martedì 31 marzo 2020


 

Bentrovati alla E-news dell'ultimo giorno di marzo.

Che mese incredibile abbiamo vissuto: resterà a lungo nella memoria collettiva di tutti noi.
E che dolore per la strage soprattutto di anziani: dodicimila morti, ad ora, in Italia.
È stato emozionante quest’oggi vivere il minuto di silenzio proposto dagli amministratori di Bergamo. Passata l’emergenza dovremo ricordare chi ci ha lasciato e capire meglio le ragioni di quanto è successo anche in Italia, soprattutto in Italia.

Nei giorni scorsi ho cercato però di cambiare i contenuti della discussione politica.
Dobbiamo pensare anche a come riaprire, non solo a seguire gli eventi.
Prevedere, non solo rincorrere.
Quando sabato è uscita l’intervista su "Avvenire" in molti mi hanno attaccato. Molti, moltissimi.
Ma, in appena 48 ore, l’esigenza di riflettere sul dopo ha iniziato a farsi strada.
Io che non ho paura di andare controcorrente, insisto. E continuo a ribadire senza tregua.

Qui trovate:

A) Video intervista da Barbara Palombelli su Rete4
B) Video intervista da Myrta Merlino su La7
C) Intervista al Foglio
D) Intervista al Corriere
E) Intervista a TPI
F) Intervista a Huffington Post.



Ogni settimana che stiamo fermi costa lo 0.75% del PIL, secondo Confindustria.
Sono più di 10 miliardi a settimana.
E ogni settimana di blocco si avvicina il sogno di Beppe Grillo del reddito universale per tutti: io invece penso che sia giusto dare lavoro, non assistenzialismo.

Perché cerchiamo di essere sintetici:

I. Dovremo convivere per mesi, forse anni, col Covid19. Chi vi racconta il contrario mente sapendo di mentire.
II. Non possiamo restare chiusi in casa per anni ma dobbiamo trovare un modo per uscire in sicurezza e lavorare rispettando le regole.
III. Per farlo bene, bisogna evitare gli errori fatti durante l’emergenza sanitaria. E dunque bisogna organizzarsi e prevedere, non solo rincorrere.

Ecco perché avanzo dieci idee concrete sul COME ripartire.
Perché per me la politica è proposta coraggiosa, non sondaggismo esasperato.
Mi critichino pure, ma almeno si confrontino sulle idee!

Un decalogo per ripartire.

1. Le aziende che hanno mascherine, protezioni e rispettano le distanze sociali possono ripartire, anche prima di Pasqua se sono pronte. Se rispettano le regole, ovviamente. E se hanno tutti i dispositivi. Tra queste aziende mi piacerebbe tanto che riaprissero le librerie, vere e proprie farmacie dell’anima. Se proprio non vogliono prima di Pasqua, almeno subito dopo.

2. Chi ha già gli anticorpi dovrebbe poter circolare liberamente. Questo vale per chi è guarito e ha la certificazione del doppio tampone. Ma anche per chi ha fatto il test sierologico e ha scoperto di aver contratto il Covid in modo asintomatico. Secondo un recente studio inglese, questi rappresentano il 10% della popolazione. Significherebbe che sei milioni di italiani hanno già avuto il Covid e possono girare liberi. Servono screening di massa, subito.

3. Lo Stato deve dare garanzie alle Banche e le Banche devono dare subito – senza moduli, senza autocertificazione, senza lungaggini burocratiche – una cifra tra il 20 e il 25% del fatturato dello scorso anno e questa cifra va restituita senza interessi, in 100 rate mensili, a partire dal 2022.

4. Le Terapie intensive disponibili devono essere 12.000. Erano 4.500 quando siamo partiti, 9.000 adesso grazie a un lavoro straordinario fatto in emergenza. Se arriviamo a quota 12.000 siamo probabilmente in grado di contenere la seconda ondata del contagio.

5. La riapertura e l’uscita dalle case deve avvenire nei giorni successivi alla Pasqua, magari il 14 aprile che è il martedì successivo alla Pasquetta. I bambini devono avere un’ora d’aria da subito (firma anche tu la petizione proposta da due nostri giovani parlamentari, Marco Di Maio e Sara Moretto, che hanno ripreso un'idea lanciata dalla Ministra Elena Bonetti). Le persone con più di 70 anni dovranno uscire due settimane più tardi. Non faremo Pasqua con i nonni, ovviamente. A tutela dei nonni stessi, non per cattiveria, sia chiaro.

