martedì 30 giugno 2020

     NESSUNO   TOCCHI    CAINO          
      no   alla   pena   di   morte       



1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : IRAN: CORTE SUPREMA CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE PER LE ‘PROTESTE DI NOVEMBRE’
2.  NEWS FLASH: TUNISI: SEMINARIO ‘VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE IN TUNISIA’
3.  NEWS FLASH: KENYA: DUE CONDANNE A MORTE COMMUTATE IN DIECI ANNI DI CARCERE 4.  NEWS FLASH: STATI UNITI: 1.344 DETENUTI SI TROVANO NEI BRACCI DELLA MORTE IN VIOLAZIONE DEI TRATTATI INTERNAZIONALI SOTTOSCRITTI DAGLI USA, SECONDO IL DPIC 5.  NEWS FLASH: TAIWAN: CONDANNA CAPITALE EVITATA IN UN CASO DI OMICIDIO E STUPRO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


IRAN: CORTE SUPREMA CONFERMA TRE CONDANNE A MORTE PER LE ‘PROTESTE DI NOVEMBRE’
La Corte Suprema iraniana ha confermato le condanne a morte che erano state emesse contro tre giovani in relazione alle proteste dello scorso novembre, ha riportato il 24 giugno 2020 il sito della Human Rights Activists News Agency (HRANA).

I tre giovani, che si chiamano Amir Hossein Moradi, Saeed Tamjidi e Mohammad Rajabi, erano stati condannati a morte dal Tribunale Rivoluzionario di Teheran il 25 e 26 gennaio 2020.
La notizia, non pubblicata sui media ufficiali, è stata comunicata alla HRANA da uno degli avvocati degli imputati, che però non ha voluto essere identificato.
Al momento la notizia non compare sulla pagina in inglese di HRANA.
I tre giovani, tutti intorno ai 20 anni, erano stati arrestati durante le proteste di novembre scaturite dal triplicare dei prezzi dei carburanti.
In primo grado Amir Hossein Moradi è stato condannato a morte con l'accusa di "complicità in vandalismo e incendio doloso con l'intenzione di agire contro la Repubblica Islamica dell'Iran", 15 anni di carcere e 74 frustate per l'accusa di "complicità in rapina a mano armata aggravata dall’aver agito di notte" e un anno di reclusione per l'accusa di "attraversamento illegale di confine".
Saeed Tamjidi e Mohammad Rajabi sono stati entrambi condannati a morte con l'accusa di "complicità in vandalismo e incendio doloso con l'intento di agire contro la Repubblica Islamica dell'Iran", 10 anni di carcere e 74 frustate per l'accusa di "complicità in rapina a mano armata aggravata dall’aver agito di notte" e a un anno di reclusione per l'accusa di "attraversamento illegale di confine".
Tamjidi e Rajabi infatti si erano rifugiati in Turchia, ma lo stato confinante non ha riconosciuto loro nessun tipo di protezione e li ha immediatamente rimandati in Iran. I tre imputati sono stati accusati di appartenenza all'organizzazione dei Mujahedin del Popolo (Mujahedin-e Khalq -MEK), organizzazione che il governo iraniano considera, senza fornire prove convincenti, “terroristica”. Un altro imputato nel caso, Mojgan Eskandari, è stato condannato all'ergastolo con accuse simili mentre un quinto imputato, il cui nome completo non è stato divulgato, è in attesa di processo.


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TUNISI: SEMINARIO ‘VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE IN TUNISIA’
Inizia a Tunisi il 25 giugno 2020 il seminario “Verso l’abolizione della pena di morte in Tunisia”, che rappresenta l’atto conclusivo del progetto sostenuto dall’Unione Europea volto a contenere la pena di morte in tempo di “guerra al terrorismo” nel Paese.
L’incontro, che si svolge presso l’Hôtel Golden Tulip El Mechtel di Tunisi, vedrà la presentazione di diversi studi e di un progetto di legge, cui seguiranno dei dibattiti:
“La pena di morte e il diritto alla vita nel diritto comparato e nelle leggi internazionali e regionali” - Dr. Hafidha Chekir e Dr. Wahid Ferchichi; Illustrazione di un progetto di legge relativo all’abolizione della pena di morte in Tunisia. - Dr. Hafidha Chekir e Dr.Wahid Ferchichi; Presentazione dello studio “La pena capitale in Tunisia, la moratoria è sufficiente? La condizione dei condannati a morte” - Ph. Khaled Mejri; Riflessione sulla strategia di sostegno relativa al progetto di legge per l’abolizione della pena di morte - Giudice Omar Weslati.


KENYA: DUE CONDANNE A MORTE COMMUTATE IN DIECI ANNI DI CARCERE La Corte d'Appello del Kenya il 19 giugno 2020 ha commutato in pene detentive le condanne a morte di due agenti di polizia riconosciuti colpevoli di aver ucciso un agente della polizia amministrativa e due parenti di un deputato.
I due sconteranno 10 anni di carcere ciascuno, invece della condanna a morte che era stata inflitta loro dall'Alta Corte di Nairobi nel 2018.
I poliziotti Benjamin Changawa e Stanley Okoti uccisero il poliziotto Joseph Obongo, che era di scorta all’ex deputato del Bomachog Joel Onyancha. Spararono anche a due parenti dell’ex deputato identificati come Geoffrey Mogoi e Amos Okenye a Kangemi, nell'ottobre 2014. Furono esplosi in tutto 12 colpi.
L’appello è stato accolto a maggioranza, con i giudici William Ouko e Agnes Murgor che si sono espressi a favore, mentre un terzo giudice ha votato contro.
"Secondo il nostro punto di vista ... il loro lungo servizio, rispettivamente di 30 e 20 anni, i loro registri di servizio senza procedimenti disciplinari contro di loro e il fatto che mantengano entrambi le proprie famiglie, siamo intenzionati ad accogliere il loro appello", hanno detto i due giudici.
Le tre persone decedute erano sospettate di aver rapinato un club di Kangemi e Changawa e Okoti, essendo di pattuglia, erano stati chiamati sul luogo. Una volta arrivati avrebbero aperto il fuoco contro le vittime.
Secondo gli agenti si trattava di ladri armati che avevano rifiutato di arrendersi, costringendoli a sparare.
L'accusa ha contrastato la loro tesi, dicendo invece che due delle persone decedute si erano arrese, mentre l’agente di polizia amministrativa aveva sparato in aria.
In primo grado la giudice Stella Mutuku aveva stabilito che, date le circostanze, i due agenti di polizia avrebbero dovuto usare metodi non violenti per arrestare i sospetti. Tutto questo dopo la conclusione da parte di un medico legale che i tre erano morti per ferite inflitte con armi ad alta cadenza di fuoco.
“Ritengo che gli imputati abbiano usato una forza non proporzionata all'obiettivo da raggiungere; cioè arrestare le persone che sono decedute", aveva detto Mutuku.
Aveva quindi riconosciuto i due poliziotti colpevoli di omicidio e li aveva condannati a morte. Gli agenti si sono allora rivolti alla Corte d'Appello nel tentativo di far annullare il verdetto di colpevolezza e le condanne capitali.
Davanti a un collegio di tre giudici, hanno sostenuto che il giudice del processo non è stato corretto nel riconoscerli colpevoli di omicidio. Uno dei tre giudici ha respinto l’appello, tuttavia i giudici Ouko e Murgor hanno deciso di commutare le condanne a morte in 10 anni di carcere.


