mercoledì 31 luglio 2019

LA TESTA DEL TORO NEL DUOMO DI FIRENZE

I monumenti di Piazza Duomo nascondono molti dettagli spesso invisibili ad una prima occhiata. Un esempio è rappresentato dal doccione marmoreo raffigurante una grossa testa di bue, con tanto di corna, che è possibile scorgere guardando in alto sul fianco sinistro del Duomo fra Via Ricasoli e Via dei Servi.
Ma cosa ci fa una testa di toro tra le statue che adornano il Duomo di Firenze?
Pare che in passato esistesse l'usanza di dedicare sculture agli animali per riconoscerne il sacrificio impiegato durante la costruzione delle opere d'arte tanto che tra le decorazioni marmoree del duomo fiorentino troviamo altri doccioni antropomorfici o dalle sembianze ferine. Secondo la tradizione, quindi la statua potrebbe rientrare tra gli omaggi dei costruttori ai vari animali da traino impiegati per trasportare i materiali necessari per la realizzazione della Cattedrale. Esiste però un'altra versione più curiosa e goliardica: la leggenda di un tradimento e dell'originale vendetta dell'amante.
La tradizione popolare vuole che intorno al 1400, quando la costruzione della Cattedrale era giunta a tale altezza, in una casa di Via Ricasoli abitasse un sarto gelosissimo della moglie la quale, a detta di molti, intratteneva una relazione con un capomastro dell'Opera del Duomo. Scoperto l'adulterio, il sarto denunciò sia la moglie che il suo amante al Tribunale Ecclesiastico. La leggenda narra che fosse proprio il capomastro a porre la testa del bovino rivolta verso le finestre del sarto geloso per ricordargli ogni giorno la sua condizione di marito tradito.

martedì 30 luglio 2019

BORGOGNISSANTI, IL BALCONE ARROVESCIATO A FIRENZE


IN FIRENZE, NELLA STORICA E CENTRALE VIA BORGOGNISSANTI, AL NUMERO CIVICO 12, VI È UN SIGNORILE PALAZZO DEL CINQUECENTO, CHE AL PRIMO PIANO HA UNA PARTICOLARE BALCONE, INFATTI È ALLA ROVESCIA. ESCLUSO, OVVIAMENTE, IL PAVIMENTO CHE È POSTO IN BASSO, QUESTO BALCONE HA INVECE LE PICCOLE COLONNE DELLA BALAUSTRA ARROVESCIATE, LE DECORAZIONI E LE MENSOLE MONTATE AL CONTRARIO, ED I PILASTRI CHE LO SORREGGONO, ALLA ROVESCIA.
LA SPIEGAZ
IONE AL SINGOLARE STILE ADOTTATO PER QUESTO BALCONE SI TROVA NELLA STORIA DI FIRENZE, IN PARTICOLARE NEGLI ANNI INTORNO AL 1530, CIOÈ DURANTE LA SIGNORIA DI ALESSANDRO DE'MEDICI, PRIMO DUCA DELLA CITTÀ.
ALESSANDO, INFATTI, DESIDEROSO DI DARE ALLA CITTÀ UN VOLTO PIÙ ARMONIOSO E MODERNO, STABILÌ IL RIGOROSO DIVIETO DI COSTRUIRE, SULLE FACCIATE DEI PALAZZI, TERRAZZE, BALCONI OD ALTRE STRUTTURE CHE INVADESSERO LE GIÀ STRETTE VIE CITTADINE.
IN QUEL PERIODO, PERÒ, MESSER BALDOVINETTI, IL NOBILE PROPRIETARIO DEL PALAZZO IN QUESTIONE, VOLENDO DOTARE LA PROPRIA DIMORA DI UN BALCONE, RITENENDO, INFATTI, QUEL TRATTO DI STRADA ABBASTANZA LARGO, FECE RICHIESTA AD ALESSANDRO PER L'AUTORIZZAZIONE A COSTRUIRE. IL DUCA PERÒ LA NEGÒ GIUDICANDOLA NON OPPORTUNA.
MESSER BALDOVINETTI NON SI LASCIÒ PERDER D'ANIMO, E QUOTIDIANAMENTE RIPRESENTÒ LA QUESTIONE DEL BALCONE ALL'ATTENZIONE DEL DUCA, CONVINTO DELLA RAGIONEVOLEZZA DELLA SUA RICHIESTA.
ALESSANDRO, DI FRONTE ALL'ENNESIMA INIZIATIVA DEL MESSER, RISPOSE PER SCRITTO: "SÌ, MA ALLA ROVESCIA!", CIOÈ UN MODO STRAVAGANTE PER DIRE ANCORA: "NO!".
MESSER BALDOVINETTI, INVECE PRESE ALLA LETTERA LA RISPOSTA DEL DUCA E COSTRUÌ COSÌ IL SUO BALCONE, MA ALLA ROVESCIA.

