giovedì 31 marzo 2016

GIAMBOLOGNA-STATUA EQUESTRE DEL GRANDUCA 
DI TOSCANA FERDINANDO I-FIRENZE


La statua equestre di Ferdinando I de' Medici si trova in piazza Santissima Annunziata a Firenze. La statua è collocata scenograficamente in asse con via dei Servi, in modo da essere visibile da piazza del Duomo incorniciata dall'arco centrale del portico della Santissima Annunziata.
Si tratta di una delle ultime opere del Giambologna, commissionata dopo che lo scultore aveva raggiunto grande popolarità internazionale con le sue statue equestri, richieste dai maggiori regnanti europei e iniziate proprio da una commissione di Ferdinando I, il monumento equestre a Cosimo I, in piazza della Signoria.
Fin dalla fase progettuale il maestro fu affiancato da Pietro Tacca, suo valente allievo e in seguito suo successore nella bottega di borgo Pinti. A lui spetta il completamento dopo la morte del maestro. Il modello in scala reale fu definito nel 1602 e gettato in bronzo nell'autunno dello stesso anno, ma l'opera fu portata a termine solo nel 1607 e sistemata nella piazza nell'ottobre del 1608 in occasione delle nozze del Cosimo IIprincipe Cosimo con Maria Maddalena d'Austria. L'opera venne fusa con il bronzo proveniente dai cannoni delle galee turche, vinte dai Cavalieri dell'Ordine Militare di Santo Stefano. A tale memoria, nella cinghia sottopancia del cavallo venne inciso: "De' metalli rapiti al fero Trace". Una satira popolare aveva trasformato quest'iscrizione in "De' denari rubati in guerra e in pace", a ricordo della salace tassazione dei duchi.




NANNI DI BANCO-SANT'ELIGIO-ORSANMICHELE 
FIRENZE

La statua di Sant'Eligio di Nanni di Banco fa parte del ciclo delle quattordici statue dei protettori delle Arti di Firenze nelle nicchie esterne della chiesa di Orsanmichele. Fu commissionata dall'Arte dei Maniscalchi e risale al 1417-1421 circa, collocata in situ nel 1422 circa. È in marmo apuano ed è alta 240 cm. Oggi si trova conservata all'interno del Museo di Orsanmichele, mentre all'esterno è sostituita da una copia.
Sant'Eligio era patrono dei maniscalchi e degli Orafi, che per l'occasione si associarono nell'impresa. Non si ha documentazione ufficiale circa l'autografia di Nanni di Banco, così come per le altre statue che egli curò per Orsanmichele (i Quattro Santi Coronati e il San Filippo), ma la critica è unanime nell'attribuzione anche grazie alle indicazioni dell'Anonimo Magliabechiano e di Giorgio Vasari. La datazione resta però discussa e controversa. Elementi stilistici del tabernacolo sembrano rilevare un'influenza da parte del vicino rilievo di San Giorgio che uccide il drago di Donatello, che è del 1417. Quindi si ipotizza una realizzazione immediatamente successiva, interrotta dalla morte di Nanni nel 1421; si immagina che poi il tabernacolo sia stato montato dalla sua bottega nell'anno successivo, per alcune disarmonie nell'assemblaggio della statua e della nicchia.
Il pastorale del vescovo Eligio fu rifatto e rubato più volte, finché si decise di lasciarlo senza. La statua originale venne rimossa dall'esterno nel 1988 e restaurata dall'Opificio delle pietre dure nel 1990. In quell'occasione non venne effettuato il calco in gesso poiché ne esisteva già uno nella Gipsoteca dell'Istituto d'Arte di Firenze. La copia, tratta dal gesso, venne ricollocata all'esterno nel 1996.





BERNARDINO POCCETTI-LA STRAGE DEGLI I
NNOCENTI-OSPEDALE DEGLI INNOCENTI FIRENZE 

Bernardino Poccetti, pseudonimo di Bernardo Barbatelli (Firenze, 26 agosto 1548 – Firenze, 10 novembre 1612), è stato un pittore.
Di bassa statura, per la sua specializzazione in affreschi di facciate e in decorazioni a grottesche fu chiamato anche con altri soprannomi, come Bernardino delle Grottesche, Bernardino delle Facciate o Bernardino delle Muse. Il soprannome "Poccetti" con cui è più noto pare derivi, invece, dalla sua abitudine a "pocciare" (letteralmente succhiare, per traslazione "bere") nelle osterie.