STATI UNITI: 1.344 DETENUTI SI TROVANO NEI BRACCI DELLA MORTE IN VIOLAZIONE DEI TRATTATI INTERNAZIONALI SOTTOSCRITTI DAGLI USA, SECONDO IL DPIC Negli Stati Uniti 1.344 detenuti si trovano nei bracci della morte in violazione dei trattati internazionali sottoscritti dagli Usa, secondo un rapporto del Death Penalty Information Center (DPIC).
Il DPIC fa riferimento alla Inter-American Commission on Human Rights (IACHR), un organismo della Organization of American States (OAS) che esamina le potenziali violazioni dei diritti umani da parte dei paesi membri. In due recenti casi la IACHR ha definito “tortura” tenere un prigioniero nel braccio della morte per oltre 20 anni con il costante rischio di una imminente esecuzione.
Nel 2018, la IACHR ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno violato la American Declaration of Human Rights nel caso di Russell Bucklew, un detenuto del braccio della morte del Missouri. Nell'aprile 2020, la IACHR è tornata sull’argomento nel caso di Nvwtohiyada Idehesdi Sequoyah (precedentemente Billy Ray Waldon) nel braccio della morte della California da 27 anni. In entrambi i casi la sentenza della Commissione Inter Americana ha stabilito che i detenuti erano stati sottoposti a “punizione crudele e inusuale”, usando la formula “cruel or unusual punishment” che è esplicitamente citata (in quanto vietata) dalla Costituzione degli Stati Uniti.
Le sentenze stabilivano inoltre che procedere con le esecuzioni dopo tanto tempo trascorso nel braccio della morte avrebbe costituito un'ulteriore violazione dei diritti umani e raccomandavano come rimedio che le condanne venissero commutate in ergastolo.
Il DPIC ha riesaminato i dati relativi ai detenuti attualmente nei bracci della morte o già giustiziati.
Il rapporto ha rilevato, con i dati aggiornati al 1° gennaio 2020, che 1.344 delle 2.620 persone attualmente detenute nei 26 bracci della morte operanti (24 stati, più Militare e Federale) hanno superato il tetto dei 20 anni.
Inoltre, delle 1.518 esecuzioni effettuate alla stessa data, 191 sono state compiute contro persone che avevano superato i 20 anni nel braccio della morte.
Sommando i due dati, sono 1.535 le violazioni dei diritti umani compiute dagli Stati Uniti.


TAIWAN: CONDANNA CAPITALE EVITATA IN UN CASO DI OMICIDIO E STUPRO Un uomo che violentò e uccise una modella nel distretto Nangang di Taipei nel 2017 ha evitato la condanna a morte in un processo d’appello conclusosi il 23 giugno 2020, che ha visto invece la conferma della sua condanna all’ergastolo.
Nel febbraio 2017, Cheng Yu invitò una donna di 23 anni soprannominata Chen a un servizio fotografico previsto per l’inizio di marzo. Cheng utilizzò l'account Facebook della sua ragazza per inviare l'invito.
Il giorno del servizio fotografico, Cheng avrebbe portato Chen nello scantinato di un edificio, dove l'avrebbe violentata e strangolata. Cheng rubò il cellulare e le carte di credito della vittima, che in seguito usò per fare acquisti.
Nonostante i pubblici ministeri avessero chiesto la pena di morte per Cheng, nel processo di primo grado il tribunale distrettuale di Shilin aveva condannato l’imputato all’ergastolo.
Al fine di annullare quella sentenza e per ottenere la condanna a morte, è stato presentato un appello all'Alta Corte di Taiwan, che tuttavia il 23 giugno lo ha respinto. Se l’accusa volesse ancora chiedere la pena di morte per Cheng potrebbe rivolgersi alla Corte Suprema.
La portavoce dell'Alta Corte, Wang Ping-hsia, ha affermato che la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione Internazionale sui diritti sociali culturali ed economici sono state recepite dalla legislazione di Taiwan e che le azioni di Cheng non meritano una condanna a morte. Wang ha anche citato la valutazione psicologica di Cheng da parte di un esperto, secondo cui un'attenta supervisione ridurrebbe la possibilità di recidiva; pertanto l’alta corte ha ritenuto che non fosse necessaria la condanna capitale.

Enews 647, martedì 30 giugno 2020   

1. La più bella notizia di oggi viene da Cremona. Le sale negli ospedali sono piene. Ma non le sale della terapia intensiva, le sale parto! Ieri 15 bambini nati, un segnale di speranza. E, mentre ci sono meno di cento connazionali in terapia intensiva, l’Italia torna a vivere. Non c’è messaggio di speranza più grande di una sala parto piena di bebè. Bello, avanti tutta!

2. Sono ore importanti per il futuro dell’Europa. Angela Merkel assume la presidenza di turno dell’Unione e sarà un semestre decisivo non solo per il Recovery Fund. Intanto, in Polonia si gioca una partita rilevante per il futuro dello schieramento sovranista con il Presidente Andrzej Duda costretto al ballottaggio dal sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski. Qualcosa si muove, vediamo come finirà.