domenica 28 luglio 2019

SILVESTRO LEGA-IL CANTO DELLO STORNELLO-GALLERIA DI ARTE MODERNA PALAZZO PITTI FIRENZE

Il canto dello stornello è un dipinto a olio su tela di Silvestro Lega, realizzato nel 1867.
Lega, con un realismo quasi fotografico, coglie ne Il canto dello stornello una realtà molto ordinaria e comune, indagata qui con grande affettuosità e lirismo poetico. Il dipinto raffigura tre signorine di buona famiglia intente a cantare, mentre una di loro suona l'accompagnamento musicale al pianoforte. Le tre fanciulle (nella fattispecie Virginia, Maria e Isolina Batelli) indossano abiti molto elaborati e sono rischiarate da una limpida luce penetrante da una grande finestra semiaperta, che non si diffonde omogeneamente nell'interno ma indugia su vari particolari, come le mani della pianista, il suo corpetto, la ricca tenda fiorata e la sottile camicetta bianca della donna in piedi. Al di fuori, infine, scorgiamo le dolci colline verdeggianti delle contrade suburbane di Firenze.
Sono molti i critici che riconoscono nell'impostazione de Il canto dello stornello un rinvio alla pittura di Piero della Francesca. È Telemaco Signorini, intimo amico del Lega, a confermarcelo:
«[Riferendosi a Lega] fedele al suo programma di produrre un'arte dove la sincerità d'interpretazione del vero reale, dovesse, senza plagio preraffaellista, ritornare ai nostri quattrocentisti e continuare la sana tradizione, non più col sentimento divino di quel tempo, ma col sentimento umano dell'epoca nostra, dipinse il suo quadro più grande, Il canto dello stornello»
Dal punto di vista tecnico Il canto dello stornello è caratterizzato da una gamma cromatica molto nitida e accesa e da un'atmosfera di decorosa serenità.

sabato 27 luglio 2019

AGNOLO BRONZINO-LA SACRA FAMIGLIA PANCIATICHI-GALLERIA DEGLI UFFIZI FIRENZE


La Sacra Famiglia Panciatichi è un dipinto a olio su tavola (117x93 cm) di Agnolo Bronzino, databile al 1541 e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
L'opera è forse uno dei due "quadri grandi di Nostre Donne con altre figure, belli a meraviglia" citati da Vasari per Bartolomeo Panciatichi, Cameriere di Cosimo I de' Medici. Pochi anni dopo Vincenzo Borghini pure ricordò in casa Panciatichi "due quadri della Vergine gloriosa con altre figure bellissime".
Che l'opera degli Uffizi sia una di queste è chiarito senza dubbio dalla presenza dello stemma familiare sventolante sul torrione nello sfondo. Più complesso è stabilire la datazione, anche se oggi è abbastanza radicata l'idea che sia vicina agli altri due lavori eseguiti per tale famiglia dall'artista, il Ritratto di Lucrezia e quello di Bartolomeo Panciatichi, con l'occasione della nomina, nel 1541, del Panciatichi nell'Accademia fiorentina.

L'opera è documentata nella Tribuna dal 1704, da cui è stata spostata nel 2010 nell'ambito del riordino dei "Nuovi Uffizi".
Disegni preparatori si trovano nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe (n. 6639F0) e, con varianti, nella collezione Phillips a Londra.