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Eutanasia, Cappato: "Sentenza Cassazione conferma necessità di legge"
Dichiarazione di Marco Cappato, presidente di Radicali italiani, promotore di eutanasia legale e candidato Sindaco a Milano
"La sentenza della Cassazione (con la quale sono state negate le attenuanti alla persona che ha ucciso la moglie con motivazioni legate alla sofferenza di lei) conferma che la questione delle scelte di fine vita non può essere risolta semplicemente attraverso una valutazione caso per caso. È necessario un quadro giuridico chiaro per evitare soluzioni fai-da-te che vengono assunte in condizioni di disperazione e senza la possibilità di verificare con certezza le volontà della persona malata e le possibilità di assistenza e cure palliative.
Mi auguro che le commissioni congiunte giustizia e affari sociali della Camera vogliano sbloccare la discussione avviata sulla nostra proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell'eutanasia. Ê urgente dare risposte di legalità atte a prevenire gesti estremi che, al di là della valutazione su questa ultima condanna, non possono mai essere considerati come una soluzione.".
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mercoledì 30 marzo 2016

MOSAICI BATTISTERO DI FIRENZE 
I mosaici del battistero di Firenze ricoprono la cupola interna e la volta dell'abside dell'edificio e rappresentano uno dei più importanti cicli musivi del medioevo italiano. Creati a partire dal 1225, vennero completati verso il 1330, utilizzando i cartoni di grandi pittori fiorentini, tra i quali Cimabue, Coppo di Marcovaldo, Meliore e il Maestro della Maddalena, ad opera di mosaicisti probabilmente veneziani.
Alcune storie della Genesi e di Giuseppe ebreo
La decorazione musiva ebbe inizio nell'abside, ad opera del frate francescano Jacopo, che Vasari confuse poi con Jacopo Torriti. Un'iscrizione distribuita nei quattro peducci ricorda la data di inizio dei lavori.
Il rivestimento a mosaico della cupola fu impresa difficile e dispendiosa. Nel 1271 l'Arte di Calimala, responsabile dell'abbellimento e manutenzione del Battistero, siglò un accordo con i canonici per l'inizio della decorazione della cupola, anche se oggi si ritiene che la porzione più vicina alla lanterna fosse già stata avviata nel 1228 dallo stesso Jacopo, subito dopo aver terminato la scarsella. I lavori si protrassero fino all'inizio del nuovo secolo, entro il 1330, come riporta in un passo Giovanni Villani. Secondo Vasari la parte più antica dei mosaici è da riferire ad Andrea Tafi, figura semileggendaria, che avrebbe eseguito le gerarchie angeliche e il Pantocratore aiutato dal greco Apollonio, incontrato a Venezia. Il resto sarebbe stato eseguito da Gaddo Gaddi. Nell'impossibilità di verificare le affermazioni vasariane, si è comunque registrato come le zone più antiche siano anche quelle più simili ai mosaici di Venezia (San Marco e Torcello), nonché a quelli di San Paolo fuori le Mura a Roma (dove lavorarono infatti maestranze veneziane, chiamate nel 1218 da papa Onorio III).
Oggi la critica è orientata soprattutto sui nomi di vari artisti toscani, ammettendo però nella realizzazione materiale l'intervento di maestranze venete o, tutt'la più, orientali. Sulla base di analogie stilistiche con opere pittoriche, sono stati tirati in ballo i nomi dei migliori maestri del Duecento e dei loro collaboratori, fino a Giotto e i protogiotteschi, come il cosiddetto Ultimo Maestro del Battistero, evidenziato da Roberto Longhi.
I restauri si susseguirono praticamente senza sosta dalla fine del Trecento in poi. Sono ricordati quelli del 1402, del 1481 e del 1483-1499, questi ultimi sovrintesi da Alesso Baldovinetti nominato appositamente restauratore ufficiale della decorazione musiva; di nuovo altri lavori nel 1781-1782 (ripulitura generale), nel 1821-1823 (per far fronte a una grave danno nella zona delle Storie di Noè) e nel 1898-1907 (vasti reintegri).








FILIPPINO LIPPI-SAN GIOVANNI BATTISTA-MUSEO ACCADEMIA FIRENZE 



San Giovanni Battista è un dipinto di Filippino Lippi a olio su tavola (133x38 cm), databile al 1500 circa.