3. Anche per questo è fondamentale chiudere rapidamente la partita del MES, i 37 miliardi che servono alla nostra sanità e che, per un motivo ideologico, qualcuno vorrebbe buttare via. Finirà come è finita per gli 80€: per anni ci hanno detto che si trattava di una mancetta elettorale. Poi, dopo anni e anni, si sono convinti di aggiungere qualche euro e quella che era stata definita una mancetta è diventata una grande rivoluzione fiscale. Potenza del marketing! La politica è una cosa seria, per noi: diciamo sì al Mes, non rinviamo ancora.

4. Continuano le presentazioni del libro “La Mossa del Cavallo”. Da La Spezia a Chiavari, da Teramo a Napoli stiamo tornando in mezzo alla gente, in piazza. Chi vuole acquistare il libro online può farlo qui con la copia autografata o qui nella versione normale. Le prossime presentazioni saranno giovedì nelle Marche (San Benedetto del Tronto alle 18.30 e Recanati alle 21.30); venerdì in Toscana; lunedì nel Lazio (Santa Severa). Vi aspetto. E se vi va, dopo aver letto, scrivetemi ciò che ne pensate: matteo@matteorenzi.it.

5. Angolo istituzionale. Molti si arrabbieranno per ciò che sto per dire ma lo dico lo stesso. Deve essere chiaro che impedire a Matteo Salvini di parlare è un errore per la democrazia. Noi non condividiamo ciò che dice, ma in un Paese democratico il leader del primo partito italiano ha il diritto di parlare sempre e ovunque. E rimarcare questo, come ben ha fatto Roberto Giachetti, è un fatto di decoro istituzionale: a noi Salvini non piace, ma lui ha diritto di parlare. Punto. E allo stesso modo: ieri, Nicola Porro ha trasmesso uno scoop sul processo a Berlusconi. Non so quanto ci sia di vero in ciò che ieri è uscito a "Quarta Repubblica": un magistrato della Cassazione che ha firmato quella sentenza espone dubbi molto forti sulla fondatezza giuridica di quella decisione. Non so dove sia la verità ma so che un Paese serio su una vicenda del genere - legata a un ex Presidente del Consiglio - non può far finta di nulla. Non ho mai appoggiato i Governi Berlusconi e Berlusconi non ha mai votato la fiducia al Governo Renzi (a differenza di altri governi anche di centrosinistra): quindi, per me Berlusconi è un avversario politico. Ma, proprio per questo, è doveroso fare chiarezza su ciò che esce dagli audio di quella trasmissione e nessuno può permettersi il lusso di far finta di niente.



Pensierino della sera. Oggi, "Il Messaggero" pubblica questo articolo. Sintesi: con il nostro Governo le auto blu erano diminuite. Con il Governo dei populisti anticasta nel 2018 le auto blu sono tornate a crescere. Più 30% in due anni. Quanta retorica sulle auto blu. Quanti servizi televisivi indignati. Poi noi le abbiamo diminuite e i populisti le hanno aumentate. E tutti i talk naturalmente zitti. Parliamoci chiaro: il futuro dell’Italia non dipende dalle auto blu. Ma leggere notizie come queste, nel silenzio dei più, fa pensare a quanta vergognosa, strumentale antipolitica si sia fatta negli ultimi anni.



Un sorriso,

P.S. I ragazzi che vogliono partecipare invece alla seconda edizione di “Meritare l’Italia” possono farlo iscrivendosi già da adesso. Sarà un’edizione molto speciale, a Castrocaro, dal 26 al 28 agosto. Abbiamo spazio solo per 250 ragazze e ragazzi, purtroppo. Chi vuole si iscriva subito utilizzando questo link.



venerdì 26 giugno 2020


Enews 646, giovedì 25 giugno 2020   

Questa foto del figlio di Zanardi che tiene la mano a suo padre Alex dice tutto quello che c’è da dire.
Facciamo tutti il tifo per questo grande campione di umanità e di tenacia. Forza Alex!

1. Si è aperto il dibattito sulle tasse. Conte chiede di abbassare l'IVA, il PD preferirebbe interventi sul lavoro, Marattin ha rilanciato la nostra idea di intervenire su IRPEF. Tutto ciò che riduce le tasse va bene, ma certo è fondamentale essere concreti ed efficaci agendo velocemente. E, soprattutto, dobbiamo iniziare dal rinviare le scadenze che si possono rinviare, almeno al 30 settembre. Se dovessi poi indicare una priorità, è quella che ha giustamente indicato Teresa Bellanova per i settori di sua competenza: i soldi mettiamoli per valorizzare la decontribuzione più che il reddito di emergenza. Cioè riportiamo le persone a lavorare, altrimenti troppe strutture rimangono chiuse. Decontribuzione, decontribuzione, decontribuzione: riportiamo le persone al lavoro, in sicurezza certo, ma al lavoro. Altrimenti qui si va avanti di sforamento in sforamento senza una vera svolta. E tra le priorità, Italia Viva indica soprattutto il sostegno al mondo del turismo. Occorrono interventi strutturali. A cominciare dalla cancellazione dell’IMU sugli alberghi e dell’IRES per il 2020.

2. Fondamentale anche il lavoro che stiamo portando avanti sulle scuole paritarie. Al di là di ogni valutazione di merito: se salta il sistema delle paritarie, il prossimo anno la scuola pubblica non ha le risorse per aprire. Spero che questo sia chiaro ai profeti dell’ideologia. Italia Viva sta combattendo e continuerà a combattere in questa direzione. Sulla scuola sta crescendo l’insofferenza di tanti: cerchiamo almeno di evitare la beffa di iniziare l’anno con decine di paritarie chiuse e danni incalcolabili al nostro sistema educativo.

3. Il libro sta andando molto bene. Le presentazioni sono piene di gente (stiamo attenti alle regole, mi raccomando). Oggi sono a Teramo. Sabato in Liguria. Sono disponibili le ultime copie firmate, qui su IBS. E per chi vuole qui c’è il link per comprare il libro su Amazon. Chi vuole organizzare una presentazione, invece, può scrivere qui: presentazioni@matteorenzi.it.