In uno sfondo scuro, di rocce su cui spuntano torrioni sotto un cielo plumbeo, la Sacra Famiglia con san Giovannino è raffigurata in primo piano, col Bambino dormiente collocato in parallelo al bordo della tavola, adagiato su un cuscino e un sacco che alludono al tema del Riposo durante la fuga in Egitto. Il paffuto Cristo, così pallido e abbandonato, sembra dare un presagio della sua morte e a niente serve il bacio e l'abbraccio del piccolo san Giovanni per risvegliarlo. Da dietro si affacciano una scultorea Madonna, distesa a mezza figura, e un giovane san Giuseppe, barbuto e attento alla scena principale. Una luce fredda e forte colpisce le figure in primo piano, mentre lascia in ombra lo sfondo. Si accendono così i colori della veste di Maria, di un rosso carminio acceso, della sua cinta e del cuscino, di un azzurro violaceo.
Maria ha una capigliatura raccolta e ondeggiata che ricorda quella di Lucrezia Panciatichi, sebbene qualche ciocca libera spunti sopra la spalla. I lineamenti, sebbene omaggino vagamente quelli della moglie del committente, richiamano con maggior forza quelli di una Venere classica, con un incarnato particolarmente chiaro e levigato che assomiglia più al marmo che alla carne. Essa porta un'elegante spilla al centro del petto.
Leggeri fili d'oro formano le aureole. In basso il cartiglio, leggibile anche da rovescio, mostra la tipica frase del Battista, "Ecce Agnus Dei".

In generale l'opera è vista come uno dei vertici dell'arte del Bronzino, con un disegno di grande eleganza e bellezza e una perfetta padronanza del colore, della luce e delle forme, astratte quanto basta per ottenere effetti di grande raffinatezza.
        NESSUNO       TOCCHI          CAINO                  no     alla      pena       di        morte       


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : IRAN: CONDANNE A MORTE PER SPIONAGGIO E IMPICCAGIONI DI DONNE 2.  NEWS FLASH: USA: DOPO 16 ANNI TORNANO LE ESECUZIONI FEDERALI 3.  NEWS FLASH: PAKISTAN: CONDANNATO A MORTE OMICIDA DI UN TRANSGENDER 4.  NEWS FLASH: FILIPPINE: DUTERTE CHIEDE AL PARLAMENTO DI REINTRODURRE LA PENA DI MORTE 5.  NEWS FLASH: IRAQ: CONDANNATI A MORTE DUE MEMBRI DELLO STATO ISLAMICO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


IRAN: CONDANNE A MORTE PER SPIONAGGIO E IMPICCAGIONI DI DONNE L'Iran ha reso noto di aver arrestato 17 presunte spie al servizio della CIA, emettendo condanne a morte nei confronti di alcune di loro.

Il ministero dell'intelligence di Teheran ha affermato che i sospettati stavano raccogliendo informazioni nel settore nucleare, militare e in altri settori.
L'Iran ha detto che le spie che presumibilmente lavoravano per la Central Intelligence Agency sono state arrestate in un periodo di 12 mesi fino a marzo di quest'anno.
I 17 sono tutti cittadini iraniani che lavoravano in "centri sensibili" nelle strutture militari e nucleari e nel settore privato che avrebbero agito indipendentemente l'uno dall'altro, ha detto ai giornalisti un alto funzionario dell'intelligence iraniana.
Non ha detto quanti siano stati condannati a morte o quando le sentenze siano state pronunciate.
"Sono state emesse sentenze per queste spie, alcune delle quali devono essere messe a morte come "corruttori sulla terra" (un'accusa punibile con la morte in base alle regole islamiche in Iran), ha dichiarato il capo del dipartimento di spionaggio del ministero dell'intelligence, riportato dalla Iranian Students News Agency (ISNA).
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha respinto le accuse iraniane, definendole come "totalmente false".
Sempre in Iran, due donne, Arasteh Ranjbar e Nazdar Vatankhah, sono state impiccate nella prigione di Urmia il 23 luglio 2019. La notizia è stata riportata inizialmente da diverse fonti “libere”, e il giorno dopo confermata anche da fonti filogovernative. Arasteh Ranjbar era accusata di aver ucciso il marito, e Nazdar Vatankhah, sorella della vittima, era accusata di complicità nello stesso fatto. Entrambe avevano trascorso 15 anni nel braccio della morte. Lo scorso mese era stato notificato loro che avevano un mese di tempo per cercare un accordo con i familiari della vittima, ossia gli stessi figli di Arasteh Ranjbar, per evitare l’esecuzione. L’accordo non è stato trovato, e le due donne sono state messe a morte. Con loro sale a 93 il numero delle donne impiccate da quando, nell’agosto 2013, è stato eletto presidente Hassan Rouhani. Secondo HENGAW e KHRN le due donne erano di etnia curda.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