6. Le scuole devono ripartire a maggio, almeno per le classi di terza media e quinta superiore. Per la riapertura deve essere garantito lo screening di tutti gli studenti e di tutti i professori. Non ci si deve arrendere alla cultura del 6 politico ma va assicurata a tutti la valutazione per il corrente anno.

7. Mentre si attende la ripartenza, lo Stato deve passare un miliardo di euro ai comuni per rimettere in ordine le strade e un miliardo di euro agli enti locali per rimettere in ordine le scuole. Naturalmente, nei cantieri, deve essere garantita la piena sicurezza dei lavoratori. Le gare devono svolgersi in un giorno e devono riguardare i progetti già pronti. Anci e Ance vanno coinvolti in questo progetto a forte impatto sulla vita delle famiglie e in grado di migliorare la qualità della vita di tutti noi e attenuare il crollo del PIL.

8. Deve partire subito il Piano Shock da 120 miliardi di € di cui parliamo da novembre e che trovate qui. Le infrastrutture, le opere pubbliche, le reti anche tecnologiche guideranno la ripartenza dell’Italia. Purché siano realizzate con commissari, non con procedure burocratiche insopportabili. Del resto, a Milano, coordinati da Guido Bertolaso, hanno fatto un ospedale in 10 giorni.

9. Chi è in difficoltà deve essere aiutato dalla rete del terzo settore, dai comuni, dai soggetti dell’Alleanza contro la povertà. Ma occorre da subito non solo l’estensione della cassa integrazione ma anche il rinvio di mutui e tasse da farsi automaticamente, senza la necessità di portare moduli su moduli in banca. Deve scattare automatismo, non autorizzazione.

10. In questi giorni il Parlamento deve essere perfettamente operativo, naturalmente in piena sicurezza per tutti. E per questo è fondamentale che l’eventuale via libera alla Tracciabilità dei dati sanitari passi da un esplicito voto parlamentare, non da un provvedimento del Governo. Ed è necessario che vi sia da subito un impegno esplicito per fare una commissione di inchiesta su ciò che non ha funzionato, dagli approvvigionamenti delle mascherine alle vendite allo scoperto in borsa, alla gestione delle carceri nei giorni della rivolta.

Come vedete, Italia Viva (per iscriversi qui, per sostenere qui, per scrivere qui) fa proposte, non polemiche. Proposte concrete. Per noi fare politica significa questo: proporre. Anche quando tutti gli altri ti insultano. Anche perché spesso chi ti insulta lo fa perché non ha idee. E dunque si limita a contestare le tue.



Pensierino della sera. Va di moda dare la colpa all’Europa. Ma non è così, amici. Io spero che facciano gli Eurobond. Ma anche se gli Eurobond non ci saranno, l’Europa conserverà intatta la sua importanza per noi. Se non ci fosse la Banca Centrale Europea oggi l’Italia sarebbe molto vicina al default. Quindi non credete a chi vi dice che è tutta colpa dell’Europa. Basta con questo populismo antieuropeo. Leggo messaggi su chat e catene di Whatsapp imbarazzanti. Basta con la retorica antieuropea! Poi ovviamente, dopo aver visto ciò che hanno fatto Victor Orban in Ungheria e Edi Rama in Albania, ho pensato che sarebbe bellissimo fare a cambio. Fuori l’Ungheria dei sovranisti, dentro l’Albania della solidarietà: noi combatteremo per questo.


Un sorriso,
P.S. Ci vediamo domani in Senato per l’intervento dopo il ministro Roberto Speranza. E. da giovedì. tornano le dirette serali su Facebook e Instagram, con messaggi Whatsapp in diretta al 366-4456507. Dalle 23.00, giusto prima di andare a letto, continuiamo con le nostre dirette Leopolda Web.