L'opera, che probabilmente formava un trittico con la Crocifissione tra Maria e san Francesco, distrutta, e la Maria Maddalena sempre all'Accademia di Firenze, venne forse ricordata dal Vasari nella distrutta chiesa di San Ruffillo (già in piazza dell'Olio), ma ci sono dubbi sulla sua nota, che forse era errata. Infatti Vincenzo Borghini nel 1584 descrisse con più precisione la pala dentro la chiesa di San Procolo, sull'altare Valori, con un affresco soprastante con San Francesco che riceve le stimmate. Le differenze di misure e di sfondo però non rendono certo in maniera assoluta l'accostamento tra queste opere.

Nel Settecento la pala venne smembrata e lo scomparto centrale, dopo vari passaggi, venne distrutto a Berlino durante la seconda guerra mondiale.

Gli scomparti laterali, già attribuiti ad Andrea del Castagno, vennero riassegnati a Filippino da Cavalcaselle, come confermato dalla critica successiva. Per quanto riguarda la datazione, lo Scharf avanzò l'ipotesi del 1497-1498, mentre la maggior parte della critica protende oggi per il 1500 circa, vicina cioè agli ultimi affreschi della Cappella di Filippo Strozzi, terminati nel 1502.


martedì 29 marzo 2016

GHIBERTI-SANTO STEFANO-ORSANMICHELE FIRENZE

La statua di Santo Stefano di Lorenzo Ghiberti fa parte del ciclo delle quattordici statue dei protettori delle Arti di Firenze nelle nicchie esterne della chiesa di Orsanmichele. Fu commissionata dall'Arte della Lana e risale al 1427-1428. È in bronzo ed è alta 260 cm. Oggi si trova conservata all'interno del Museo di Orsanmichele, mentre all'esterno è sostituita da una copia.
Studio per la statua entro una nuova nicchia
Quando la statua venne fusa era la quarta scultura in bronzo per Orsanmichele, un segno di prestigio per l'Arte che l'aveva commissionata, dato che il bronzo arrivava a costare circa dieci volte di più del marmo. La decisione risale al 2 aprile 1425 e andava a sostituire il Santo Stefano di Andrea Pisano, già nella nicchia, non ritenuto ormai più consono al prestigio dell'arte: risaliva infatti ormai al 1340 ed era stata la prima statua ad essere collocate a Orsanmichele; essa venne venduta e il ricavato servi in parte per finanziare le quattro libbre di bronzo per l'artista. Nella dichiarazione di intenti (a cui seguì il contratto vero e proprio con l'artista, a noi non pervenuto) si menzionò esplicitamente la volontà di superare, col più costoso bronzo, il prestigio delle nicchie delle altre Arti Maggiori, l'Arte di Calimala e l'Arte del Cambio.
Dai verbali di un riunione dell'Arte, nell'agosto 1427 si deliberava di procedere all'acquisto del metallo poiché tutto era già pronto per il getto della statua (che era la terza statua che Ghiberti faceva per Orsanmichele). Una delibera del 1º febbraio 1429 ricorda come la statua fosse già finita e collocata; un po' di metallo avanzato viene autorizzata alla vendita, per finanziare il saldo dovuto all'artista: si evince una certa scarsità di denaro, confermata anche dalla rinuncia a rimodernare la nicchia, di cui esiste forse un disegno preparatorio di mano del Ghiberti nel Cabinet des Dessins del Louvre.
L'impresa è ricordata anche nel secondo dei Commentarii dell'artista.
Il restauro fu tra gli ultimi ad essere messo in atto e venne curato tra il 2001 e il 2002 grazie al finanziamento della Ross Family Charitable Foundation di New York.

JACOPO DA EMPOLI-IL MARTIRIO DI SAN 
SEBASTIANO-SAN LORENZO FIRENZE

Jacopo da Empoli è stato un pittore tardo- manierista nato il 30 aprile  1551 e morì il 30 settembre, 1640 .
Nato a Firenze, come Jacopo Chimenti ( Empoli è il luogo di nascita del padre), ha lavorato per lo più nella sua città natale. E 'stato apprendista sotto Maso da San Friano . Come il suo contemporaneo nel campo anti-manierismo, Santi di Tito , si è mosso spesso in stile più fresco e meno contorto che predecessori come Vasari .
Ha collaborato con Alessandro Tiarini in alcuni progetti. Tra i suoi allievi sono Felice Ficherelli , Giovanni Battista Brazzè (Il Bigio), Giovanni Battista di Vanni e Virgilio zaballi .
Negli anni successivi, il naturalismo diventa meno evidente. Le caratteristiche delle sue figure accentua la classica tendenza della pittura fiorentina .
Lavorare in una tematica spesso rifiutata dai pittori di Firenze, dopo il 1620 ha completato una serie di nature morte .