USA: DOPO 16 ANNI TORNANO LE ESECUZIONI FEDERALI Il dipartimento della Giustizia ha annunciato la ripresa delle esecuzioni capitali nel sistema di giustizia federale, dopo una moratoria durata oltre 15 anni. Nel suo comunicato, il dipartimento riferisce che il ministro della Giustizia, William Barr, ha chiesto al direttore dell'Ufficio carcerario federale di programmare le esecuzioni di cinque detenuti che si trovano nel braccio della morte per condanne per omicidio. La prima esecuzione è stata fissata per il 9 dicembre.
"Il Congresso ha espressamente autorizzato la pena di morte attraverso la legislazione adottata dai rappresentanti del popolo in entrambe le camere del Congresso e firmata dal presidente", ha detto Barr. "Il dipartimento di Giustizia sostiene lo stato di diritto e dobbiamo alle vittime e alle loro famiglie l'esecuzione delle sentenze imposte dal nostro sistema giudiziario".
La decisione annunciata oggi avrà effetto solamente sul sistema di giustizia federale, poiché gli Stati Usa decidono autonomamente se adottare la pena di morte nei propri ordinamenti giudiziari. Sebbene l'ultima condanna a morte nel sistema di giustizia federale sa stata eseguita nel 2003, la magistratura federale ha continuato in ambito processuale a chiedere condanne alla pena capitale.
La prima condanna a morte che verrà eseguita il 9 dicembre, riferisce il dipartimento di Giustizia nel suo comunicato, sarà quella di Daniel Lewis Lee, membro di un gruppo di suprematisti bianchi, che nel 1999 venne condannato per l'omicidio di una famiglia di tre persone, compresa una bambina di otto anni.
Le cinque esecuzioni programmate avranno luogo tra il 9 dicembre e il 15 gennaio del 2020 nel penitenziario di Terre Haute, in Indiana. Altre esecuzioni "verranno programmate in date successive". Si tratta, spiega il dipartimento, di condannati a morte che hanno esaurito tutti i gradi di appello e le disposizioni successive alla condanna e per i quali, al momento, non ci sono impedimenti legali che ne impediscano l'esecuzione.(Fonti: Adn, 25/07/2019) Sotto è riportato il link per ascoltare l’intervista a Sergio D’Elia sul ripristino delle esecuzioni federali negli Usa.

PAKISTAN: CONDANNATO A MORTE OMICIDA DI UN TRANSGENDER L’omicida di una persona transgender è stato condannato a morte dal tribunale distrettuale di Peshawar il 22 luglio 2019. La sentenza è stata annunciata dal giudice Saadia Andaleeb nel caso dell’omicidio di Alisha, uccisa con arma da fuoco da Fazal Dayan Alias Fazal Gujar nel maggio 2016.
La sentenza è stata emessa sulla base della dichiarazione in punto di morte della vittima alla polizia in ospedale. Un altro accusato nel caso, Rahmat Ullah, è stato liberato in quanto la polizia non ha potuto presentare alcuna prova del suo coinvolgimento nel caso di omicidio.
Il caso è stato seguito in tribunale dal capo della TransAlliance, Farzan Jan, attraverso il suo avvocato Gul Rahman.
Taimur Kamal, attivista della società civile di Peshawar, ha detto a TNN che per la prima volta l'assassino di una persona transgender è stato condannato a morte da un tribunale. Ha espresso soddisfazione per la sentenza e ha affermato che una punizione severa sarà utile per contrastare i crescenti crimini contro i transessuali nel Paese.