  FILIPPINO LIPPI, PIETRO PERUGINO - DEPOSIZIONE - GALLERIA ACCADEMIA - firenze 

Il Polittico dell'Annunziata (Deposizione dalla croce e Assunta nei pannelli principali) è un dipinto a olio su tavola (334x225 cm il pannello centrale) avviato da Filippino Lippi e completato, dopo la sua morte, da Pietro Perugino, datato 1504-1507 e conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze (Deposizione dalla croce) e nella basilica della Santissima Annunziata (Assunta).

Storia

Il dipinto venne commissionato a Filippino per l'altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata a Firenze. Alcuni anni prima, per la stessa destinazione, Filippino aveva ceduto l'incarico a Leonardo da Vinci, che completò un cartone con Sant'Anna, la Vergine, il Bambino e l'agnellino (perduto, già indicati dubitativamente nel Cartone di Burlington House o nel dipinto del Louvre), prima di abbandonare l'opera partendo al servizio di Cesare Borgia (1502). La commissione ritornò quindi a Filippino, che però impostò un'opera completamente diversa, partendo dalla Crocifissione. Con la morte dell'artista, nel 1504, il lavoro, già avviato nella pala centrale, venne affidato a Perugino, che lo completò, compresi i pannelli minori, nel 1507. L'artista umbro si servì di un aiuto, che secondo Adolfo Venturi potrebbe essere stato Andrea d'Assisi, e secondo il Gamba il giovane Raffaello (quest'ultima ipotesi non ha avuto seguito nella critica successiva).
L'opera venne ferocemente criticata dai fiorentini per la ripetitività della composizione. Il Vasari raccontò che il pittore si difese così: "Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute: se ora vi dispiacciono e non le lodate più che ne posso io?".
In effetti in quegli anni Perugino aveva accentuato l'uso e il riuso dei medesimi cartoni, impostando la qualità non tanto sull'invenzione quanto nell'esecuzione pittorica, almeno quando l'intervento di bottega era assente o limitato. Però col nuovo secolo la varietà d'invenzione era diventata un elemento fondamentale, in grado di fare il discrimine tra gli artisti di primo piano e quelli secondari. Nei grandi centri italiani (FirenzeRoma e Venezia) le novità si manifestavano ormai una dietro l'altra a ritmo velocissimo e quelle opere che non portavano novità venivano respinte. Essendo quindi Perugino legato ancora a norme di comportamento quattrocentesche, venne presto superato, mentre si apriva la stagione dei grandiosi successi di Leonardo da Vinci e, di lì a poco, degli altri geni come Michelangelo e Raffaello Sanzio.
La Pala dell'Annuziata fu infatti l'ultima opera fiorentina del Perugino: dopo un breve soggiorno a Roma l'artista si ritirò nella meno esigente provincia umbra.


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La pandemia in corso minaccia anche le nostre libertà.

Mai come oggi, chi vorrebbe esercitare il diritto di scegliere dall'inizio alla fine della vita -dall'aborto all'eutanasia- rischia di subire soprusi e violenze, che si aggiungono ai danni diretti del covid19 per la salute e l'economia.

Dall'inizio della crisi, come Associazione Luca Coscioni abbiamo investito ogni sforzo innanzitutto per produrre conoscenza scientificamente fondata, attraverso gli incontri pubblici del sabato con scienziati e Parlamentari, le interviste di Agenda Podcast e il Maratoneta, l'intelligenza artificiale CitBot.

Oggi, insieme a te, possiamo rafforzare questa azione e avanzare proposte, come quelle che rivolgiamo al Parlamento italiano ed europeo e all'Organizzazione Mondiale della Sanità per attuare misure adeguate anche a livello transnazionale.

So bene che molte persone adesso non dispongono nemmeno del necessario per fare fronte alle esigenze della vita. A loro va il mio incoraggiamento a resistere. Nel caso invece ti fosse possibile contribuire con una donazione o  con l'iscrizione all'Associazione Luca Coscioni, puoi farlo QUI.


Ti ringrazio per quello che potrai fare.

Un abbraccio, nella speranza di poterci vedere presto.