DESIDERIO DA SETTIGNANO-TABERNACOLO DEL 
SACRAMENTO-SAN LORENZO FIRENZE 

Desiderio nasce a Settignano in una data compresa tra il 1428 ed 1431; il padre Francesco di Bartolo (detto Meo di Ferro) contadino e scalpellino della pietra serena del luogo aveva altri due figli – Antonio e Geri- che si dedicheranno , assieme al fratello più noto, alla lavorazione dei materiali lapidei.
All’inizio degli anni ’50 la famiglia Bartolo è presente a Firenze indirizzata e coinvolta nei lavori su pietra da Bernardo ed Antonio Rossellino (Gamberelli) , scultori ed architetti originari di Settignano.
Geri e Desiderio “ischarpellatori” , forse negli anni 1453-54 impiantano una bottega propria al ponte S.Trinità , affittando un “chasolare” da Giovanni Panciatichi; gli affari dovettero andare bene se nel 1458 Geri e Desiderio comperano una abitazione in Santa Maria (l’attuale via Buonarroti).
Desiderio, iscritto all’ordine dell’Arte nel 1453 e nel 1455, iniziò presto a ricevere numerose commissioni dal mercante d’arte Bartolomeo Serragli, fornitore principale dei Medici e degli Aragonesi di Napoli; nello stesso periodo si ha prova documentale che nella bottega operavano aiuti di grande esperienza ed affidabilità.
Ad un certo momento il fratello Geri non è più ricordato come socio attivo del fondaco; egli forse prosegue l’attività di scalpellino di manufatti in pietra e in lavori di ornato, collaborando più strettamente con il padre Francesco ed il fratello Antonio , che mai avevano spostato la residenza da Settignano.
Nel Trattato di architettura di Filarete, redatto all’inizio degli anni ’60, Desiderio viene definito come “solenne maestro”, assieme a Donatello, Luca della Robbia, Michelozzo e Bernardo Rossellino; negli stessi anni lasciano la bottega di Desiderio alcuni aiuti, tra i quali forse Andrea Verrocchio.
Nella bottega di Desiderio si facevano in pietra ed in marmo busti,statue e rilievi, arredi, sculture decorative ma anche terracotte e lavorazioni in stucco dipinto; si eseguivano sculture in legno ed in bronzo.
La committenza era ricca e prestigiosa, prevalentemente di ambito mediceo ; Desiderio è incapace di soddisfare tutte le richieste di opere , anche perché ,attento alla qualità, tende a non cumulare gli incarichi.
Desiderio muore a Firenze nel 1464; ai Servi una lapide latina sulla sepoltura lo ricorda : “come vide natura /dar Desiderio a’ freddi marmi vita /e poter la scultura /agguagliar sua bellezza alma e infinita/si fermò sbigottita ;/e disse :”ormai sarà mia gloria oscura”/e piena d’alto sdegno/troncò la vita a quel felice ingegno./Ma in van ;perché i suoi marmi /viveran sempre e viveranno i carmi.”
Desiderio tra maestri, allievi e collaboratori
Tra i maestri: Bernardo ed Antonio Rossellino per i quali eseguì numerosi lavori : per esempio nel Monumento funebre della Beata Villana l’angelo reggicortina di destra ; analogamente nel Monumento Bruni a Santa Croce l’intervento riguardò il putto reggi festone del fregio battesimale, ecc; ma anche Donatello, di cui Desiderio fu “discepolo putativo “ ( Donatello era infatti andato a Padova , al Santo, dal 1443 al 1453).
Donatello , nel breve tempo del ritorno a Firenze, patrocinò il giovane Desiderio presso i Medici, i Martelli ed il mercante Serragli ; gli affidò l’incarico di portare a termine o eseguire lavori lapidei a cui egli non era più in grado di provvedere, a causa dell’età e della malattia.
Desiderio ha però ,rispetto a Donatello, una cifra stilistica diversa e quasi opposta: il suo modo cesellato e polito che tende allo sfumato è estraneo al “bozzato” , al “non finito”, alla drammaticità “espressionistica”,al corrusco, al composito “all’eccentrico” di Donatello.
Donatello non per questo disconobbe il valore di Desiderio e il giovane scultore si sentì sempre onorato della stima e degli incarichi dell’anziano Maestro; così almeno andavano le cose del mondo a Firenze , nel ‘400 e nel ‘500.


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