FILIPPINE: DUTERTE CHIEDE AL PARLAMENTO DI REINTRODURRE LA PENA DI MORTE Il presidente filippino Rodrigo Duterte il 22 luglio 2019 ha esortato i parlamentari a reintrodurre la pena di morte, come parte della sua repressione contro i narcotici in cui la polizia ha già ucciso migliaia di persone.
Sostenuto da alti indici di gradimento nel Paese e da un parlamento dominato dai suoi alleati, Duterte ha usato il suo discorso annuale sullo stato della nazione per avanzare la richiesta.
"Chiedo rispettosamente al congresso di ripristinare la pena di morte per crimini gravi legati alla droga e al saccheggio", ha detto riferendosi anche al problema della corruzione profondamente radicato nella nazione.
"Miei connazionali, è una triste constatazione che non possiamo distinguere il nostro bisogno dalla nostra avidità, i nostri principi dai pregiudizi", ha detto a centinaia di legislatori, diplomatici e celebrità riuniti a Manila.


IRAQ: CONDANNATI A MORTE DUE MEMBRI DELLO STATO ISLAMICO Un tribunale iracheno ha condannato a morte due uomini dopo averli giudicati colpevoli di essersi uniti al gruppo dello Stato Islamico, ha reso noto la magistratura.
Uno dei due è stato ritenuto implicato in attacchi terroristici contro le forze di sicurezza vicino alla raffineria di petrolio di Baiji e all'Università di Tikrit nella provincia a maggioranza sunnita di Salahuddin, ha detto in un comunicato il Supremo Consiglio Giudiziario il 18 luglio 2019, riportato da Baghdad Today.
L'altro imputato avrebbe confessato di aver gestito un'officina per veicoli-bomba dello Stato Islamico nel 2014, secondo la dichiarazione.

venerdì 26 luglio 2019

GIOVANNI FATTORI-IL CAMPO ITALIANO DI BATTAGLIA DI MAGENTA-GALLERIA DI ARTE MODERNA PALAZZO PITTI FIRENZE

Il campo italiano alla battaglia di Magenta è un dipinto a olio su tela di Giovanni Fattori, realizzato nel 1862.
Sulla fine del 1859 Fattori decise di partecipare al concorso bandito da Bettino Ricasoli per l'esecuzione di quattro tele raffiguranti i principali episodi militari del Risorgimento: Curtatone, Palestro, San Martino e Magenta. L'artista, in particolare, scelse di raffigurare la battaglia di Magenta, combattuta il 4 giugno 1859, nel corso della seconda guerra d'indipendenza, fra gli Austriaci e i Franco-Piemontesi e che si concluse con la vittoria di quest'ultimi. La battaglia aprì finalmente un varco alle truppe franco-piemontesi per la conquista del territorio lombardo, anche se il tributo di sangue versato fu sconvolgente: tra i centomila soldati che presero parte al combattimento vi furono più di seimila vittime. Fattori presentò quindi i due bozzetti alla commissione giudicatrice, che lo decretò vincitore e gli commissionò l'esecuzione del dipinto.
Fattori realizzò la vastissima tela de Il campo italiano alla battaglia di Magenta (m 2,32 × 3,48) con grande diligenza, portandola a compimento nel 1862. I soldati francesi furono dipinti con grande precisione, anche perché nel 1859 alcune guarnigioni di quella nazione passarono da Firenze. Per conferire maggiore veridicità al dipinto, inoltre, Fattori si recò personalmente nei luoghi del combattimento a Magenta, senz'onere di spesa grazie alla commissione del dipinto.[4]
In una memoria autobiografica così Giovanni Fattori ricordò la genesi di questo dipinto:
«Venne a Firenze nel 1861 Giovanni Costa di Roma - artista allora in una via di progresso di alta intelligenza portò fra noi le sue nuove teorie artistiche - mi fu presentato e fu nel mio studiolo - egli capì che in me vi era qualcosa da fare - mi aprì la mente mi incoraggiò; e posso dire che da quell'epoca diventai artista solo p. lui! e a lui devo il mio primo quadro di soggetto militare la Battaglia di Magenta che trovasi nella Galleria Nazionale di Firenze - [...] ecco la storia: il Governo della Toscana con Ricasoli questi emanò un concorso p. illustrare i principali fatti d'arme; gli episodi della nostra redenzione italiana. Nell'occasione del passaggio di truppe francesi p. Firenze io correva dietro a queste e tale era impressionato di cose militari che volli concorrere, però restava in me un dubbio atroce della riuscita p. il poco benevolo incontro che avrei fatto con i miei compagni; fu il Costa che mi animò al concorso ed io incoraggito dalla parola di un sì forte artista concorsi e vinsi. Da qui cominciò la mia carriera artistica - tra molte avventure e molte lotte [...] ma sempre sulla breccia e sempre fermo alle mie idee sdegnando ogni e qualunque umiliazione e onorificenze senza meritarle»

