rispetto del paziente. La nutrizione e idratazione sono
trattamenti di esclusiva competenza medica e devono essere
preceduti dal consenso informato. Il ruolo del medico non può
essere meramente esecutivo. Il medico è anch’esso persona. Il fiduciario
richiede una puntuale definizione del suo ruolo e il medico
deve avere libertà di coscienza. Le politiche di cura nel
fine vita in Italia hanno forti ritardi. Chiediamo al
legislatore che venga istituito un registro testamenti
biologici che abbia anche valore informativo. Il registro va
inserito in un progetto di ascolto e aiuto sociale. Una
provocazione: il consenso informato dovrebbe entrare nei LEA.
Dobbiamo avere il coraggio di impegnarci nel raggiungimento di
questo obiettivo. Come Federazione poniamo questioni, non
diamo punti perentori".
Venerando Cardillo, responsabile
UOCP / cure palliative terapia antalgica, ASL Novara, per
l'Associazione Luca Coscioni: "Ho passato
tanti anni ad occuparmi della vita degli altri. Tutte le volte
in cui sono intervenuto ho cercato di salvare la vita delle
persone "a prescindere". In alcuni casi strumento
inconsapevole di una scienza medica che aiuta l’uomo a vivere
di più e meglio ma che può creare situazioni straordinarie di
vita sospesa. Lo abbiamo sentito da altri oratori: in italia
sono 150.000 i morti per tumore ogni anno e c’è un altrettanto
grande popolazione di ammalati con malattie croniche,
degenerative e progressive. Tutti attraversano una fase
terminale con perdita di autonomia, fino alla dipendenza
totale, con sintomi gravi non sempre controllabili se non con
una sedazione palliativa. Accompagno tutti giorni pazienti che
non hanno più speranza se non quella di morire senza sofferenza
e con dignità. Il nostro compito è accompagnare con professionalità,
capacità, competenza e amore queste persone nell'ultimo tratto
di vita. Tutto nel rispetto della volontà del paziente.
Rispettare la volontà del paziente oggi, per alcune richieste,
non sempre è possibile. Alcuni dei miei pazienti chiedono una
legge che apra alla possibilità di decidere in tal senso. Non
vogliamo un pensiero unico a favore di questa o di quella tesi.
Nel caso dei pazienti da me assistiti ed in fase di
terminalità, se alimentazione e idratazione fossero imposte in
modo indiscriminato, porterebbero ad un’agonia sempre più lunga
e renderebbero ancora più necessaria l’esigenza di avere una
direttiva anticipata sulla volontà del paziente. Si indulge poi
su un rapporto medico-paziente. Non si tiene conto che spesso
quel rapporto non esiste, o non esiste nel modo in cui si
intende. Se in modo pilatesco affidassimo l'attuazione delle
direttive al medico, se pure in una relazione d'aiuto forte,
non avremo garanzia che la volontà del paziente, in un rapporto
comunque sbilanciato, sia rispettata. A maggior ragione se il
paziente non fosse in grado di intendere e di volere. Per
bilanciare il rapporto asimmetrico medico-paziente la
dichiarazione deve avere dignità di direttiva vincolante. Alla
fine della vita del paziente, non può essere il medico a
decidere. Certamente la scelta viene dettata dal buon senso e
dalla proporzionalità dell’intervento. Però, chi ci assicura
che questa eutanasia clandestina, in questo settore della
medicina e in altri, lasciata alla decisione del singolo, sia
rispettosa della volontà del paziente? Vogliamo regole
che normino questa zona grigia".
Marina Mengarelli, membro
della Direzione dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà
di ricerca scientifica: "Siamo davanti a un
fenomeno sociale in crescita, quello degli italiani che si auto
organizzano creando registri locali delle direttive anticipate
di trattamento. Questi coinvolgono al momento 12 milioni di
italiani, il 20% della popolazione. Tra le ricerche empiriche
di monitoraggio - dal 2007 al 2015 -, le opinioni favorevoli al
testamento biologico vanno dal 65 al 70% della popolazione. Le
scelte di fine vita riguardano le conseguenze dell’impatto
sociale della scienza. Il fine vita è diventato un’arco di
tempo che, con l’istituzionalizzazione della cura, ha trasferito
il letto del malato dalla propria casa all’ospedale. Nel 2011
la CEDU, a margine di una sentenza sugli ovociti in Austria, ha
chiesto ai legislatori norme leggere che devono essere poste
continuamente a revisione. Questo a causa dei cambiamenti e
della rapidità della scienza. C’è un principio di
autodeterminazione crescente nel nostro Paese. L'autonomia dei
cittadini è considerata come segnale del buon funzionamento
delle democrazie. Lasciar esprimere le autonomie fa bene ai
sistemi democratici. Un secondo indicatore è ricavabile dalle
relazioni di cura. In questo momento noi siamo in una
situazione di disagio di entrambe le parti coinvolte in questa
relazione. L’alleanza medico paziente aveva senso
nell’Ottocento, dove vigeva una medicina paternalistica. Oggi
abbiamo bisogno di altro. L’autodeterminazione deve essere
vestita dalle responsabilità e dalle conoscenze.
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