Questione soldi alla politica. Abbiamo abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Alcune inchieste hanno criminalizzato il finanziamento privato. Oggi a noi non restano che due strade:

a. una donazione liberale, anche piccola, ma utile per dare respiro a un’esperienza politica. Chi vuole può farlo con un clic da qui;

b. scrivere C46 sulla dichiarazione dei redditi per destinare a Italia Viva il 2x1000. E siccome sono giorni di dichiarazioni, per noi è molto prezioso il vostro aiuto. Grazie!
Un impegno chiaro: trasparenza assoluta su tutti i soldi che riceveremo. Assoluta. Perché questo è il punto che fa la differenza, la trasparenza su come i soldi si spendono.

Sui temi della giustizia, ho fatto una intervista a “Il Dubbio”. Mi colpisce chi pensa di poter far finta di niente su ciò che sta avvenendo nella magistratura italiana dopo l’affaire Palamara.
Sui temi del Mezzogiorno, ho fatto una intervista a "Il Mattino", nel giorno della bella presentazione a Napoli.



Pensierino della sera. Proprio nelle ore di San Giovanni, giorno di festa per la città di Firenze, ci ha lasciati Luca Palandri. Era la mia ombra quando stavamo insieme a Palazzo Vecchio, occupandosi egli con passione e competenza del cerimoniale. All’inizio era un signor professionista, alla fine del percorso un grande amico. Mi piace ricordarlo chiedendo a tutti quelli che lo hanno conosciuto di fare del proprio meglio sul lavoro. Perché Luca era così. Cercava sempre di fare del suo meglio, senza risparmiarsi un solo momento. Di più, sempre di più. E in tempi di rassegnazione e pigrizia, Luca Palandri è stato un grande esempio.



Un sorriso,




sabato 20 giugno 2020

     NESSUNO   TOCCHI   CAINO      
     no   alla   pena   di    morte       




1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : LA VETRINA E IL RETROBOTTEGA DEL NEGOZIO DELL’#ANTIMAFIA 2.  NEWS FLASH: USA: 'BLACK LIVES MATTER', RAZZISMO O VIOLENZA SISTEMICA DELLA POLIZIA (E DEI PROCURATORI)?
3.  NEWS FLASH: SOMALIA: TRE MEMBRI DI AL-SHABAAB GIUSTIZIATI NEL PUNTLAND 4.  NEWS FLASH: IRAN: CINQUE GIUSTIZIATI A RAJAI SHAHR NELLO STESSO GIORNO 5.  NEWS FLASH: AUSTRALIA: GOVERNO ‘TRISTE E PREOCCUPATO’ PER IL CONNAZIONALE CONDANNATO A MORTE IN CINA 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


LA VETRINA E IL RETROBOTTEGA DEL NEGOZIO DELL’#ANTIMAFIA Dopo quelle di aprile e maggio, è convocata una terza riunione del Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino-Spes contra Spem sabato, 20 giugno 2020, dalle 9:30 alle 21:30 (con una pausa dalle 13:30 alle 15:00), sempre sulla piattaforma Zoom. La riunione sarà trasmessa anche in diretta su Radio Radicale e sui canali social YouTube e Facebook di Nessuno tocchi Caino.

Ricorderemo all'inizio Francesco Di Dio, entrato in carcere a 18 anni e lì morto dopo 30 anni di ergastolo ostativo.

Il negozio dell’antimafia ha la sua vetrina, ma anche un retrobottega. In vetrina è esposto il capo fine e nobile della lotta alla #mafia, mentre nel retrobottega è stipata la mercanzia grossolana comunemente usata nella lotta alla mafia. Non è proprio vero che il fine giustifica i mezzi. Accade invece che i fini più nobili, idee sacrosante siano pregiudicati e distrutti dai mezzi sbagliati usati per conseguirli. Noi siamo impegnati a scongiurare questa tragica eterogenesi dei fini che si rivelano l’opposto rispetto agli scopi originari.

Siamo convinti che sia possibile! Che sia possibile combattere la mafia senza minare i principi dello #StatodiDiritto e i diritti umani fondamentali. Che sia possibile prevenire il crimine senza distruggere il lavoro, la vita delle persone e delle imprese. Che sia possibile evitare l’infiltrazione mafiosa nella vita democratica senza annullare il voto e la partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Che sia possibile mettere gli individui pericolosi in condizione di non nuocere senza degradare in atti lesivi della dignità umana, tortura e trattamenti o punizioni inumane o degradanti.

A questo è dedicata la terza riunione del nostro Consiglio Direttivo, su due punti della Mozione generale del Congresso di Opera che non sono stati trattati nelle precedenti due riunioni e che richiamiamo testualmente:
1. Iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di ricorso alle alte giurisdizioni nazionali e sovranazionali, volte a superare l’armamentario emergenzialista speciale di norme e regimi quali il sistema delle informazioni #interdittive e delle misure di #prevenzione antimafia, e delle procedure di scioglimento dei comuni per mafia.
2. Iniziative volte all’abolizione dell’#isolamento, a partire dal regime di #41-bis e dell’isolamento diurno.
Partiremo, come sempre, dal vissuto delle persone.

Interverranno imprenditori vittime di misure interdittive e di prevenzione antimafia, Sindaci di Comuni sciolti per mafia, ex detenuti entrati al 41 bis da indagati e usciti da innocenti.

Prenderanno la parola gli avvocati difensori e giuristi che hanno studiato la materia. A tal proposito, ricordiamo il seminario del novembre 2019 all’Università di Ferrara in tema di “confische e sanzioni patrimoniali nella dimensione interna ed europea”. E siamo lieti della partecipazione importante al nostro Consiglio Direttivo e dell’interesse manifestato dalle cliniche legali del Dipartimento di Giurisprudenza della stessa Università a fornire supporto in relazione a casi concreti.

Discuteremo idee e proposte già avanzate in passato, ad esempio, quella di una “Marcia del sale” dei proposti, gli intervenienti, i terzi interessati, i dissequestrati, gli indebitati, i prevenuti, gli interdetti, i disciolti (di tale Marcia avremo un piccolo saggio nella riunione del Consiglio direttivo). Come pure l’idea di fare un documentario sulle vittime delle misure di prevenzione da portare a Strasburgo a supporto dei ricorsi incardinati davanti alla Corte Edu.