Il dipinto, come già accennato, rappresenta uno degli episodi più noti della seconda guerra di indipendenza italiana, ovvero la battaglia di Magenta. La scelta rappresentativa del Fattori, però, sposta la visuale su un momento particolare dello scontro: a essere raffigurato, infatti, non è l'aspetto eroico della battaglia, bensì il pur dignitoso ritorno dei soldati feriti sulle retrovie per essere assistiti dalle infermiere. L'opera, priva di intenti celebrativi, privilegia pertanto la dimensione della pietà, con la quale Fattori dimostra all'osservatore le conseguenze dirette, in termini di sofferenze e di distruzioni, che la guerra comporta.
Il gioco dei soggetti è equilibrato da un'aria di apparente tranquillità data dagli ufficiali in primo piano che seguono con attenzione il ritorno dei feriti, sapientemente concertate da una diligenza equipaggiata con due monache infermiere, preposte all'assistenza dei feriti più gravi, adagiati su un carro. Sul selciato del viottolo giacciono inoltre i cadaveri di due soldati. La parte destra è occupata da una serie di truppe schierate che, assistendo da lontano alla funebre processione dei compagni, rendono loro silenzioso omaggio prima di recarsi al fronte. A sinistra, proprio vicino alla diligenza, si trovano invece i soldati feriti che, riuscendo ancora a camminare sulle gambe, ritornano autonomamente alle retrovie seguendo un uomo dalla testa bendata che avanza su un cavallo bianco dal passo stanco. L'unico elemento a denunciare la battaglia è relegato sullo sfondo del dipinto: qui, infatti, troviamo il profilo della martoriata Magenta, dove ancora i fumi dei cannoni fanno intuire che lo scontro è all'attivo, ma è ormai giunto al termine. Il cielo, di un azzurro intenso e appena solcato da qualche nube primaverile, che si apre verso l'infinito, espandendo la prospettiva del dipinto e consentendo nel contempo l'ampliamento degli orizzonti dello spettatore, che già guarda «da fuori» gli eventi.
La composizione, sobria ed equilibrata, si struttura su direttrici orizzontali, le quali suggeriscono una sensazione di staticità, compromessa tuttavia dalla dinamicità di altri elementi (come i cavalli), utili a trasmettere all'osservatore la tensione dello scontro. La profondità del paesaggio è invece resa con l'apposizione degli alberi, gli unici elementi pienamente verticali della tela. Dal punto di vista stilistico il quadro non può dirsi ancora pienamente macchiaiolo: seppur il colore sia già applicato sulla tela con estese campiture orizzontali, i volumi e le lontananze non sono resi con la macchia, bensì con il chiaroscuro tradizionale. Si tratta, insomma, di uno stile che fonde armoniosamente le regole accademiche con la nascente poetica macchiaiola.