Marco Cappato

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lunedì 30 marzo 2020

        MICHELANGELO  BUONARROTI          
         poesie         


Di più cose s’attristan gli occhi mei,
e ’l cor di tante quant’al mondo sono;
se ’l tuo di te cortese e caro dono
non fussi, della vita che farei?
  Del mie tristo uso e dagli esempli rei,


fra le tenebre folte, dov’i’ sono,
spero aita trovar non che perdono,
c’a chi ti mostri, tal prometter dei.
     MICHELANGELO BUONARROTI - BACCO - MUSEO DEL BARGELLO - firenze 


Il Bacco è una scultura marmorea (h. 184 cm, 203 con la base) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1496-1497 e conservata nel Museo nazionale del Bargello a Firenze.


Storia

Veduta frontale
L'opera, una delle pochissime di Michelangelo a soggetto profano, venne commissionata dal cardinale Raffaele Riario durante il primo soggiorno romano di Michelangelo[1], verso il 1496. Il Riario era stato oggetto della truffa del Cupido dormiente, spacciato per un reperto archeologico di scavo e, dopo aver scoperto l'inganno, andò su tutte le furie ma mandò anche un suo agente, Jacopo Galli, a cercare a Firenze l'autore del pezzo così magnificamente contraffatto. Riuscì a risalire a Michelangelo che, probabilmente ignaro della truffa, venne comunque invitato a Roma a conoscere il cardinale. Una volta giunto, ebbe modo di vedere la ricchissima raccolta di antichità del Riario e gli fu commissionata una statua "all'antica", un Bacco appunto. L'artista si mise presto al lavoro, completando l'opera in appena un anno, dal luglio del 1496 allo stesso mese del 1497, e dimostrando una veloce assimilazione degli stilemi della statuaria classica, realizzando un'opera a tutto tondo di dimensioni leggermente superiori al naturale, fino ad allora estranee alla sua opera.
Non si sa per quale ragione l'opera venne poi rifiutata dal cardinale (forse non desiderava più opere moderne nelle sue collezioni, infatti si sbarazzò anche del Cupido), venendo invece acquistato da Jacopo Galli, che lo sistemò nel cortile della sua abitazione, presso San Lorenzo in Damaso. I biografi antichi di Michelangelo, Condivi e Vasari, tacciono sul rifiuto del cardinale riferendo la commissione direttamente al Galli, ma in realtà la reale vicenda dell'opera è testimoniata in una lettera inviata da Michelangelo a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici.
Un disegno del 1532-1535 di Maerten van Heemskerck mostra l'opera nel giardino mutila della mano destra, e così compare anche in una stampa di Cornelis Bos.
Nel 1571 o 1572 la statua venne acquistata da Francesco I de' Medici per 240 ducati, venendo trasportata a Firenze nel corso del XVII secolo. Venne destinata alle raccolte granducali (Uffizi), andando poi al Bargello col riordino delle collezioni di scultura verso il 1865.

Descrizione

La statua evoca il mito pagano di Bacco, qui rappresentato come un "giovane dio ebbro", che barcolla sostenendo una coppa mentre dietro di lui un piccolo satiro, seduto su un tronco, approfitta furbescamente della sua ebbrezza per assaggiare l'uva che tiene con la sinistra. Il dettaglio del satiro, che ha una funzione statica e invita lo spettatore ad allargare la visione frontale verso il lato, venne ampiamente lodata da tutti gli scultori del tempo, poiché il giovane sembra davvero mangiare dell'uva con grande realismo.
Il Bacco è reso in maniera naturalistica, come un fanciullo che incede con incertezza per via dell'ebbrezza, con un modellato fluido che evidenzia gli attributi di un'acerba virilità sensuale, e con effetti illusivi e tattili nel marmo che rendono l'opera in grado di gareggiare con i modelli della scultura ellenistica[2]. La posa a contrapposto è vivace e sciolta, il volto espressivo, la sensualità evidente. Nel complesso non hanno equivalenti nell'arte del tempo.
Sul capo porta una ghirlanda di pampini (foglie di vite) e di grappoli d'uva.
Sempre con la mano sinistra regge una pelle di tigre o di leopardo, animali cari a Bacco, che indica la liberazione dell'anima dalla umana condizione terrena.


domenica 29 marzo 2020


      la statua del porcellino a FIRENZE     

La fontana del Porcellino è uno dei monumenti più popolari di Firenze, situata a margine della loggia del Mercato Nuovo, vicino al Ponte Vecchio.