E poi c’è l’isolamento, sempre più mortifero nel nostro Paese, come ha documentato il Garante Nazionale delle persone private della libertà, coi 21 suicidi al 31 maggio – intanto saliti a 22! - un numero che ha superato quelli, alla stessa data, del 2019 (16) e del 2018 (18). La cella di isolamento è l’essenza del sistema penitenziario, il momento e il luogo in cui un individuo rischia di perdere, con la sua dignità, quel che è universalmente dichiarato diritto sacro: la vita, la libertà e la sicurezza della propria persona. Tant’è che l’isolamento è sempre più all’attenzione delle organizzazioni internazionali: dall’Assemblea generale dell’ONU che ha adottato le sue “Mandela Rules”, al Consiglio d’Europa che ha rivisto le sue “Prison Rules”. Tanto grave è il problema dell’isolamento nel nostro Paese che, un anno fa, per la prima volta, il Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa ha condotto una missione ad hoc.

Infine, c’è il 41 bis, macabro monumento della lotta alla mafia e quintessenza dell’isolamento. Totem intoccabile e indiscusso fino a oggi, il “carcere duro” ha però visto di recente cadere alcune sue più disumane e insensate prescrizioni, grazie all’opera della Corte Costituzionale che, nell’ultimo anno, prima ha consentito la cottura di cibi in cella e poi la possibilità di condividerli tra detenuti appartenenti allo stesso gruppo di socialità.

Segui questo Consiglio direttivo e dacci la forza per proseguire il nostro impegno volto a combattere la mafia senza minare i principi dello Stato di Diritto, iscrivendoti a Nessuno tocchi Caino e, se lo hai già fatto, aiutandoci a trovare almeno un altro iscritto.

ISCRIZIONE A NESSUNO TOCCHI CAINO (almeno 100 euro)

• Bollettino postale: intestato a Nessuno tocchi Caino, C/C n. 95530002 • Bonifico bancario: intestato a Nessuno tocchi Caino, IBAN IT22L0832703221000000003012 • PayPal: attraverso il sito www.nessunotocchicaino.it • Con carta di credito telefonando al 335 8000577

N. B. I contributi a Nessuno tocchi Caino sono deducibili dalle tasse in base al D.P.R. 917/86

5x1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO

• Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale”


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USA: 'BLACK LIVES MATTER', RAZZISMO O VIOLENZA SISTEMICA DELLA POLIZIA (E DEI PROCURATORI)?
Da alcuni anni Nessuno tocchi Caino pubblica il numero annuo di persone uccise dalla polizia. Il dato non è univoco, esiste una fonte “ufficiale”, che sarebbe l’ufficio statistico del FBI, e poi esistono alcuni siti, spesso collegati ad importanti testate giornalistiche, che lavorano sullo stesso argomento. Le loro cifre sono diverse.
Per molti anni le statistiche ufficiali delle persone uccise dalla polizia erano contenute nel rapporto annuale sulla criminalità pubblicato Bureau of Justice Statistics, una struttura all’interno del Federal Bureau of Investigation (FBI).
Il rapporto annuale, denominato “Crime in the United States” (CIUS), sotto la voce "justifiable homicides” (omicidi giustificati) indicava gli omicidi compiuti dagli agenti in servizio, e, a parte, dai privati cittadini per “legittima difesa”. L’opera dei siti indipendenti ha fatto venire alla luce il fatto che mentre il CIUS è fonte affidabile per gli omicidi “normali”, lo era molto meno per gli omicidi compiuti dalla polizia, stimati per molti anni a circa la metà dei dati reali.
I principali siti indipendenti che NtC consulta sono Fatal Encounters, Mapping Police Violence, Fatal Force e Killed by Police. Questi siti raccolgono i dati attraverso una accurata rassegna stampa anche di testate minori e locali. Fatal Force è forse il sito più “prestigioso”, visto che appartiene al Washington Post. Probabilmente però il sito più accurato, che fornisce dettagli che permettono di verificare ogni singola morte riportata, è Fatal Encounters. Fatal Encounters ha un database di oltre 28.200 vittime della polizia dal 1° gennaio 2000 ad oggi. Viene aggiornato una volta a settimana dal suo fondatore e direttore, il giornalista D. Brian Burghart. Burghart così descrive la “mission” del sito: “Credo che in una democrazia, i cittadini dovrebbero essere in grado di sapere quante persone vengono uccise dall’interazione con la polizia, perché, e se modificare l’addestramento o le linee guida della polizia possa essere un modo per diminuire il numero di ucci  sioni in cui è coinvolta la polizia”.
Secondo FE, le persone morte “nel corso di una interazione con la polizia” nel 2019 sono state 1.798, e quest’anno, con i dati aggiornati all’11 giugno, 928. Dividendo i casi secondo le cause della morte, nel 2019 1.346 persone sono state uccise “per arma da fuoco”, 31 “per taser”, 361 per “veicolo” (intendendo morte avvenuta nel corso di un inseguimento in auto), 8 per asfissia/strangolamento, e 52 per “altre cause”.
Nel 2020: 670 per arma da fuoco, 14 per uso del Taser, 212 “veicolo”, 6 per “asfissia” e 26 per altre cause.
Divise per sesso le vittime del 2019: 1.606 maschi, 176 femmine, 1 transgender, e 15 non specificati (perché il nome non è stato reso noto dalla polizia).
Del 2020: 828 maschi, 88 femmine, 1 transgender, 8 non specificati (perché il nome non è stato reso noto dalla polizia).
Divise per razza, le vittime del 2019: 628 “bianchi euro/americani”, 424 “neri afro/americani”, 233 “ispanici/latini”, 455 di “razza non specificata”, 16 “nativi americani o alaskani”, 4 “mediorientali”, 38 “asiatici o delle isole del Pacifico”.
Del 2020: 292 “bianchi euro/americani”, 184 “neri afro/americani”, 88 “ispanici/latini”, 349 di “razza non specificata”, 5 “nativi americani o alaskani”, 2 “mediorientali”, 8 “asiatici o delle isole del Pacifico”.
Divise per età, nel 2019, di 116 vittime non si conosce l’età, 14 avevano meno di 12 anni, 49 tra i 13 e i 17 anni, 140 tra i 18 e i 21, 421 tra i 22 e i 30, 754 tra i 31 e i 50, 262 tra i 51 e i 70, 40 tra i 71 e i 91. Le 2 vittime più giovani avevano 1 anno, le 2 più anziane 91.
Nel 2020, di 98 vittime non si conosce l’età, 6 avevano meno di 12 anni, 26 tra i 13 e i 17 anni, 69 tra i 18 e i 21, 206 tra i 22 e i 30, 382 tra i 31 e i 50, 126 tra i 51 e i 70, 15 tra i 71 e gli 89. La vittima più giovane aveva 1 anno, la più anziana 89.
Secondo Fatal Encounters, dal 2013 la polizia uccide ogni anno una media di 1.730 persone. Alcuni casi clamorosi nel corso degli anni hanno originato proteste, anche molto estese, che hanno avuto attenzione dai media di tutto il mondo, ma, stando alle cifre, non hanno generato nessun cambiamento nella linea di condotta della polizia, e dei procuratori distrettuali, che solo in rarissime occasioni avviano un’azione giudiziaria contro gli agenti coinvolti. Occorre infatti ricordare che negli Stati Uniti tutti i comandanti di polizia sono eletti dal popolo, così come lo sono i rappresentanti della pubblica accusa. Se la polizia uccide così tanto, e se i procuratori non perseguono gli agenti, se ne deve dedurre che questo comportamento è considerato “opportuno” dagli elettori statunitensi.
Uno studio del 2015 condotto congiuntamente dal Washington Post e dalla Bowling Green State University aveva calcolato che negli ultimi 10 anni solo 54 agenti di polizia erano stati formalmente accusati di omicidio. Dei 54 poliziotti, 23 erano poi stati assolti, 12 condannati, e per 19 il procedimento era ancora aperto. Nei casi di condanna, la pena media era stata 4 anni. Philip M. Stinson, un criminologo della Bowling Green State University in Ohio ha aggiornato quello studio, ed ha rintracciato solo 110 agenti “non federali” accusati di omicidio o omicidio colposo dal 2005 ad oggi. Dei 110, 42 sono stati condannati, spesso per un reato minore, 50 sono stati assolti o “licenziati”, mente i restanti casi sono ancora aperti.
Dati aggiornati sono forniti anche da mappingpoliceviolence.org: per il 99% dei casi nei confronti degli agenti non viene avviata un’azione giudiziaria, e nel restante 1% dei casi, solo un processo su 4 è terminato con una condanna. Ossia, il 99,75% degli omicidi compiuti da agenti non viene sanzionato penalmente.
Mappingpoliceviolence ricava i suoi dati confrontando FatalEncounters.org, U.S. Police Shootings Database (che però non ha dati recenti) e KilledbyPolice.net (che per il 2019 conta 1.004 uccisioni). Mapping per il 2019 conta un totale di 1.098 persone uccise dalla polizia. Mapping valuta che il 24% delle vittime sia “nero”, nonostante i neri costituiscano solo il 13% della popolazione Usa. Mapping, confrontando le vittime della polizia con la popolazione complessiva, calcola che il tasso di omicidi che colpisce i neri è del 6,6 per milione di abitanti, gli ispanici del 3,8, e i bianchi del 2,5.
Mapping ricorda che in teoria una recente legge, Death in Custody Reporting Act, imporrebbe alla polizia, o meglio, alle oltre 18.000 polizie locali degli Usa, di rendere disponibili i dati sulle persone morte “mentre sotto la custodia della polizia”. In realtà, dice Mapping, “le forze dell'ordine in tutto il paese non sono riuscite a fornirci nemmeno le informazioni di base. Non è chiaro se i dipartimenti di polizia si conformeranno effettivamente a questo obbligo e, anche se decidono di riportare queste informazioni, potrebbero passare diversi anni prima che i dati siano completamente raccolti, compilati e resi pubblici”.
Dal 2013 al 2019 secondo FE la polizia ha ucciso 12.110 persone. Nello stesso arco di tempo gli Stati Uniti hanno compiuto 192 esecuzioni.
Questo significa che la polizia, prima ancora di un processo, ha ucciso 63 volte più persone di quante ne siano state messe a morte a seguito di una procedura giudiziaria. Questo è un ulteriore paradosso del costosissimo sistema della “pena capitale” negli Usa: una volta arrestato, un imputato, se rischia una condanna a morte, ha diritto ad un surplus di garanzie rispetto ad un imputato normale. Questo surplus di garanzie fa sì che portare un imputato dall’arresto all’esecuzione costi 3 volte di più che non mantenerlo tutta la vita in carcere con una condanna all’ergastolo senza condizionale. Come se non bastasse, questo surplus di garanzie, tutte confermate più volte dalla Corte Suprema, è inutile se poi si lascia carta bianca alla polizia che uccide migliaia di persone solo “sospettate” di un reato, spesso nemmeno di un reato grave.
In queste settimane, dopo il video che mostrava l’uccisione di George Floyd, seguita nei giorni successivi da altri video altrettanto espliciti contro altri uomini di colore, in tutto il mondo si è manifestato all’insegna dello slogan “Black Lives Matter”. Il movimento Black Lives Matter fu fondato nel luglio 2013, dopo l’assoluzione dell’uomo (non un agente) che, nel 2012, aveva ucciso Trayvon Martin, un diciassettenne afroamericano estraneo a qualsiasi comportamento violento. Il tema del razzismo della polizia è certamente importante, ma non basta da solo a spiegare tutto. Come abbiamo detto in precedenza, Fatal Encounters elenca 28.200 vittime della polizia dal 1° gennaio 2000 ad oggi. Queste vittime sono 13.337 bianche, 7.612 nere, 4.556 ispaniche, e altre circa 2.500 di altre minoranze o non specificate. Se le vittime bianche sono, come numeri assoluti, quasi il doppio di quelle nere, non ci si può limitare a dire che la polizia sia “razzista”. Il vero proble  ma sembra essere che la polizia spara a tutti, lo fa da molti anni, e da molti anni i capi della polizia vengono rieletti, e vengono rieletti i procuratori che non fanno nulla per modificare questo trend.
Un esaustivo articolo del Washington Post dell’8 giugno (https://www.washingtonpost.com/investigations/protests-spread-over-police-shootings-police-promised-reforms-every-year-they-still-shoot-nearly-1000-people/2020/06/08/5c204f0c-a67c-11ea-b473-04905b1af82b_story.html) tocca tutti i punti di cui sopra, e aggiunge una propria analisi: gli scandali sull’uso eccessivo della forza negli anni passati hanno portato ad una diminuzione dei morti per “interazione con la polizia” nelle grandi città, ma ad un aumento nelle aree rurali, con il risultato che, nel complesso, i morti non calano. Secondo WP, è evidente che nelle aree metropolitane il processo di selezione, anche politica, dei capi della polizia è più strutturato, mentre nelle aree isolate e rurali le cose cambiano più lentamente.
Il Washington Post, notoriamente una testata “liberal”, è attento nel ricordare ai suoi lettori che negli Stati Uniti vengono compiuti ogni anno in media tra i 14.000 e i 15.000 omicidi “volontari”, e che quasi 40.000 persone l’anno muoiono a causa delle armi da fuoco. Rapportati a questi numeri le morti causate dalla polizia, scrive WP, “sono una piccola percentuale”.
“Statista”, una importante testata USA, nel settembre 2019 ha pubblicato i propri dati sugli omicidi avvenuti negli Usa nel 2018. Statista ha contato 14.123 omicidi di primo o secondo grado, escludendo quindi i preterintenzionali e i colposi (https://www.statista.com/statistics/251877/murder-victims-in-the-us-by-race-ethnicity-and-gender/).
(Fonti: Nessuno tocchi Caino, 14/06/2020) Per saperne di piu' :