Storia e arte

Il nome popolare della statua bronzea del "Porcellino" è improprio perché raffigura un cinghiale. Deriva da una copia romana di un marmo ellenistico, che papa Pio IV donò a Cosimo I nel 1560, durante la sua visita a Roma. Dell'originale marmoreo, che oggi si trova agli UffiziCosimo II de' Medici fece fare una copia in bronzo a Pietro Tacca nel 1612, destinata a decorare palazzo Pitti. Il modello in cera risale al 1620 circa, mentre la fusione fu eseguita solo intorno al 1633, per via delle continue e più urgenti commissioni granducali, come i Quattro mori di Livorno o le due fontane di piazza Santissima Annunziata. Nonostante fosse una copia, la resa di dettagli naturalistici come il pelo dell'animale rivela la straordinaria capacità come bronzista del Tacca, che fu il migliore allievo di Giambologna.
Il Porcellino originale al Museo Bardini
Alcuni anni dopo la fusione Ferdinando II de' Medici decise di trasformare l'opera in una fontana, che è documentata sotto la loggia del Mercato Nuovo almeno dal 1640. La fontana aveva una funzione principalmente pratica, oltre che decorativa, perché approvvigionava l'acqua ai mercanti che commerciavano sotto la loggia, che a quel tempo erano specializzati nella compravendita di stoffe pregiate quali sete, broccati e panni di lana. A quell'epoca risale anche il diminutivo di "Porcellino". Il Tacca creò anche la vasca bronzea originale (oggi in deposito) per la raccolta delle acque. La collocazione originaria era davanti all'omonima spezieria del Cinghiale, su via Por Santa Maria, aperta nella prima metà del XVIII secolo e luogo di riunione di intellettuali. Nell'Ottocento, per facilitare la viabilità sulla strada, venne spostata nella posizione attuale sul lato sud, davanti all'odierna ex-Borsa Merci.
Il basamento è di forma ottagonale, con la parte anteriore allungata in modo da accogliere una piccola vasca dove cade il rivolo d'acqua che esce dalla bocca del Porcellino. La base è arricchita da una raffigurazione, sempre in bronzo, dell'ambiente degli acquitrini dove vive il cinghiale, con piante e animali quali anfibi, rettili e molluschi, tutti di notevole realismo. Anche la base che si vede non è più originale: rifatta nel 1857 da Clemente Papi per rimediare ai danni dall'usura nel tempo, nel 1988 fu rifusa dalla Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli, come esplicita un'incisione sul bordo destro: l'originale, assieme al Porcellino, è dal 2004 al museo Bardini.
  • Credenze*
La base della vasca
La tradizione popolare vuole che toccare il naso del Porcellino porti fortuna, che infatti risplende per la continua lucidatura quotidiana di migliaia di mani. La procedura completa per ottenere un buon auspicio consisterebbe nel mettere una monetina in bocca al Porcellino dopo averne strofinato il naso: se la monetina cadendo oltrepassa la grata dove cade l'acqua porterà fortuna, altrimenti no. In realtà l'inclinazione è tale che solo le monete più pesanti cadano facilmente nelle fessure.
I proventi della raccolta delle monete dalla fontana sono interamente devoluti all'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa.

Copie

Della fontana esistono numerose copie nel mondo: per esempio una è nel parco del castello di Enghien in Belgio, un'altra si trova in Place Richelme a Aix-en-Provence, in Francia; altre due ancora si trovano a Monaco di Baviera. Esiste, inoltre, una copia di Porcellino nel campus universitario dell’Università di Waterloo a Waterloo (Ontario)
Un'altra ancora si trova davanti all'Ospedale di Sydney: venne donata nel 1968 dalla fiorentina Marchesa Fiaschi Torrigiani in memoria del medico italiano attivo in Australia Piero Fiaschi; si dice che porti fortuna strofinarle il naso, come la statua originale, e simboleggia inoltre l'amicizia tra Italia e Australia. Le monetine ivi raccolte sono donate all'Ospedale.
Una copia fu donata dal comune di Firenze a quello di Grosseto nel 1953 in occasione della fondazione del borgo di Rispescia per inaugurare l'attuazione della riforma fondiaria in Maremma.La scultura è situata nella piazza principale di Rispescia. Un'altra copia si trova nella città di Guayaquil in Ecuador, precisamente nel Malecón Simón Bolivar.