SOMALIA: TRE MEMBRI DI AL-SHABAAB GIUSTIZIATI NEL PUNTLAND Tre uomini sono stati di recente giustiziati in pubblico nel Puntland, regione autonoma della Somalia, dopo essere stati condannati a morte dall’Alta Corte di Bossaso, secondo quanto riferito da Radio Dalsan il 14 giugno 2020.
I tre avevano trascorso un periodo in una prigione di Bossaso, dopo essere stati catturati nel corso di combattimenti nella regione di Bari, mentre combattevano contro le forze armate del Puntland.
Erano stati accusati di essere membri della rete terroristica di Al-Shabaab.
I tre giustiziati sono stati identificati dall'Alta Corte del Puntland come Bishar Mohamed Hassan, Abdihakim Mohamed Farah e Mohamed Hassan Bare.
Le autorità del Puntland sono attualmente impegnate sul proprio territorio in un conflitto contro Al-Shabaab e ISIS.


IRAN: CINQUE GIUSTIZIATI A RAJAI SHAHR NELLO STESSO GIORNO Cinque uomini sono stati impiccati il 10 giugno 2020 nella prigione di Rajai Shahr, in Iran.
La notizia è stata riportata da Iran Human Rights, che cita come fonte primaria il quotidiano iraniano “Hamshahri”.
Tutti e cinque erano accusati di omicidio. Mentre Hamshahri non identifica i giustiziati, IHR, da fonti proprie, ha identificato Hamidreza Vafaei e Reza Nowzari.
Al momento nulla si sa degli altri tre.
La prigione di Rajai Shahr, un tempo più nota come Gohardasht, si trova a Karaj, a 20 chilometri da Teheran. In questa prigione sono state compiute il 24% delle esecuzioni iraniane degli ultimi 5 anni. Solo nel 2020, sono 34 su un totale di 108.


AUSTRALIA: GOVERNO ‘TRISTE E PREOCCUPATO’ PER IL CONNAZIONALE CONDANNATO A MORTE IN CINA Il primo ministro australiano ha dichiarato il 16 giugno 2020 che il suo governo è "molto triste e preoccupato" per la condanna a morte in Cina di un cittadino australiano per traffico di droga, e di aver ripetutamente sollevato con Pechino il caso del 56enne ex attore e speaker motivazionale.
Karm Gilespie fu arrestato nel 2013 all'aeroporto Baiyun nella città cinese meridionale di Guangzhou con l'accusa di aver tentato di imbarcarsi su un volo internazionale con oltre 7,5 kg di metanfetamina nel suo bagaglio.
Il Tribunale Intermedio del Popolo di Guangzhou ha annunciato il 14 giugno che Gilespie è stato condannato a morte e di aver ordinato la confisca di tutti i suoi beni personali.
Il primo ministro Scott Morrison ha dichiarato che il ministro degli Esteri Marise Payne e altri funzionari australiani hanno sollevato il suo caso con le controparti cinesi in diverse occasioni.
"Io e il governo siamo molto tristi e preoccupati poiché un cittadino australiano, Karm Gilespie, è stato condannato a morte in Cina", ha detto Morrison al Parlamento.
“Continueremo a fornire assistenza consolare a Gilespie e ad impegnare la Cina sul suo caso. I nostri pensieri sono con lui, la sua famiglia e i suoi cari", ha aggiunto.
Questa condanna a morte giunge in un periodo in cui le relazioni bilaterali sono sottoposte a una straordinaria tensione per la richiesta dell'Australia di un'indagine indipendente sulla pandemia di coronavirus, iniziata in Cina alla fine dell'anno scorso.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha dichiarato il 15 giugno che la sentenza non è correlata a tali tensioni.
"L'applicazione della pena di morte ai reati di droga che causano danni estremamente gravi può aiutare a scoraggiare e prevenire i reati di droga", ha detto Zhao.
L'Australia dovrebbe "rispettare seriamente la sovranità giudiziaria cinese. E il caso sopra menzionato non ha nulla a che fare con le relazioni bilaterali ", ha concluso.

Enews 645, sabato 20 giugno 2020   


Finalmente un weekend di sole! Auguro a chi può di goderselo. Io sarò in giro per il libro “La Mossa del cavallo” (anche questa settimana primi nella classifica saggistica, grazie!). Qui il link per chi vuole acquistare copia firmata, qui link Amazon. Ma abbiamo finalmente iniziato con le presentazioni fisiche, non più solo virtuali. Ieri Montecatini, ieri l’altro Roma, oggi Forte dei Marmi, domani la mia Firenze, lunedì Chiusi, martedì Napoli. Bellissimo rivedere le persone condividere la piazza, stare insieme, tornare a essere popolo. Davvero. Una grande emozione, grazie.
Ieri il primo pensiero della serata ovviamente è stato per Alex Zanardi. Tutte le volte che l’ho incontrato sono rimasto colpito dalla sua forza d’animo, dalla sua grandezza. Un grande italiano, un gigantesco campione. Ha usato un’immagine bellissima Roberto Vecchioni: “Lo porterei su Marte per far vedere agli alieni che cos’è un uomo”. Non ci sono altre parole possibili, oggi: solo lacrime e per chi crede preghiere.
Sempre a Montecatini abbiamo ringraziato Teresa Bellanova per una scelta che è stata poco considerata dalla stampa ma che è la vera scelta strategica, che dovrebbe essere copiata non solo per il settore di Teresa. La Ministra userà 400 milioni di € non per fare operazioni spot o contributi a pioggia al settore ma per promuovere la decontribuzione. Gli imprenditori interessati al provvedimento, insomma, non pagheranno i contributi per il 2020 e questo agevolerà la possibilità di mantenere i posti di lavoro. Perché serve la decontribuzione, non la cassa integrazione. Con la decontribuzione si dà una mano vera a salvare i posti di lavoro e si dà un sollievo vero alle aziende. La scelta che ha fatto Bellanova dovrebbe essere fatta anche da tutti gli altri. E del resto – come scrivo ne “La Mossa del Cavallo” – la decontribuzione è stata la colonna del JobsAct. Ed è la misura più urgente per aiutare quelle imprese che vogliono rimettersi in marcia. Grazie Teresa. E speriamo che altri colleghi ministri ti copino: le buone idee sono patrimonio di tutti.



Pensierino della sera. Ho fatto il mio intervento in Senato. Ho detto alcune cose anche forti: io per esempio credo che il mondo stia sottovalutando il rischio di un attacco cyber potenzialmente più nocivo di una pandemia. O che le donne dell’Europa abbiano salvato questo continente a cominciare dalla triade Merkel-Lagarde-VonDerLeyen. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate: qui c’è il video.




Un sorriso,
PS Dovunque vada, incontro persone che mi chiedono “Perché non avete riaperto prima le scuole?” A me sembra di sognare, ricordando come sono stato trattato quando qualche mese fa ho chiesto su Avvenire di ripartire proprio dall’educazione. Ero l’unico che chiedeva di riaprire e ho ricevuto critiche, in alcuni casi anche dagli amici del popolo delle enews. Mi piacerebbe capire di più. Studenti, genitori, professori: chi può mi scriva le proprie opinioni sulla situazione della scuola. Ci tengo, per me questa è la sfida più grande. L’email: matteo@matteorenzi.it






giovedì 18 giugno 2020

    FILIPPO LIPPI - Pala Barbadori - Museo Louvre - parigi 


La Pala Barbadori (Madonna col Bambino, angeli, san Frediano e sant'Agostino) è un'opera, tempera su tavola (208x244 cm) di Filippo Lippi, datata al 1438. È conservata al Museo del Louvre di Parigi a seguito delle spoliazioni napoleoniche nel Granducato di Toscana, mentre i tre scomparti della predella vennero portate agli Uffizi di Firenze.

Storia

Gherado di Bartolomeo Barbadori, morto senza figli nel 1429, lasciò i suoi averi ai Capitani di Orsanmichele perché realizzassero a Santo Spirito una cappella dedicata a san Frediano, patrono del quartiere. La cappella venne costruita nella vecchia sagrestia della chiesa e il 7 luglio 1433 si decise di collocarvi una pala. L'opera venne commissionata al Lippi in un momento imprecisato, ma alcuni documenti indiretti indicano l'autore al lavoro sull'opera nel 1437, mentre la lettera a Piero de' Medici di Domenico Veneziano del 1º aprile 1438 cita la pala come non ancora finita.
L'opera restò in Santo Spirito e poi alle Gallerie dell'Accademia fino al 1810, quando venne smembrata e asportata dall'esercito francese come oggetto delle spoliazioni francesi, da allora é esposta al Louvre, mentre le predelle sono agli Uffizi.

Descrizione e stile

Dettaglio del manto della Vergine
La tavola si dispiega unitaria, ma vi è un accenno alla forma tradizionale dei trittici negli archi della parte superiore e nella tripartizione tramite colonne.
Lippi innovò profondamente l'iconografia della Maestà (Madonna in trono col bambino) facendo alzare in piedi la Vergine, in un rinnovato rapporto tra madre e figlio, e facendo della sua figura il perno dell'intera composizione. L'insieme può sembrare a prima vista dispersivo, ma a un'osservazione attenta si snoda simmetricamente sui suoi lati, con precise corrispondenze. L'unità della composizione è data quindi dall'andamento ritmico delle linee di contorno, un elemento sul quale si focalizzerà sempre maggiormente la pittura del Lippi, affievolendo gradualmente la lezione masaccesca nel dare forte sbalzo volumetrico alle figure, quasi come fossero statue. In quest'opera e ancora maggiormente nei lavori successivi, le ombre sembrano avvolgere morbidamente le figure e modulare i colori con molti passaggi intermedi, dando un effetto di rilievo più delicato.
Il Lippi si ispirò anche alla moderna statuaria: l'angelo sulla sinistra, intento a rialzarsi la veste, è ripreso dal gruppo statuario dei Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco, in una nicchia di Orsanmichele.
Originale, per quegli anni, è anche la sostituzione del fondo oro con una quinta architettonica, operata in quegli stessi anni anche da Beato Angelico, con una finestra che si apre sul paesaggio collinare esterno derivata dalle opere fiamminghe. La nicchia a conchiglia sullo sfondo, elemento tipico del Quattrocento fiorentino e di Lippi in particolare, venne ispirata dalla nicchia del tribunale della Mercanzia in Orsanmichele, opera di Donatello.
I santi inginocchiati sono a destra da sant'Agostino e a sinistra da san Frediano, messi in posizione obliqua. A sinistra, dietro la balaustra, comparirebbe un autoritratto del pittore nella figura del monaco fanciullo.